Fenomenologia del "furbetto del quartiere"
di Roberto Cotroneo
Cosa significa davvero questa storia di Stefano Ricucci? Un paese sta cambiando. E non sempre si riesce a leggere con chiarezza. E non per colpa di nessuno, ma perché non è facile rimettere in discussione vecchi paradigmi e vecchi mondi. Ricucci non è alto, a giudicare dalle fotografie non fuma, porta i capelli pettinati con spazzola e phone, il nodo della cravatta è accettabile, i vestiti scuri devono dargli una sensazione di sicurezza.
Nelle fotografie in cui è seduto a tavola sta sempre un po' troppo piegato in avanti, la camicia è immancabilmente bianca, certamente è sovrappeso. Insomma, non è un maestro di stile. E non lo vuole essere, perché è proprio in quello stile che si gioca il suo futuro e la sua esistenza. In quello stile che ha dichiarato la sua guerra. Ricucci è il capostipite, l'ideologo di un nuovo modello. Il ricco e potente di terza generazione.
Però mentre dalla prima alla seconda c'erano molti legami, la terza generazione è un mondo a parte, un altro pianeta, ed è un pianeta che preoccupa tutti. Vediamo di capire.
Per tutto il dopoguerra, diciamo così, il potere economico è stato rappresentato da Gianni Agnelli, può sembrare un luogo comune, ma come spesso accade con i luoghi comuni, è perfettamente vero. Gianni Agnelli aveva una serie di caratteristiche: incarnava uno stile che era prima di tutto cosmopolita, unito a uno snobissimo low profile, a una certa modestia sabauda che faceva da contrappunto a un'esistenza ricca e visibile. E un certo anticonformismo rappresentato da piccole icone che diventavano vulgata e leggenda.
Per fare un esempio celebre: l'orologio sul polsino. Gianni Agnelli apparteneva a un'aristocrazia imprenditoriale a cui tutti gli imprenditori di seconda generazione hanno fatto costante riferimento. In primis Silvio Berlusconi che ha guardato ad Agnelli con invidia e rivalsa. La prima regola di tutti quelli che hanno provato, con diversi livelli di riuscita, la scalata al potere economico e al successo personale è stata quella di affrancarsi a un potere già esistente, essere invitati "in società" da quelli che già contavano. Il salotto buono della finanza, mediobanca, bankitalia, la Fiat...
C'erano pochi modelli, e c'era la costruzione di un mondo condiviso. In parte Berlusconi ha provato un'operazione simile. Si è comprato una villa nobiliare a Macherio, si fa fotografare con moglie e figli come fosse una famiglia reale, ma soprattutto quando faceva solo l'imprenditore, non ha mai, ufficialmente, attaccato nessuno.Entrare nell'esthabliment è come entrare in società. Fa parte di qualunque società matura e vera. E non solo nella vecchia Europa, ma anche nei democraticissimi Stati Uniti. Dove è permesso essere dei self made man, ma a patto che quel farsi da soli sia anche la dimostrazione dell'accettazione di una serie di regole condivise.
Ma Ricucci? Ricucci è uno che utilizza quello che gli psicoanalisti chiamano il doppio-messaggio. E il doppio messaggio non è soltanto il suo. E di questi nuovi "immobiliaristi" che fanno paura a Carlo De Benedetti ma anche a Silvio Berlusconi, a Luca Cordero di Montezemelo e a Diego Della Valle, a Marco Tronchetti Provera.
Intanto l'aspetto sociale. Ricucci non vuole essere cooptato, non vuole far parte del salotto buono, e non perché non potrebbe arrivarci: basta un buon sarto, un mercante d'arte che ti riempie la casa di rarità e opere importanti. Ti compri una dimora faraonica, e non ti fai mai vedere in costa smeralda, e il gioco è fatto. No, nella fenomenologia di Ricucci tutto questo non c'è come scelta, perché la sua è una dannazione di tipo populista, che ha delle radici antiche nella tradizione del nostro paese. Quando Ricucci dice: "In Italia se non hai il doppio cognome è reato... Basta con i pregiudizi contro il nuovo, tra trent'anni le assicuro, non mi ergerò a censore degli altri". Dice la cosa che ripete un altro come lui, Flavio Briatore: "In Italia comandano sempre gli stessi. E se non hai il doppio cognome non conti niente". Il primo è di San Cesareo vicino Roma, il secondo è di Mondovì, provincia di Cuneo. Nessuno snobismo. Ma la provincia qui è il primo punto vero. Perché è la provincia più reazionaria, nella tradizione della destra italiana c'è sempre stato lo strapaese: la genuinità, la semplicità, la capacità di esserci e di esistere nonostante le lobby, nonostante i poteri forti. Un tempo tutti volevano essere come Agnelli, oggi vanno a Cala di Volpe.
Ricucci sostiene che le sue operazioni finanziarie sono regolarissime, e che deve imparare da tutti. Ma non da quelli che sono venuti prima di lui. Non si rifà a modelli altri, al massimo a un modello familiare, suo padre, un normale signore che ha fatto l'autista dell'Atac. Tiene a dire che lui si è fatto da "so-lo", scandendo le sillabe. E con queste premesse ti aspetti che parli uno che produce laminati.
Non ti aspetti che sia uno che risponde così, alla seguente domanda di un giornalista del "Tempo": "Mica vorrà dire che lei vale più della Fiat?". E lui: "Io penso di sì". E poi da persino consigli alla Fiat: "Forse la Fiat di Montezemolo non dovrebbe pensare ai giornali, alle partecipazioni non strategiche quali banche ed editoria. Bensì concentrarsi sul piano industriale...".
Uno che si è fatto da so-lo che dice di valere più della Fiat, e afferma fiero che «dietro Ricucci c’è solo Ricucci». Se leggiamo tutto questo secondo un metro consueto, siamo di fronte alla solita dietrologia. Ovvero: "uno così ha dietro qualcuno". Se scardiniamo la dietrologia e accettiamo la tesi di Ricucci che dietro di lui non c'è nessuno, beh allora siamo di fronte a una rivoluzione sociologica che non promette nulla di buono. In tutta questa ideologia della semplicità, in tutta questo far riferimento a una serie di valori facili e un po' banali c'è dell'altro. C'è che l'immobiliarista Ricucci chiama Flavio Briatore, un altro ricchissimo che non sopporta i doppi cognomi, e dice: "Ho letto su un giornale che mi faranno la parodia a "Quelli che il calcio" e voglio fermarla. Parlane con Simona Ventura, falla saltare".
Questa piccola frase non è stata pronunciata dall'industriale dei laminati, ma da uno che dichiara utili in soli sei mesi di 115 milioni di euro, uno che ha mire su giornali importanti, uno che manda messaggi trasversali,, uno che accenna al futuro e dice: quando avrò vinto, non farò prigionieri. Ma intanto telefona e chiede di far tacere Simona Ventura, e chiama un certo "Guido" della Rai per farli desistere. Quando la parodia, è sempre stata non dico sopportata, ma addirittura ambita dal potere.
Di cosa ha paura Ricucci? Il populismo non ha mai sopportato la parodia. E il populismo è sempre stata una condizione indispensabile dei regimi di destra. Il populismo di Berlusconi lo conosciamo. Ancora tre giorni fa nella sua lettera a "Repubblica" sottolineava il vizio di una certa classe dirigente a pensare in modo eccessivamente intellettuale e complesso. E rivendicava a sé la capacità di sentire la gente comune. Ma Ricucci è un populista di terza generazione. Dalle cose che dice, non ha la preoccupazione di piacere al mondo, che in quelli come Berlusconi è una necessità, ma ha la preoccupazione di affermare un'ideologia di riscatto. Ricucci può esistere solo in un paese dove sono saltate tutte, ma proprio tutte, le regole.
Ieri ha dichiarato dal solito Cala di Volpe a Dario Cresto-Dina di "Repubblica": "di ciò che pensate me ne frego". Forse nelle scuole che ha frequentato, non gli hanno spiegato che non è opportuno mettersi contro tutto e tutti, ma soprattutto non è opportuno dire: "me ne frego". Essendo un termine squisitamente fascista. Anche se viene il dubbio che Ricucci possa averlo usato proprio per questo.
QUEL RICUCCI LI DICE UN SACCO DI BALLE!!
SICURAMENTE ALLE SUE SPALLE C' E' QUALCHE CORDATA DI BANCHE CHE LO USA PER RIPULIRE SOLDI PROVENIENTI DA CHISSA' DOVE...
ANCHE NEL MIO PAESE DI PROVINCIA C' E' UN COSTRUTTORE EDILE CHE FA LO STESSO GIOCHETTO: CIOE' PRESTARE IL NOME ALLE BANCHE.
NON E' IL PRIMO E NON SARA' L' ULTIMO, E' SOLO UN PO' PIU' FAMOSO DEGLI ALTRI PERCHE' HA SPOSATO UNA SOUBRETTE NELL' MMAGINARIO EROTICO DI TUTTI GLI ITALIANI, ED E' FINITO SU TUTTI I GIORNALI DI GOSSIP.
brutto, Ricucci. :-(((
Carolina