Le stragi e le nottole
di Antonio Tabucchi
Era prevedibile che dopo quarant’anni di menzogne, di depistaggi, di false testimonianze, di viltà, di omissis e segreti di Stato, la classe politica italiana che con la strage di Piazza Fontana (1969) dette inizio a un periodo di massacri e che senza soluzione di continuità arriva fino a noi, dopo tante cocciute richieste da parte degli Italiani di conoscere la verità, si scocciasse. E manifestasse la sua irritazione. È il vecchio schema dello scambio delle parti del carnefice sensibile che resta offeso dalle proteste della vittima.
Di questo mondo alla rovescia tipico dell’Italia odierna in cui Mussolini è diventato un brav’uomo, i fratelli Rosselli e Galante Garrone delle teste calde, i partigiani dei massacratori e i repubblichini dei patrioti, si è fatto interprete il prof. Ernesto Galli Della Loggia, che da giovane simpatizzava per i gruppuscoli extra-parlamentari che avevano in uggia la democrazia, redarguendo («Corriere della Sera» 3 agosto) con severe parole i familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna che ogni anno, alla commemorazione dell’eccidio, osano protestare perché vorrebbero sapere chi ordinò il massacro. Al prof. Della Loggia ha già risposto come meritava uno dei nostri migliori giornalisti che, non essendo di scuola marxista-leninista, non ha fatto il giro a trecentosessanta gradi: rimasto affezionato alla democrazia scrive contro i corrotti e i mafiosi, quindi nell’ottica dei berlusconiani è un estremista (Marco Travaglio, «Chi fischia, chi scorda», l’Unità, 4 agosto).
Ma vorrei tornare sull’argomento da un punto di vista “tecnico” visto che le affermazioni di Della Loggia vengono da un “tecnico” (di professione fa lo storico). I fatti. Alla fine degli anni Sessanta la classe politica italiana e le sue Istituzioni ruppero i patti della civile convivenza e alleandosi con la feccia nostrana (neofascisti, neonazisti, P2, apparati “deviati”), con oscure organizzazioni atlantiste, con servizi segreti stranieri operanti sul nostro territorio (soprattutto CIA) dettero il via a una stagione di stragi (Piazza Fontana, Italicus, Piazza della Loggia, Stazione di Bologna, Peteano, eccetera) per destabilizzare l’Italia e cambiare la democrazia. Questo è appurato in maniera inoppugnabile da migliaia di documenti e testimonianze raccolte negli Atti della Commissione Parlamentare Stragi che nessun politico ha mai smentito. Di alcune di queste stragi, dopo anni di inchieste e processi, la Magistratura non è neppure riuscita a identificare gli esecutori materiali, pure concludendo che i mandanti erano politici (vedi la recente sentenza che ha chiuso il processo di Piazza Fontana, strage su cui resta comunque il segreto di Stato come su quella dell’Italicus). In altri casi, come l’eccidio di Bologna, i tribunali italiani hanno invece individuato e condannato gli esecutori.
Ma i mandanti restano ignoti. Perché? Probabilmente perché qualcuno di loro è ancora in vita, magari attivo e operoso. Da oltre vent’anni i familiari delle vittime (85 persone fatte a pezzi) chiedono di conoscere i nomi dei mandanti e accade che ogni anno alla commemorazione del massacro i politici uguali e distinti che si presentano alla commemorazione vengono fischiati. Che, come ha giustamente scritto Travaglio, è il minimo che ci si possa aspettare. Nel suo articolo il prof. Della Loggia, per i familiari delle vittime e altri cittadini partecipanti alla commemorazione della strage, ha trovato la seguente definizione: «Una disinvolta congrega formata da familiari delle vittime, giornalisti “democratici” (le virgolette sono dell’articolista, che evidentemente è un democratico senza virgolette), magistrati e politici alla ricerca di consenso». Ma il fine articolista non si ferma qui. Perché la verità che i familiari delle vittime chiedono, sarebbe una «ossessiva evocazione degli ispiratori e dei mandanti». Questi familiari, insomma, sono dei fissati, poveri nevrotici che hanno contratto una forma maniacale nel lontano 1980 e non c’è verso che gli passi. Perché questi poveretti non hanno capito che il tempo passa, e passando diventa passato. E qui il prof. Della Loggia sfodera tutta la sua sapienza di storico ed espone la sua magnifica teoria. Che è la seguente: «A un certo punto il passato va accolto nella memoria per ciò che è stato, con tutte le sue ambiguità e contraddizioni».
Noi credevamo che la Storia consistesse in una serie di dati verificabili e trasmissibili e che il mestiere dello storico fosse far luce sul passato per restituirlo al presente? Ebbene, ci sbagliavamo. Lo storico democratico senza virgolette dell’Italia berlusconiana ha deciso che «a un certo punto» (quale sia il punto esatto non si sa, lo sa lui), la memoria non è più costituita da una serie di dati verificabili e trasmissibili, ma da un amalgama di «oscurità, ambiguità e contraddizioni». Insomma, la Storia non è quello che pensavamo: secondo la nuova teoria del prof. Della Loggia la Storia è una sorta di armadio della vergogna con gli sportelli girati verso il muro, dove vengono ammassate le porcate che non tutti devono sapere.
Non sono uno storico, ma ho presente il primo principio della termodinamica: qualsiasi energia non si disperde, ma si trasforma. E il fatto è che le oscurità e le ambiguità del passato non sono affatto passate, ma si sono semplicemente trasformate, sono qui presenti più vive e vegete che mai. Piduisti, mafiosi, depistatori, fascisti, post-fascisti, neo-fascisti, faccendieri, corruttori sono al lavoro con un’energia strabiliante.
Se la logica ha un senso, chi invita a accettare le oscurità e le ambiguità del passato implicitamente accetta quelle del presente e del futuro. E chi ci può garantire che grazie all’impunità di cui sono coperte le nefandezze del passato esse non si possano ripetere nel futuro? Se il «Corriere» il giorno dopo la bomba di Piazza Fontana sbatté in prima pagina Valpreda e Pinelli (il giornalista, Giorgio Zicari, lavorava per gli apparati “deviati” e fu poi licenziato, ma aveva compiuto bene la sua “missione”), vista l’aria che tira oggi non mi stupirei se un qualche giornale sbattesse in prima pagina la fotografia di un futuro attentatore il giorno prima dell’attentato.
È utile conoscere il passato anche a scopo profilattico. Per questo, visto che la Commissione Parlamentare Stragi non esiste più e che le “Autorità” si irritano se i cittadini chiedono la verità, sarebbe necessaria l’istituzione di un tribunale civile formato da probiviri italiani e stranieri (si trovano ancora, in Italia e in Europa) coadiuvati da avvocati, magistrati, giornalisti democratici e ovviamente familiari delle vittime. Una sorta di Tribunale Russell o di “disinvolta congrega”, per dirla col Della Loggia, talmente disinvolta da incalzare lo Stato sui suoi segreti assassini delle stragi di Piazza Fontana e dell’Italicus. Caduti quei due sigilli, molte altre verità verrebbero a galla. È questo che temono i cultori dell’oscurità: hanno paura della luce, come le nottole.
un altro bel colpo di spugna insomma !
bisogna rassegnarsi anche a convivere con un passato ambiguo e oscuro oltre che con la mafia...