Parte da lontano la questione morale
di Elio Veltri
Questione morale e legalità sono stati argomenti di discussione con Romano Prodi, prima della vittoria dell’Ulivo del 1996, fino all’incontro con la presidenza del Cantiere nel mese di ottobre del 2004. Nel 1996, in campagna elettorale, gli chiesi un maggiore impegno della coalizione sulla legalità. Il consenso fu immediato tanto che in 48 ore presentammo ai giornalisti un documento dal titolo: «Legalità nello Stato, nell’amministrazione e nelle aziende». All’inizio della legislatura un gruppo di 37 deputati della maggioranza, tra i quali ricordo Pecoraro Scanio, Furio Colombo, Vincenzo Siniscalchi, Nando Dalla Chiesa, Lapo Pistelli e Luciana Sbarbati, ha costituito il «comitato di difesa della legalità», i cui obiettivi coincidevano con quelli contenuti nel documento presentato in campagna elettorale. Il governo aveva iniziato da poco la sua navigazione, impegnatissimo nel risanamento finanziario, condizione per entrare nel gruppo di testa dell’euro e il clima non consentiva deragliamenti etici né dei singoli né della coalizione.
Un esempio per tutti: Prodi si era opposto alla candidatura di Ciriaco De Mita nella lista dell’Ulivo e l’ex segretario della Dc si era presentato con una sua lista.
L’occasione per un impegno concreto di riforma si è presentato dopo l’arresto di Necci, con la proposta della costituzione di una commissione monocamerale anticorruzione, voluta da Luciano Violante. La tensione morale e le speranze generate da Mani Pulite non si erano ancora spente e tutto lasciava bene sperare per un lavoro positivo che consentisse al Parlamento, e, quindi, alla politica, di riprendere in mano i fili di una tela invasa dalla magistratura. Purtroppo le speranze si sono spente in tempi brevissimi per la convergenza innaturale e miope di maggioranza e opposizione. La commissione, già nata gracile, dal momento che i parlamentari più autorevoli erano confluiti nella Bicamerale, fu condannata a morte certa. Così, le proposte di legge presentate da parlamentari dei due poli, che affrontavano tutti i problemi deflagrati nell’attuale legislatura, sono state insabbiate o bocciate. Forse, una maggiore attenzione del governo che però aveva i suoi guai con Bertinotti, e un diverso impegno di Violante, avrebbero potuto determinare un esito diverso dei lavori della commissione. È utile notare che proprio i lavori della commissione anticorruzione hanno messo in evidenza una contraddizione, che negli anni si è accentuata, tra i comportamenti di quanti avevano difeso le inchieste della magistratura e dei tanti che le avevano ostacolate o subite. I primi hanno cercato di restituire al Parlamento e alla politica il ruolo che gli compete mentre gli altri hanno accentuato la prassi delle deleghe alla magistratura, accusandola poi di invasione di campo, ogni volta che le inchieste coinvolgevano politici più o meno eccellenti. La contraddizione, più apparente che reale, viene chiarita da Barbara Spinelli con queste parole: «Lo sgomento di fronte ai verdetti rivela una classe politica refrattaria a giudicare se stessa, e sostanzialmente dipendente dal potere giudiziario che teme o esecra, a parole, con tantissima intensità. Non è libera una politica che si infastidisce quando i tribunali giudicano, e che da parte sua non si sente in dovere di giudicare. Non è autonoma, se per autonomia intendiamo la vocazione degli uomini a dare a se stessi un nomos: una legge, una norma, una moralità».
E veniamo al codice etico e di comportamento proposto a Prodi. Il Cantiere gli ha consegnato una proposta nell’ottobre del 2004. Essa riguarda l'impegno dei singoli e a mio parere, va integrata, prevedendo alcuni impegni legislativi della coalizione. Penso alla responsabilità giuridica dei partiti, alla certificazione dei bilanci dei partiti nel rispetto delle norme del codice civile e di quelle riguardanti le spese elettorali, ad alcune misure anticorruzione come la istituzione di un’anagrafe patrimoniale. E penso alla riduzione dei costi della politica che va affrontata con serietà, prudenza e senza facili demagogie.
L’intervento di Prodi, dopo la pubblicazione della lettera di cui sono firmatario, apre il cuore alla speranza. Le reazioni degli organi di informazione di alcuni partiti dimostrano che la voce di intellettuali credibili è sempre importante e che il loro silenzio deve comunque preoccupare. Nella lettera si chiede a Prodi un impegno «concreto e straordinario» perché «straordinaria e preoccupante è la condizione in cui versa il paese». Gli impegni vanno mantenuti. L’occasione per discuterne e per confrontare la proposta del Cantiere con quella del buon governo di Zapatero e di altre che dovessero pervenire, può essere il convegno organizzato nel mese di settembre. Una posizione comune dell’Unione di centrosinistra e la proposta di un gruppo di lavoro per entrare nel merito costituirebbero un buon passo avanti.