Chi non vuole il codice etico
di Paolo Sylos Labini
Gli appoggi più espliciti al Codice etico sono venuti da Prodi e da Fassino. I leader della Margherita hanno invece mostrato freddezza, anzi ostilità: il segnale è sbagliato, hanno detto, giacchè significa che l'Unione ha bisogno di una legge speciale (non è esatto: per noi è un patto sottoscritto dai partiti dell'Unione) perché sennò non ci si può fidare troppo di essa. Qui la logica viene ribaltata: la gente pensa invece che coloro che sono ostili al Codice etico - composto da regole importanti, ma semplici e di buon senso - hanno la coda di paglia.
Chiti è a favore della proposta perché è contro l'antica piaga italica del trasformismo. Magari fosse solo trasformismo: qui è in vista un trasbordo massiccio non solo di persone che votavano Berlusconi e che hanno cambiato idea, e questo è bene; il male viene quando si tratta di persone con fedine penali sporchissime; ma allora è vero, l'aspirazione nazionale è di diventare la repubblica della malavita. Col Codice etico non si va lontano: è vero, è solo una premessa, senza la quale però non si fa alcun passo sulla via dell'incivilimento. Il Codice etico non basta: ma è ovvio e nessuno di noi sostiene che basti: deve essere solo la premessa del programma di governo e non il programma. Ancora: il Codice etico rischia di favorire il giustizialismo. Ma dove sta questo rischio? Quello che appare evidente è che i giudici onesti e coraggiosi sono stati osteggiati e combattuti con ogni mezzo - l'ultimo atto della tragedia è la norma studiata apposta per impedire a Caselli di dirigere l'antimafia, essendo la mafia un'istituzione benemerita ingiustamente perseguitata.
Sembra che buona parte dei nostri concittadini non si rendano conto - io temo che non vogliano rendersi conto - nell'abisso di vergogna in cui siamo caduti. Li esorto a leggere i principali giornali stranieri, specialmente quelli «moderati». Ed a riflettere soltanto su due episodi: Kohl, che ha dato un contributo decisivo alla riunificazione delle due Germanie, ha dovuto abbandonare la politica per certi finanziamenti illeciti al suo partito - un problema che oggi da noi fa sorridere ed è considerato irrilevante. Secondo. Conosco abbastanza bene l'America e so che molti intellettuali americani da prendere assai sul serio considerano Bush e, ancora di più, Cheney, personaggi senza scrupoli. Eppure hanno dovuto far buon viso a cattivo gioco e dichiarare pubblicamente di approvare quella legge sul falso in bilancio in base alla quale due importanti manager sono finiti in prigione per anni: il fatto è che in America quelli che io chiamo gli anticorpi funzionano e sono numerosi, mentre in Italia - come diceva Alessandro Galante Garrone - sono «pochini pochini». Da noi il falso in bilancio è stato quasi completamente depenalizzato - uno dei tanti osceni provvedimanti ad personam.
Attenzione: non ci sono tre compartimenti stagni, economia, politica e morale: questa tesi, che ha una lunga storia nella cultura italiana, è pretestuosa e non trova riscontro nei paesi civili. L'Argentina che è entrata in una crisi gravissima dimostra che i tre compartimenti non ci sono e la corruzione ha travolto tutto, anche l'economia; e l'Argentina fino ad un tempo non lontano era un paese decisamente più ricco dell'Italia. Ora l'Argentina sta tentando di risalire la china, in mezzo a tremende difficoltà. Lula, il Presidente del Brasile, è andato in televisione ed ha chiesto ai suoi concittadini di perdonarlo per i fatti di corruzione che si sono avuti nel suo partito. Il predecessore fu cacciato a calci per lo stesso motivo. Il Brasile sta dunque meglio di noi.
Le recenti storie dell'indegno comportamento di Fazio, governatore della Banca d'Italia, e delle scalate, le Opa, di ogni colore politico, che giustamente Giuliano Amato ha definito un «inguacchio», completano il quadro, che è un incubo e che, cosa inconsueta per i quadri, emana un insopportabile fetore. Siamo in un abisso di abiezione e dobbiamo rendercene conto, altrimenti non possiamo attrezzarci per risalirlo. È qui il significato, che chiamerei drammatico, del Codice etico.
Amato: voglio rivolgergli un appassionato appello personale: dia una mano a Prodi nel varare il Codice etico, o un suo equivalente, e lo aiuti a imporsi sui suoi alletati; in particolare trovi il modo per separare drasticamente le scalate in cui sono coinvolti i Ds. Questo fine era del tutto estraneo alla loro elezione: sono stati eletti per fare gl'interessi della gente, e, in modo particolare, dei lavoratori. Dall'intervista che ha rilasciato a Repubblica del 12 agosto, Amato si dimostra molto sensibile al gravissimo problema dell'immoralità; dalle sue risposte appare chiaro che non approva quelle scalate; esprime la disapprovazione da politico ed ogni politico è anche un po’ diplomatico. Io che politico non sono parlo senza alcuna diplomazia e dico che quelle scalate, pur se lecite, sono semplicemente deleterie per l'immagine dei Ds. Convinca i suoi colleghi politici che è per il bene loro, anche se non immediato, e per il bene di tutti, prendere distanze ampie e convincenti; altrimenti politicamente si squalificano, amenterà la sfiducia degli elettori verso tutti i politici, e crescerà a vista d'occhio il partito, già maggioritario, dei non votanti.
Rimasi impressionato dall'appello lanciato da sei «moderati» sull'Eco di Bergamo il 18 dicembre 2001: non posso dimenticarlo e lo trasmetto a tutti gli amici che mi capitano a tiro. Diceva l'appello: ogni persona sensibile agli interessi generali e non solo al proprio interesse particolare deve mobilitarsi per contrastare il degrado politico in atto finchè si è in tempo. E ciò per evitare la maledizione delle nuove generazioni, quando capiranno e ci chiederanno perché non abbiamo reagito come dovevamo.
Fassino ora che gli fa comodo dice di seguire la lezione di Berlinguer. Spara cazzate adesso o quanto stava riabilitando Craxi?
adesso