Manuela Dviri: «Israele può guardare al futuro»
di Umberto De Giovannangeli
«Il ritiro da Gaza rappresenta un primo respiro di sollievo. Ed è anche un anelito di speranza per l'Israele che scommette sul futuro e non vuole restar prigioniero delle ombre del passato». Dell'Israele del dialogo la scrittrice Manuela Dviri è certamente una delle figure più rappresentative. Per il suo impegno intellettuale, la sua passione civile e la capacità di trasformare un immenso dolore personale - un figlio soldato ucciso in Libano - in energia positiva. «Il ritiro da Gaza - sottolinea la scrittrice - non deve rimanere un atto isolato. Non possiamo fermarci a metà del guado. Perché fermarsi significherebbe tornare indietro e continuare ad essere prigionieri di un passato segnato da ostilità e chiusure preconcette verso i palestinesi». Sul «popolo arancione», il movimento anti-ritiro, Manuela Dviri afferma decisa: «Mi fa paura la loro bramosia di possesso assoluto e il considerarsi depositari di una Verità da imporre con la forza».
Cosa rappresenta per l'Israele del dialogo l'imminente ritiro da Gaza e lo smantellamento degli insediamenti nella Striscia?
«Rappresenta un primo, salutare respiro di sollievo e la dimostrazione concreta che qualcosa può cambiare in meglio e che gli israeliani non sono condannati a guardare sempre e solo al passato. Ora si può cominciare a guardare un pochino anche al futuro».
Un futuro contestato dall'Israele anti-ritiro. Cosa rappresenta per Manuela Dviri il «popolo arancione»?
«Fa paura. Perché ti rendi conto che è cresciuto vicino a te un popolo in gran parte composto da persone che da oltre trent'anni vivono, e molte di loro sono nate, nei Territori; per costoro i Territori sono Israele o la Terra di Israele, mentre per persone che vivono a Tel Aviv, a Gerusalemme, a Haifa Israele è lo Stato d'Israele che non necessariamente coincide con Eretz Israel. Ciò che mi spaventa del "popolo arancione" è la bramosia di possesso assoluto che lo anima; è una visione terribilmente manichea che hanno della storia e della realtà, da una parte loro, il Bene, dall'altra il resto, il Male. Ciò che mi fa paura è l'uso cinico e strumentale che fanno della religione, è il loro convincimento di possedere la Verità assoluta e dall'alto di questa presunzione emettono sentenze e considerano "traditore" chiunque si discosti dalla loro "Verità". Ciò che temo, anche in questi giorni così delicati, è la provocazione di chi, nel nome di questa "Verità" è pronto a tutto. E al peggio. L'errore più grave che potremmo commettere è sottovalutare la loro pericolosità».
Nel mirino, non solo metaforico, dell'ultradestra è entrato il premier Ariel Sharon. In passato, lei non ha lesinato critiche alla politica di «Arik». Oggi chi è per Manuela Dviri Ariel Sharon?
«È la persona giusta al posto giusto nel momento giusto. Vedere ciò che Sharon sta facendo oggi porta a dire anche una laica come me, beh, allora i miracoli esistono...».
Mentre tra i palestinesi della Striscia a dominare in questi giorni è un sentimento di liberazione, non lo stesso si può dire per i palestinesi che vivono in Cisgiordania, dall'altra parte del "Muro". E possibile e come "parlare" alla loro sofferenza?
«Oltre che possibile è indispensabile. Sarà di fondamentale importanza vedere ciò che accadrà il fatidico giorno-dopo il compimento del ritiro. Molto dipenderà dalla volontà e dalla capacità delle due dirigenze politiche di non restare a metà del guado. Il ritiro da Gaza non può restare fine a se stesso. Non ci si può, non ci si deve fermare. Perché fermarsi equivarrebbe a tornare indietro, cancellando così quell'anelito di speranza mosso al ritiro da Gaza».
L'altro giorno Ostellino invitava a una sorta di sdoganamento da sinistra di Arik. Di certo, ha avuto coraggio. Prima di tutto di prendersi una responsabilità così rischiosa. Ma altrettanto prima di tutto di mettere i leader palestinesi con le spalle al muro. Dopo il ritiro, qualsiasi reazione di Israele sarà giustificata. Ma mi domando, piuttosto, quali saranno le conseguenze interne. Come cambierà quella società che era e rimane l'unica democrazia dell'area. Quel cxhe racconta l'intervista del popolo arancione ci lascia presagire che molto dovrà cambiare. Benny Morris ci ha raccontato molto. E mi domando ora che significherà per quella gente (e per tutti gli altri nel mondo) Eretz Israel.
Dunque, un assassino criminale responsabile diretto di migliaia di morti - ricordate Sabra e Chatila, gli assassinii mirati, le case di palestinesi distrutte con le ruspe, l'ignobile muro della vergogna, eccetera? - è "la persona giusta al punto giusto al momento giusto" ... come dire che Hitler e Franco erano dei bravi ragazzi e Berlusconi è un pericoloso comunista!
Questo post mi ha turbato parecchio.
Abbi pazienza, ma ho espresso tutto il mio disappunto dalle mie parti.
Tu e The Rat mi avete dato due dispiaceri uno dopo l'altro, segnatevelo sulla coscienza. :)
Direi che, come pessima giornata, può bastare.
La mia opinione è pragmatica:
1 - il ritiro da Gaza è meglio che niente
2 - solo uno come Sharon poteva riuscirci, perché tra tutti quelli disposti a ritirarsi è il più a destra, quindi quello meno inviso ai religiosi
3 - chiunque altro al suo posto sarebbe già stato ammazzato (Rabin docet)
Ergo, concordo che "in questo momento" nessuno meglio dell'odioso Ariel avrebbe potuto spostare i coloni da qiuelle terre.
Questi giorni, tra qualche anno, saranno ricordati come l'inizio della scomparsa di Israele dalla faccia della terra.
Se questo blog esisterà ancora (non è una gufata!), sarò lieto di collegarmi per prendere atto dei commenti dei vari Berja ("nomen omen") & Co.
Saro' irriducibilmente laico -- ma a me Sharon come miracolo non e' che mi convinca tanto. E' un politico scaltro -- ed e' stato un buon tattico militare: due doti che spiegano da sole il disimpegno da Gaza. E ha coraggio, questo non gli si puo' negare: e questo spiega che ci stia riuscendo.
Ma "sdoganarlo" come dice Fassino, o darne un giudizio senza macchia come sembra fare Manuela Dviri, beh -- continua a sembrarmi troppo.
Sharon e' l'uomo del ritiro da Gaza, ma anche quello dei nuovi insediamenti a Maaleh Adumim. E siccome Israele non e' soltanto la questione palestinese, ma anche gente che vive e lavora tutti i giorni li', Sharon e' anche il responsabile di una politica economica devastante per le classi povere; di una normativa sui lavoratori stranieri al cui confronto le proposte di Calderoli e Gentilini sono zucchero.
Il disimpegno da Gaza e' utile ed e' cosa buona, nonostante tutti i suoi limiti. Ma una sinistra appena sensata non puo' per questo innamorarsi di Sharon.
Giorgio, la "gufata" è nelle tue parole sul ritiro da Gaza come inizio della scomparsa di Israele, altro che il mio blog. Comunque credo che la tua sia solo una paranoia ome ce ne sono tante e resto tranquillo.
ma com'e' che tante persone invece di andare al mare o a riposarsi perdono tempo davanti al computer?
egregio sig. giorgio credo che in futuro questi giorni verranno ricordati come sono ricordati quelli del ritiro dal sinai (ci furono quelli che dissero le stesse cazzate che dice lei), ovvero non verranno ricordati affatto.
ammenocche' non siano veramente l'inizio di una nuova fase politica in quell'area, per ora rallegriamoci del precedente creatosi e continuiamo a spingere per un'israele coi confini del 1967 e senza insediamenti ne' muri.
prima si facciano le frontiere, le si rispettino e dopo che ognuno si faccia i muri suoi.
Israele, egregio sig. giorgio non e' gli insediamenti ed i coloni col mitra, Israele non e' il cane da guardia dell'occidente in medio oriente.
Egregio Sig. Berja, nell'invitarla a mia volta ad andare al mare e/o a riposarsi, "invece di perdere tempo con il computer", devo constatare ancora una volta la mia teoria. Per un paese (l'Italia) in cui perfino gli Ebrei riescono ad essere stronzi, non c'è speranza. Ah, dimenticavo: per quanto riguarda i suoi auspici geografici, non si preoccupi, di questo passo Israele tornerà ben presto ai confini antecedenti il 1948. Ma si sa, a quell'epoca i "Sionisti" erano cattivi... (Banda Stern, Irgun, Begin, ecc. ecc.)
al mare non posso andarci egregio signor giorgio ma invito caldamente lei ad andare a rinfrescarsi le idee, in quanto gagli ebrei stronzi, fa sempre piacere che ci stia qualcuno a constatare il primato morale del popolo eletto, per quanto riguarda i confini dello stato d'israele non mi pare di dire follie visto che "confini del 1967 e frontiere sicure" e' una delle parole d'ordine di gran parte della opinione pubblica israeliana.
poi certo c'e' l'occidentale di turno che ci parla di ali' baba' e del feroce saladino, ma e' lo stesso occidentale che una volta diceva che le matzoth si fanno col sangue dei bimbi cristiani.