Scusami se insisto, Alberto, ma è "opinione diffusa" in Italia, credo.
Forse sulla stampa USA e inglese, non so.
Io leggo la stampa spagnola (di quella non qui non parlo nemmeno, ché ha lo
stigma addosso) e, ti assicuro, il modo di presentare la questione è totalmente
diverso.
Ho già tradotto un pezzo di un fondo de El Mundo, giorni fa. Ora mi metterò a
tradurre l'editoriale (non firmato) de El Pais, il lungo intervento di Felipe
Gonzalez, la voce degli intellettuali di lì che sono, semplicemente, molto meno
condizionati dal clima "politicamente corretto", se non peggio, che
c'è in Italia.
Io non ho letto, sulla stampa di là, una virgola di queste spremute di
sentimento che circolano da noi. E' proprio il linguaggio, che cambia, e si sta
ai fatti, si affrontano le questioni serie del dopo-Gaza, si analizza la
convenienza per Israele dell'operazione, si fa altro. Politica.
Basterebbe fare l'analisi del linguaggio degli editoriali italiani che vedo,
invece. Stiamo annegando in una terminologia valoriale che pompa sul cuore e
toglie ossigeno alla testa.
Io non posso stare a parlare di "sforzi di immedesimazione verso
Israele", perché quello che c'è da fare è guardare il terreno, i fatti.
L'immedesimazione è una categoria che riguarda i sentimenti, le emozioni. Non
c'entra, non serve. Non è il punto.
Io contemplo, attonita, una sinistra che dice tutta contenta: "E ora
speriamo che tocchi alla Cisgiordania" mentre già solo il Muro (che,
ricordo, è totalmente illegale) sta inghiottendo (da solo!) il 10% della
Cisgiordania. Ora, mentre scriviamo.
E mi ritrovo a fare la Cassandra che vuole rompere il giocattolo delle persone
che tengono alla pace, è una sensazione orribile.
Il linguaggio è potere. Se ci mettessimo a contare gli aggettivi, i riferimenti
ai valori, alla categoria del "buono" di cui è infarcita
l'informazione italiana sull'evento, avremmo la percezione esatta di come si
sta condizionando l'opinione pubblica italiana a schierarsi compatta al fianco
di Israele nei prossimi anni, qualunque cosa accada.
E se comparassimo quest'analisi (linguistica, linguistica e basta) ad altre
analoghe compiute sull'informazione in altri paesi, ci renderemmo conto che si
manipolano le emozioni della nostra opinione pubblica saziandola al punto che
lei stessa non avverte la mancanza dei fatti, non li chiede più.
Non c'è uno straccio di contesto, in quello che leggo da voi. Che Medio Oriente
si sta disegnando e come si inserisce questa mossa nella strategia d'insieme?
Che succede in Cisgiordania? Quale sarà la situazione effettiva di Gaza? Nulla.
In questi giorni, di tutto questo, nulla. Psicologismi, speranze, sogni. Solo
questo.
E il culto della personalità: Sharon è una star, in Italia, e appare a malapena
nella stampa spagnola. Appare nella cronaca, non negli editoriali. Negli
editoriali si parla della situazione, non della personalità del leader. Si
guarda oltre, non si sacralizza il Capo. Nel bene e nel male. Perché il
protagonista non è lui, è la situazione.
Ma forse non riesco a spiegarmi. Devo mettermi a tradurre, è l'unica.
Io, di temperamento, detesto essere pesante, insistente.
Però mai come adesso l'Italia mi ha fatto paura. Questo modo di informare,
questo modo di usare le parole, è foriero di orrori autentici, ne sono
certissima. La pubblicità al servizio dell'informazione serve a formare un
modello "morale" di cittadino che sogna e non domanda. E chi non
riesce ad adeguarsi a questo è relegato nell'estremismo, tra i settori
"radicali" della sinistra, in una zona d'ombra assolutamente priva di
protezione politica e sociale, giacché la sinistra ufficiale, anziché opporsi a
questo modello, si piega come il pongo per meglio aderire ad esso.
Mi pare un incubo.
Io non sono un'estremista di nulla. Avrei disperatamente voluto votare, alle
prossime elezioni. E non potrò, non è possibile. Questo linguaggio non è la mia
lingua, io non posso avere nulla a che fare con questo modo di pensare e di
sentire. Mi è estraneo, è swaili, non lo capisco.
Mi farò la tessera del PSOE e voterò alle Europee, vedrò se è possibile.
Ho l'impressione di tornare non in un paese, ma sul set di Arancia Meccanica.
Spero di non avere inquinato nulla con la mia negatività: e poi sono del tutto
minoritaria, cosa vuoi che inquini.
E, chiarisco, non sono in polemica con te: ho il massimo rispetto della tua
buona fede. Sono solo spaventata dal paese, dalla sua classe politica e dalla
sua stampa.
Non è poco.
"A volte" l'Italia mi fa paura, per la sua incapacità di rinnovarsi. Eppure, le persone che incontro, i chili di blog che ci sono in rete, dimostrano che esiste una larga fetta di società che pensa con la sua testa o almeno ci prova. Poi i ragionamenti possono essere condivisibili o meno.
Non è un'osservazione ristretta alla politica: è un paragone che regge per l'economia, le arte figurative, la narrativa... il bello di internet è la capacità di creare comunità senza la mediazione dei vecchi padrinati politici-economici.
Quello che ancora manca, se non si vuole sempre dare la colpa all'antagonista, è la voglia di questa "nuova Italia" dimettersi in discussione e sporcarsi le mani. Cioè: scendere in campo prima di diventare troppo vecchia.
Condivido al 200% l'inquietudine di Lia, e Fabrizio dovrebbe chiarire cosa vuol dire esattamente che la Nuova Italia (?) debba "scendere in campo" e sporcarsi le mani, perchè è sempre più diffusa la sensazione che appoggiare l'uno o l'altro schieramento significhi adeguarsi, avallare il sistema in atto, foriero - come dice Lia - di orrori autentici. Ormai l'indignazione cede il campo all'angoscia ed alla disperazione poichè si prospetta, nella migliore delle ipotesi, quel berlusconismo senza berlusconi di cui si stanno facendo portatori - consapevoli o meno - i cosiddetti leaders dell'Unione.
Dovrei chiarire, ma avevo già paura di aver scritto troppo per lo spazio e l'attenzione di un commento.
Comunque Alberto ha scritto che intende ragionare un po', quindi ci si può spiegare con calma.
Non è in discussione l'inquietudine, e neanche se si tratti di schierarsi con questo o con quello.
La mia inquietudine è data anche dal fatto che su internet o per strada vedo che non c'è solo stanchezza per il sistema (o il Palazzo), ma man mano si trovano pensieri differenti, che valicano i classici steccati di partito/potentato/nazione.
Ma che poi alla fine, si torna al vecchio errore di confondere partiti con politica, preferendo restare nelle proprie isole felici.
Schifo x il "berlusconismo senza berlusconi"? Credo che a oro di fare schifo non freghi proprio niente, anzi che si diano da fare x aumentare il nostro schifo, purché non si tracimi dai blog e arrivi sino alle loro sedie.
In fondo, comincio a pensare che hai ragione tu Fabrizio, ed hanno ragione anche "loro", quelli a cui basta che lo schifo non arrivi alle loro sedie, i baffetti arroganti e cicorie varie, se ho ben capito a chi ti riferivi. Ma allora? Ci stiamo semplicemente parlando addosso, noi bloggisti? C'è un'alternativa all'emigrare - anche solo mentalmente - in un altro luogo come sembrano suggerire Lia ed altri?
Un amico qui presente mi dice che solo io e pochi altri (scemi) come me possono stare a postare commenti su tali argomenti il 21 - anzi il 22 - di agosto alle ore 0,15. Forse ha ragione anche lui. Che disperazione!
No no ragazzi, niente disperazione.
Continuiamo a fare tessuto, che certo non fa male. Sono qui in giro, vi ho scoperto - Lia e Alberto - questa notte stessa. Cercavo un'immagine della Fallaci per un link ironico ad un mio post su Gaza. Ho iniziato a leggere Haramik e son finito qui. Meritorio Alberto ad aver rilanciato il commento di Lia, che ho avuto la ventura di leggere nella sua collocazione originale.
Insomma, stringo: grazie per un'analisi che m'ha aperto il cranio ed introdotto una nuova chiave di lettura. Debbo filtrare il paternalismo nella comunicazione, darmi l'obiettivo di smascherarlo.
Essere pochi o tanti? Ci siamo. questo conta. Ognuno porta il suo mattone, l'edificio della consapevolezza cresce. Non si farà istituzione domani, è pur sempre coscienza civile. Si cercherà di diffondere: figli, colleghi, fruttivendolo.
Una pratica? Dare un esempio quotidiano di responsabilità in questo grande asilo nido, come fosse un voto laico. Poi, diffondere la consapevolezza della necessità d'una classe dirigente. Quindi interellare i due fatti ed invitare i nostri interlocutori a rifletterci a loro volta.
Un'obiettivo qui e subito? Non so. Qualcuno invitava Lia a candidarsi: credo la voterei ;-) Nel frattempo, sto riflettendo su Scalfarotto.
Vi ringrazio ancora, saluto e mi scuso d'averla tirata lunga.
Vi invito a leggere una lettera all'Unità di ieri di una signora di Torino che racconta la propria vita costretta a vivere con 500 euro al mese (stipendio del compagno, recentemente dimezzato grazie alla legge Biagi, lei pur parlando due lingue non riesce a trovare lavoro)e che questo mese non ha i soldi per fare la spesa. L'Italia di oggi è piena di queste persone. Io lavoro per una cooperativa sociale e vivo in mezzo a queste realtà. Cosa dobbiamo proporgli per un tentativo di risposta CONCRETA a questi problemi (che non sono intellettuali o ideali ma da pane e salame)? Ivan Scalfarotto o don Gallo o don della Sala presidente del consiglio? Non sono un fan di Prodi come di tutti gli ex democristiani ma fare il presidente del consiglio in un paese disastrato come il nostro in questo momento è estremamente complicato. Eleggete Scalfarotto alle primarie come candidato premier e perderete le elezioni del 2006, altri anni di centrodestra faranno riflettere ancora.
Ecco, sì: anche io vorrei vedere capacità politiche (della 'politica con maiuscola') maggiori, certo non minori.
Sul mio blog parlavo di Felipe Gonzalez, per dire, e di come la nostra sinistra faccia una figura nanesca, in confronto.
Le apparizioni di personaggi più o meno estemporanei mi sembrano più un sintomo di disperazione che una promessa.