Andreotti-Caselli, chi delegittima chi
di Libero Mancuso e Norberto Lenzi
Nel corso del meeting impropriamente autodefinitosi dell'amicizia nel corso del quale si inveisce contro il meticciato, i diversi, i poveri del mondo e i disgraziati del pianeta, non poteva mancare anche una personale manifestazione di inimicizia ad personas.
Si tratta del ben noto senatore a vita onorevole Giulio Andreotti che, rievocando il suo processo per mafia, sostiene «di avere pagato un piccolissimo acconto del purgatorio» e, dopo avere assicurato di non provare rancore nei confronti di nessuno, sostiene che «se Caselli e Violante non fossero mai esistiti, sarebbe stata una bella cosa».
Qualcuno nel centrosinistra dovrà decidersi a dire ad Andreotti di smetterla almeno con il piagnisteo sulle lungaggini del suo processo, avendo in realtà schivato, proprio grazie alle lungaggini processuali, l'inferno. Come lui sa benissimo, se il processo di appello fosse terminato solo pochi mesi prima, non avrebbe evitato la condanna ad almeno un lustro di detenzione, e sarebbe stato impossibile per chiunque oscurare il vero significato della «intervenuta prescrizione». Come invece si è fatto nel tollerante silenzio dell'intero mondo politico, che ha rifiutato di leggere e commentare una sentenza definitiva che ritiene provata la partecipazione del senatore a vita on. Giulio Andreotti alla consorteria mafiosa almeno fino al 1980 e che ancora oggi tace di fronte agli sferzanti insulti sul doppio fanatismo (religioso e comunista) attribuito a Gian Carlo Caselli.
Sarebbe bene che anche l'on. Luciano Violante, sebbene accomunato a Caselli soltanto nella recriminazione della sua avvenuta nascita, rilevasse, almeno, la contraddizione nel pensiero politico di un senatore antiabortista.
Appare poi estremamente irresponsabile delegittimare così, sia pure solo auspicandone una elisione retrospettiva, un magistrato che ha combattuto a viso aperto la mafia ricevendo in cambio promesse di morte, ponendo in tal modo a rischio una aspettativa di vita futura, che noi invece auguriamo a Caselli lunga e felice.
La mafia, non Caselli
di Marco Travaglio
Ieri l’altro, sulla prima pagina del Giornale del presidente del Consiglio, campeggiava la foto di un sette volte ex presidente del Consiglio con una sua dichiarazione: «Caselli e Violante? Meglio se non fossero mai esistiti». L'ex presidente del Consiglio che si augura la morte o la non-nascita di Caselli e Violante è il cattolicissimo Giulio Andreotti, che ha lanciato quel messaggio d'amore e di pace da un pulpito particolarmente appropriato: il Meeting dell'Amicizia fra i Popoli di Comunione e Liberazione. Nei panni di Caselli e Violante, faremmo i debiti scongiuri. Perché non è la prima volta che Andreotti esprime analoghi desideri. Il 6 aprile 1982, in partenza per Palermo come «superprefetto» senza poteri, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ebbe un colloquio con lui. E lui - lo racconta Dalla Chiesa nel suo diario - gli parlò di Sindona e gli raccontò di «un certo Inzerillo, morto in America e giunto in una bara con un biglietto da 10 dollari in bocca». Un bel viatico augurale per la nuova missione del generale. Che, cinque mesi dopo, morì ammazzato dalla mafia.
Intendiamoci. Era ora che Andreotti, sempre elogiato da destra e da sinistra per il sottile humour, per il proverbiale fair play, per l'impeccabile condotta processuale, gettasse la maschera rivelandosi per quello che è. Sarebbe contro natura pretendere la sua stima e ammirazione per Violante e Caselli, due uomini che la mafia, l'uno politicamente l'altro giudiziariamente, l'hanno sempre combattuta. Andreotti invece - si legge nella sentenza della Corte d'appello di Palermo, resa definitiva dalla Cassazione nell'ottobre 2004 - «ha, non senza personale tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale (Cosa nostra, ndr) ed arrecato allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i mafiosi» ed «inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza politica, il sentimento di essere protetti al più alto livello del potere legale». In particolare, Andreotti seppe in anticipo dal capomafia Stefano Bontate, nell'estate 1979, che di lì a poco il suo compagno di partito Piersanti Mattarella sarebbe stato assassinato. Ma non avvertì Mattarella né denunciò Bontate: «Discuteva con i mafiosi di fatti criminali gravissimi da loro perpetrati... senza destare in essi la preoccupazione di venire denunciati». Insomma, i fatti accertati grazie alle indagini della Procura di Caselli, «non possono interpretarsi come una semplice manifestazione di un comportamento solo moralmente scorretto e di una vicinanza penalmente irrilevante, ma indicano una vera e propria partecipazione alla associazione mafiosa, apprezzabilmente protrattasi nel tempo». Dunque Andreotti ha «commesso» il reato di associazione per delinquere con Cosa Nostra «fino alla primavera del 1980», reato «concretamente ravvisabile a suo carico» anche se «estinto per prescrizione».
Per gli italiani onesti, sarebbe meglio che quei fatti e chi li ha commessi non fossero mai esistiti. Ma, per chi li ha commessi, sarebbe meglio che non fosse mai esistito chi li ha scoperti. Ed è certo che, senza Caselli e i suoi colleghi di Palermo, quei fatti non sarebbero mai emersi. È questo che intende dire il cattolicissimo senatore a vita? Se sì, è in ottima compagnia. Sono trent'anni che il fior fiore della criminalità organizzata nazionale sospira: «Ah, se Caselli non fosse mai nato!». E si adopera alacremente per eliminarlo.
Fra gli anni 70 e 80 a Torino Caselli sfuggì per miracolo ad almeno due attentati mortali del terrorismo rosso: uno delle Br (operazione «Casella postale») uno di Prima linea (operazione «Autostrada», che fantasia), sventati dalle forze dell'ordine poco prima che andassero in porto. La prima volta doveva morire a pochi passi da casa, come Alessandrini. Si salvò grazie all'abilità della scorta.
Nel '92, dopo Capaci e Via d'Amelio, dalla Sicilia i giudici scappavano. Lui andò volontario a Palermo. Di quante volte la mafia abbia tentato di fargli la pelle, s'è perso il conto. Ogni tanto, senza spiegazioni, era costretto a cambiar casa dalla sera alla mattina. Sul pianerottolo del suo appartamento-bunker senza finestre, blindato come il caveau di una banca, stazionava in permanenza un soldato in assetto di guerra, con elmetto e colpo in canna, circondato da filo spinato e sacchi di sabbia. Poi dovette traslocare in una struttura militare a Boccadifalco, popolata soltanto di elicotteristi ed elicotteri. Un Natale era talmente in pericolo che fu caricato all'alba su un'auto e fatto girare come una trottola per l'Italia, continuamente trasferito da un posto all'altro come un sequestrato. Questo è l'uomo che un sette volte presidente del Consiglio, sul Giornale del presidente del Consiglio, vorrebbe non fosse mai nato. Questo è l'uomo che il governo in carica ha estromesso per legge dal concorso per la Superprocura antimafia. Si attende con ansia un governo che, anziché combattere Caselli, combatta la mafia. Così, tanto per cambiare un po’.
"Certi magistrati sarebbe meglio nn fossero mai esistiti" una frase del genere chi la direbbe?un mafioso sicuramente..Ah beh..dimenticavo ha parlato Andreotti che praticamente è la stessa cosa...e pensare che certa gente approva e applaude queste parole..Ah beh..era un convegno di Cl dimenticavo..
La cosa pazzesca è quasi il vanto con cui andreotti ostenta una prescrizione.
Cioè, non mi sembra molto onorevole per un pluri-Presidente del Consiglio, Ministro della Repubblica e Deputato di lunghissimo (infinito!) corso, ostentare così tanto la sua "estraneità" all'ambiente della mafia impugnando verbali di sentenza che lo giudicano inevitabilmente colluso con essa!!
Non so, mi sembra quasi infantile, come difesa...almeno cercasse di tacere e di non accennare mai più all'argomento neanche in lontananza per nessun motivo...sarebbe più conveniente per lui.
O forse nell'Italia decerebrata di oggi nessuno si scandalizza poi più di tanto per fatterelli del genere...anzi, probabilmente la maggioranza se sente dire "assoluzione" in tv è sazia e soddisfatta (e tranquilla), e resterà sereno tutta la vita sul fatto che andreotti è stato a tutti gli effetti assolto.
Tra parentesi, "E' completamente falso che ci sia questa ombra sulla definizione del processo» a me è suonato familiare...mi sa molto di replica berlusconiana...!
E' proprio grazie alle tv e ai "piu venduti" giornali come il Corriere e Repubblica se Andreotti può permettersi allegramente di mentire. Non è infantile è molto peggio: sfrutta la disinformazione consapevolmente.
Beh io nel calderone delle cose assurde di questa vicenda di metterei anche che la bella platea del "Meeting della Pace" ha accolto con folti applausi questo e ben altri interventi...Beh, erano migliaia, posso mai credere che nessuno abbia dissentito almeno uno dei numerosi sfalcioni che sono stati enunciati senza freni alcuni in quel contesto di "Pace e Amicizia"?
Egregio Senatore Andreotti solo un recidivo di mafia come Lei può tentare di far credere che non voleva far cadere il governo Prodi.Come tutte le persone poco dotate dalla natura con la sua gobba lei è per reazione una persona cattiva che siè arricchita con illeciti vari.Si fa la S.Comunione,ma spero che la giustizia infinita presto la colga e non con la morte,ma con sofferenze che normali persone sopportano senza il senato a vita.