Prologo: il topo.
Cosa bisogna fare per salire sulla metropolitana e trovarsi nel vagone accanto ad Albertini e Formigoni? Sostanzialmente nulla, salvo (1) decidere di non andare all'
Eicma in bici perché minaccia pioggia, (2) azzeccare il treno e la carrozza giusti e (3) accreditarsi per superare il muro impenetrabile di gorilla e vaiasse e scattare qualche foto ai due ceffi. In cambio ci si guadagna uno spaccato dell'itaglia che ci è toccata in sorte. Bello da vedere e annusare quanto questo topo, morto da una settimana e rimasto a marcire sotto il sole. Ma andiamo con ordine.
Atto primo: l'attesa.
Era uno strano scompartimento già dalla fermata Duomo, con un controllore a ogni porta che invece di controllare (panico:
«mamma mia, ma non è che per andare a Rho costa di più?») ai presenti, "scrutava nella notte" con fare misto eccitato-angosciato. L'eccitazione (fors'anche l'angoscia) è cresciuta progressivamente, fermata dopo fermata, proporzionalmente al numero di divise, in egual misura ATM e completi neri. A un certo punto l'eccitazione ha raggiunto il massimo (che fermata fosse non lo so, io giocavo a backgammon sul Treo, forse Cadorna), il treno si è fermato più del dovuto e sono comparsi LORO.
Atto secondo: l'entrata in scena
In realtà non sono comparsi proprio LORO, piuttosto un mucchio pazzesco di persone alternativamente arroganti e scodinzolanti, ma tutti egualmente sovreccitati (tranne due-tre chiaramente della Digos e altrettanto chiaramente impegnati a far credere di essere dei cerebrolesi e ci riuscivano). Che ci fossero LORO sotto il grappolo umano lo si poteva solo desumere dai continui e deferenti richiami:
«Presidente!» «Signor Sindaco!» «Da questa parte!» Riposto il backgammon, estratta la Leica, con la tessera rossa tra i denti per non farmi arrestare, ho sgomitato sbirri e vaiasse e mi sono avvicinato al Dinamico Duo (vedi foto).
Atto terzo: "per vedere l'effetto che fa"
Non avevo mai avuto occasione di avvicinare questi due notabili. Albertini è esattamente come te lo immagini: un ometto viscido, vocetta querula, reso arrogante da un'insicurezza esistenziale che traspira da ogni suo poro. Chiaramente in difficoltà per la presenza del collega più alto e più bello (ci vuol poco), insisteva senza successo nel patetico tentativo di avere su di sé l'attenzione e le Nikon che contano. Formigoni è di tutt'altra pasta: solido, tosto, disinvolto q.b., sorride con accurata parsimonia e parla come un attore consumato, in un perenne stato di trance da autocompiacimento (capirai, con quello che sta mettendo da parte). E' circondato da un nugulo di schiavi, accomunati dalla stazza ingente, a cui si rivolge con accondiscendente, ma distaccata familiarità.
Atto quarto: i primi lacché
Sarà la faccenda della castità, ma quando c'è di mezzo Formigoni, succedono dei Miracoli. Non c'è altra spiegazione. Vista la tizia bionda col sorriso enigmatico? Bene: su una decina di foto scattate da diverse angolazioni, lei compare sempre, manco fosse la Madonna di Lourdes. Col sorriso enigmatico che si accentua ogni volta che il suo signore e padrone dice una cosa, pronto a ritrarsi appena la parola passa a un essere inferiore. Ma non solo. Visto il tizio che ride gioiosamente ammirato per la battuta del Governatore? E' un cronista di Repubblica. Ha riso così a TUTTE le battute di Albertini e Formigoni, quei due devono essere meglio di Stanlio e Ollio e lui probabilmente ancora non si è accorto che non lavora a Libero.
Atto quarto: l'orda
E finalmente, ecco l'ultima fermata, siamo arrivati alla nuova Fiera! Al Dinamico Duo le partenze rapide sono precluse, non possono semplicemente uscire dal vagone, devono trascinarsi qualche tonnellata di carne pulsante di lacchè. E' stato quindi facile sgusciare davanti a loro per gabbare la ressa che immaginavo al banchetto degli accrediti stampa. Ahimé tapino, il più era ancora da fare. Perché per guadagnare l'ingresso dell'Eicma: c'è parecchia strada dai cancelletti della stazione al piazzale e poi dal piazzale lungo il camminamento - peraltro splendido - fino ai padiglioni. Mi aspettavo una piacevole passeggiata, è stata una guerra. Fin dai primi metri ho dovuto risalire la corrente di un fiume in piena, fatto di funzionari, guardiani, giornalisti, vaiasse, curiosi, addette stampa, carabinieri, dirigenti, piccoli imprenditori, eccetera che andavano incontro ai due Potenti. Era un'immagine incredibile, grandiosa e soprattutto molto vera dell'italica arte della genuflessione davanti al potente. Nonostante il traguardo ambito (zilioni di bici e affini da restare senza saliva) non ho potuto trattenermi dal dedicare qualche minuto all'osservazione. La dinamica potrebbe essere studiata da un entomologo: arrivano compatti al centro, con piglio affannato, per aprirsi poi a ventaglio - metà di qua, metà di là - a dieci metri dai Potenti, con una agile inversione a U verso l'interno, per unirsi al codazzo conquistando una posizione quanto più vicina possibile a Lui. La cosa incredibile è che quanto più gli sono vicini, tanto più ruotano sul proprio asse longitudinale (quello che entra dal centro del cranio ed esce dal buco del culo), rivolgendo il volto al Potente e le terga al mondo esterno. Tale rotazione li porta però ad assumere una curiosa andatura laterale, che ognuno interpreta diversamente. Chi saltella, chi cammina incrociando le gambe, chi striscia i piedi.
Epilogo: la "i" minuscola.
Simili eserciti di saltimbanchi, pagliacci, nani e ballerine si possono ammirare solo in itaglia. Sono accomunati dalla deferenza viscida e incondizionata per chiunque stia un gradino sopra nella scala gerarchica, ma sono pronti a pugnalarlo alle spalle appena qualcuno un po' più su garantisca loro impunità e avanzamento di grado. Sono pronti rinunciare a tutto - dal sabato sera in famiglia alla verginità dei propri orifizi - per gratificare il Potente, per una sua occhiata benevolente, per un ammiccamento che li faccia sentire prediletti, per un piccolo privilegio extra. Sono l'itaglia che non lavora, che non produce, che non partecipa, che non solidarizza, che non vive. Ahimè, sono l'itaglia vera, con la "i" minuscola. L'itaglia che striscia.
Post scriptum.
L'incontro casuale di Albertini e Formigoni ha scatenato in chi scrive lo sfogo di nausea e bile poi espulsi in questo post. Ma a scanso equivoci, sia detto con chiarezza che nausea e bile sono rigorosamente bipartisan: in queste stesse giornate si può assistere a scene analoghe (cambia solo un po' il look, in genere più informale) al Montestella di Milano, invaso dalla Festa de l'Unità. L'arrivo di un D'Alema, un Fassino, un Penati, un Prodi genera lo stesso agglomerato di lacchè. Colletti aperti invece di cravatte di seta, suole di gomma Tods invece dei tacchi a spillo Sergio Rossi, l'essenza resta la stessa. certo, le dimensioni del codazzo lateroprocedente variano in relazione alla situazione politica del Potente (governo od opposizione) e conseguentemente alle dimensioni del carnet di poltrone, poltroncine, privilegi e regalie di cui dispone.
Ma l'atteggiamento della sua Corte dei Miracoli è identico.
Non ci credi? Verifica.Per esempio stasera, sabato 17 settembre: c'è una cena di notabili della Provincia di Milano, portaborse, addetti stampa e giornalisti compiacenti al Montestella. Se vuoi rovinarti il fegato invece di farti pizza e bitrra in allegria, valli a osservare da lontano. Si azzanneranno i polpacci per le sedie accanto all'assessore, sfoggeranno sorrisi di circostanza e ordinanza a ogni sua frase, fremeranno di orgoglio se la loro battuta gli strapperà un sorriso. Allo stesso spettacolo assisteremo in grande quando arriverà Fassino - oggi Potente domani Potentissimo - per la cerimonia di chiusura. Saltimbanchi, pagliacci, nani e ballerine si allenano da una vita per riuscire a saltare sul carrozzone che passa e va.
Sarà uno spettacolo meraviglioso.
Esattamente come il topo che sta lassù.