IL RITIRO DA GAZA E I NUOVI RAZZISMI
di Piero Sansonetti
I giornali italiani, quasi tutti, sono impegnati in una campagna politica molto seria contro i palestinesi. Il Corriere della Sera, la Stampa, l'Unità, Libero, il Giornale. E' una campagna studiata bene e costruita in gran parte su notizie manipolate, corrette, mutilate, rovesciate. Ieri sulle prime paginedi ciascuno di questi quotidiani, in bella vista, campeggiava un titolo indignato contro la ferocia antisemita delle "folle" arabe che avevano dato fuoco alle sinagoghe. Si evocavano scenari di stragi e di terrorismo, si giungeva persino- lo ha fatto l'Unità - a paragonare gli abitanti di Gaza ai nazisti di Hitler.
Se avete la pazienza di leggerli, trascriviamo alcuni dei titoli di questi cinque giornali e poi vi mostriamo come gli stessi episodi sono stati raccontati dal New York Times, giornale che, probabilmente lo sapete, nessuno al mondo mai ha potuto accusare di essere contro Israele o addirittura - peccato ancor maggiore - di essere amico dei palestinesi. Il Giornale: "Festa a Gaza: al rogo le sinagoghe". Libero: "I palestinesi festeggiano: a fuoco le sinagoghe". Il Corriere: "Festa e violenza a Gaza, sinagoghe bruciate". L'Unità: "Gaza torna ai palestinesi, la folla dà fuoco alle sinagoghe abbandonate". La Stampa: "Gaza, assalto alle sinagoghe". Questi titoli (tranne quello di Libero) sono tutti in prima pagina, in una posizione centrale, a molte colonne e caratteri molto grandi. Poi ci sono i titoli interni. Alcuni raccapriccianti. Per esempio questo (la Stampa): "Le folle palestinesi irrompono a Gaza: bruciate le sinagoghe".Cosa vuol dire "le folli palestinesi irrompono a Gaza"? Evidentemente il titolista della Stampa non sa che Gaza è in Palestina e i suoi abitanti sono palestinesi. Dire che i palestinesi irrompono a Gaza è come dire: "Folla di romani irrompe a Roma"; oppure: "Folla di giornalisti della Stampa irrompe alla Stampa... "
Il New York Times - giornale sempre attentissimo al medioriente - tratta la vicenda di Gaza con minore enfasi. Un titolo piccolo in fondo alla prima pagina, che dice: "Gli abitanti di Gaza vengono alla luce e setacciano gli ex insediamenti israeliani". Nessun riferimento a Sinagoghe, fuoco, orde (termine usato dal Giornale in un sottotitolo), folle, devastazioni, irruzioni, nazisti. Il titolo dice solo che dopo anni nei quali era loro proibito avvicinarsi a certi luoghi di Gaza ora i palestinesi circolano liberamente, si mostrano, "setacciano" tra i resti dell'occupazione. La foto pubblicata dal New York Times non è di una Sinagoga bruciata ma di un edificio abbattuto dagli israeliani prima del ritiro. Poi nell'articolo, molto dettagliato (per l'esattezza, nell'ultima parte dell'articolo) il giornale americano riferisce anche degli incendi davanti a due sinagoghe (su 19) e spiega bene come sono andate le cose: "Israele aveva raso al suolo tutti gli altri edifici nei "settelementes" (le colonie occupate) e in accordo con l'autorità palestinese avrebbe dovuto radere al suolo anche le sinagoghe, ma all'ultimo minuto ha scelto di non distruggere le sinagoghe perché un certo numero di conservatori israeliani aveva osservato che sarebbe stato sbagliato per degli ebrei distruggere le sinagoghe. E così sono state lasciate in piedi ed esposte ai vandalismi". Il New York Times racconta che davanti a due di esse sono stati appiccati degli incendi, mentre altre erano circondate dalla milizia palestinese che ha impedito a gruppi di "combattenti armati" di avvicinarsi. Le Sinagoghe saranno abbattute nei prossimi giorni, secondo l'accordo raggiunto tra israeliani e palestinesi, così come sono stati distrutti (dagli israeliani) tutti gli altri edifici costruiti dai coloni per dar via alla ricostruzione di Gaza.
Vi sembra appropriato, di fronte a questi fatti, parlare di terrorismo, o addirittura - con raccapricciante vena polemica - paragonare gli incidenti di lunedì alle infamie naziste e agli anni atroci dell'olocausto? Naturalmente non lo è. E sarebbe da ciechi non osservare che il nostro è l'unico paese dell'Occidente con un fronte di stampa molto ampio e compattamente schierato su posizioni antipalestinesi, così faziose, così preconcette, così feroci (basta leggere l'editoriale di Piero Ostellino dell'altro ieri, del quale hanno parlato con grande lucidità ieri Luisa Morgantini sul nostro giornale e Sandro Viola su Repubblica) da far temere il crearsi, in Italia, di una vera e propria area "razzista".
P. S. Se l'autorità e il popolo palestinese avessero deciso unilateralmente, a prescindere dagli accordi con gli occupanti israeliani, di lasciare in piedi una o due sinagoghe - simbolo di una religione che è rispettabile come tutte le altre religioni e che non può essere identificata con l'esercito invasore o con il suo governo - avrebbero dato una prova di tolleranza e
di ampiezza di vedute straordinaria. La maggioranza degli italiani, però, non lo avrebbero forse mai saputo, perché non credo che i nostri giornali lo avrebbero annunciato con rilievo.
Gentile Direttore,
abbiamo letto, con non poco sconcerto, le considerazioni che Lei ha sostenuto nell'editoriale del 14 settembre scorso dal titolo "Campagna di stampa contro i palestinesi" a proposito del rogo delle sinagoghe a Gaza dopo l'abbandono degli insediamenti nella Striscia di Gaza.
Nel suo editoriale Lei non descrive ciò che è accaduto, ma si limita ad analizzare testi, titoli e parole di altri giornali, in funzione di un solo fine: osservare che nei confronti dei Palestinesi c'è un pregiudizio. Noi proponiamo un giudizio su quell'atto, non abbiamo letto il suo.
Si può discutere di molte cose e del modo in cui sono riportate le notizie, si può ironizzare e fare dei distinguo filologici (come Lei ha proposto ai suoi lettori), ma non si può dire che un gatto è un cono gelato: all'indomani dell'abbandono di Gaza da parte degli israeliani, gesto che va nella direzione della pace, alcune folle palestinesi hanno bruciato le sinagoghe che le autorità religiose israeliane hanno vietato di abbattere ai militari. Alcuni militari palestinesi hanno difeso altre sinagoghe, è un buon segno, ma non può permetterci di tacere il resto. Sarebbe come se sul suo giornale per descrivere la società politica israeliana si parlasse solo degli atti della sinistra pacifista israeliana e non della destra che si è opposta alla scelta di Sharon.
Da un millennio bruciare sinagoghe fa parte di una precisa simbologia politica. E' per questo che quell'atto ha colpito l'immaginario di tanti.
Questo atto appartiene alla prassi di una cosa che universalmente si chiama antigiudaismo. Non solo all'interno dell'antisemitismo razzista del XX secolo.
E' vero, è consuetudine dei movimenti di emancipazione e di liberazione esprimere la raggiunta libertà in gesti e in atti anche violenti. Se ne può capire il loro valore simbolico (solo simbolico e non culturale programmatico) se quel gesto è anche accompagnato da atti politici che dicono di una nuova e vera libertà.
Ma, le chiediamo: distruggere una sinagoga (una moschea, una chiesa) è come distruggere un edificio o un monumento simbolo di un'oppressione? È come distruggere una sede politica o militare, una caserma, una postazione di polizia, un carcere ? Come avrebbero reagito i giornali che lei accusa di razzismo, se gli israeliani nella Striscia di Gaza avessero bruciato una moschea, anche abbandonata. Tutto il mondo avrebbe messo sotto accusa Israele.
Noi non siamo per facili paralleli: quei roghi non ci hanno fatto pensare alla tragedia nazista ma certo ci hanno riportato alla memoria (anche personale) dei roghi delle sinagoghe, delle case e delle officine degli ebrei nei paesi arabi, ad una lunga storia di antisemitismo promosso dal nazionalismo panarabo che ha causato la fuga di quasi un milione di ebrei da quelle terre.
Rivedere folle (non individui) bruciare un luogo di culto ha messo in moto la memoria di milioni di ebrei che hanno trovato rifugio in Israele, la memoria nostra di ebrei italiani e di sinistra: francamente ci meraviglia che non abbia mosso la sua.
All'indomani della fuoriuscita da Gaza, il rogo delle sinagoghe non parla agli israeliani di un futuro dialogo.
All'indomani della fuoriuscita da Gaza i palestinesi hanno l'urgenza di esprimere una politica, chiara, che prefiguri la società politica che sorgerà, che anticipi l'ordinamento statale, che chiarisca quale democrazia politica saranno in grado di costruire. E il tempo non è infinito.
Se sulla scena rimangono solo le fiamme delle sinagoghe, il programma e il profilo della "società che verrà" ci sembrano almeno discutibili, se non preoccupanti. Tutto il mondo sa che sopratutto a Gaza si giocherà il confronto più duro tra l'intransigenza guerrafondaia di Hamas e il governo di Abu Mazen, impegnato nel dialogo con Sharon. Noi ci auguriamo che vinca la linea del dialogo, quella che ha ordinato ai poliziotti palestinesi di difendere le sinagoghe.
L'esercizio dell'ironia, l'accusa di razzismo a chi non ha gradito vedere quei roghi, e la mancanza di senso critico per gli atti compiuti dalla dirigenza o dalla società palestinese, non ci sembrano né lo strumento più adeguato per capire né l'aiuto di cui i palestinesi abbiano ora più bisogno.
David Bidussa, Emanuele Fiano, Claudia Fellus, Victor Magiar
Io da ebreo ex italiano di sinistra chiedo a Bidussa, Fiano, Fellus e Magiar (persone, in particolare Fiano, per le quali ho una sorta di venerazione) che cosa si aspettavano che succedesse dopo tutto quello che NOI ebrei abbiamo fatto? Si aspettavano di trovare una congrega di buoni samaritani che, guardando le macerie delle case coloniche distrutte, memori di anni di sofferenze inenarrabili, entrassero a pulire e lucidare le sinagoghe lasciate? Non dovrebbe proprio iniziare dal comprendere anche la rabbia dell'altro, così come noi abbiamo chiesto (mio nonno mi diceva sempre di non recedere nel far comprendere che rabbia ci ha lasciato dentro la persecuzione) l'inizio di una nuova comprensione?.
Incredibile!
L'ideologia vi ha portati a perdere perfino l'istinto di conservazione...
La mia teoria si conferma ancora una volta: "per un paese in cui perfino gli ebrei riescono ad essere s****zi, non v'è speranza".
Indubbiamente l'articolo di Sansonetti ha una sua logica. Fila abbastanza liscio ed è condivisibile, almeno in parte, quando accusa talune testate giornalistiche di avere calcato la mano sugli eventi accaduti recentemente nella Striscia. Esce dal seminato e pecca dell'ipocrisia di cui accusa le suddette testate quando comincia ad attaccar la solfa della "campagna studiata bene e costruita in gran parte su notizie manipolate, corrette, mutilate, rovesciate". Gli eventi sono stati ripresi dalle TV di mezzo mondo, e la loro "natura" è incontrovertibile. Egli Incorre nell'errore in cui non infrequentemente incespicano i giornalisti (preparati, arguti e agguerriti, per carità) di sinistra: incentrare tutto sulla "questione morale". Tutte le testate giornalistiche italiano non hanno preso in considerazione la valutazioni di carattere teleologico riguardanti l'opportunità o meno di pubblicare, ciascuno secondo il proprio specifico orientamento politico, notizie che "potrebbero" costituire la backbone per una vergenza neo-razzista. Noi di Liberazione lo abbiamo invece fatto. Non metto in discussione la buona fede di Sansonetti, ma ritengo che sciogliere i cavalli della "questione morale" in una materia così delicata rischi di creare un esiziale effetto boomerang.
in secundis, io mi considero filo-sionista, ma non per questo antipalestinese.
Se posso (con qualche sforzo, in effetti) capire, e non condividere, il comportamento di chi si è visto azzoppato e costretto a saltare nella Striscia per diversi decenni, e mi riferisco al furore iconoclasta dei Palestinesi, posso altresì comprendere lo sdegno che un comportamento del genere (a mio giudizio beceramente istintivo, più che volto a dichiarare una terza Intifada...) ha causato nella comunità ebraica internazionale (Ok, Garp a parte).
La questione secondo me è più sottile: il nuovo corso politico inaugurato da Sharon, il quale ha, nonostante l'opposizione interna dell'estrema destra che ha contribuito a farlo eleggere, portato via i Coloni da Gaza, che ha parlato all'Assemblea generale dell'ONU di piena legittimità per i Palestinesi ad avere uno stato sovrano proprio, ha cambiato in maniera radicale ed inaspettata le dinamiche interne a tutto il Medio Oriente, causando inoltre serie difficolta a tutto quel mondo mediatico da sempre notoriamente "contro" le azioni promosse da questo lungimirante leader.
Ora sono i Palestinesi sul banco di prova: se la dirigenza di Hamas (si scrive con l'"h"?) e l'"esecutivo" palestinese dimostreranno altrettanta lungimiranza, anche frenando il comprensibile furor populi nei confronti degli edifici religiosi ebraici, potrebbe davvero aprirsi un periodo se non di pace comunque positivamente volto al conseguimento della medesima.
Che poi Sharon abbia dimostrato una scaltrezza non comune, mettendo di fronte ad una non facile responsabilità la sua controparte palestinese, è fuor di dubbio.
Ma la Politica è anche questo, no?
Una piccola considerazione a margine: è straordinario scoprire, una volta di più, come il New York Times e Liberazione adottino lo stesso approccio giornalistico.
O tempora O mores...
"1 voto a fotone per la sezione spazzatura!"
Dal mio punto di vista si può ammettere, credo tranquillamente, che gli atti di vandalismo contro le sinagoghe abbandonate nella striscia, fossero attesi e inevitabili - in questo senso NON sono stati una notizia e il NY Times giustamente così li ha trattati.
Restano comunque un atto di vandalismo, un modo di manifestare soddisfazione molto simile ai palestinesi armati che hanno festeggiato la partenza degli ultimi coloni sparando per aria, forse per dare un tocco militaresco a una conquista leggittima, nata però non dalle armi, ma invece dalla mediazione politica non facile, interna alla società israeliana.
Un tocco militaresco forse inevitabile, ma anche molto criticabile, soprattutto di fronte a un gesto inequivocabile di distensione, il cui significato e potere dipenderanno molto anche dalle risposte che otterrà nel futuro immediato da entrambe le parti in conflitto.
Nei fatti di Gaza colpisce invece, ed era il senso del fondo di Ostellino sul Corriere, che qui Sansonetti sintetizza molto male, nei fatti di Gaza colpisce il potere esagerato dei gruppi armati nella società palestinese, e la determinazione di quei gruppi di usare le armi per dare risposte; sia in situazioni di pace - com'è stata lo sgombero dei coloni - sia in quelle conflittuali.
La notizia data da Ostellino, e ignorata da ogni altro giornale italiano, era che il rapimento lampo del giornalista del Corriere, Cremonesi, è stata una forma di protesta palestinese contro la corruzione dei propri dirigenti e contro la scelta armata di certi potenti gruppi interni (hamas ovviamente), che per armarsi sottraggono risorse (anche quelle offerte dalla comunità internazionale ed europea in particolare) allo sviluppo del paese e della comunità - una scelta che secondo i rapitori è inaccettabile, ed è responsabile della povertà nella striscia almeno quanto alcune politiche invasive israeliane.
Conclusione di cui è difficile non rendersi conto e non essere d'accordo, tranne che per i nostri giornali.
Nella stampa italiana l'articolo di Ostellino è andato completamente perduto: perfino la risposta di Viola, il giorno dopo su Repubblica, ha ignorato del tutto la notizia principale, il fatto (alcuni palestinesi denunciano che la scelta armata sottrae risorse ai palestinesi), per concentrarsi sulla solita e trita difesa che attaccare Sharon non significa essere anti-semiti eccetera eccetera, che riporta l'informazione giù, su quel livello di stronzate avulse dai fatti tipico della nostra stampa, e molto dannoso alla comprensione dei fatti stessi e quindi alla possibilità di intervenire con qualche ragione.
L'articolo di Sansonetti è dello stesso livello, con la variante nuova e fantasiosa che il complotto della stampa stavolta è antipalestinese, mentre la vera notizia, cioè l'evoluzione degli umori a Gaza dopo il ritiro dei coloni, sparisce.
A parte il fatto che io personalmente mi sento umiliato dai continui riferimenti e paragoni al nazismo, e dalla frequenza con cui da noi vengono fatti a sproposito di qualsiasi cosa, e credo che per decenza personale non dovrebbe essere così facile né frequente cercare somiglianze col nazismo, mi rendo anche conto che se non si fa informazione ma si scrivono stronzate, come qui Sansonetti, si facilita l'uso di quei paragoni: per ignoranza, per noncuranza.
E' chiaro che poi il rogo delle sinagoghe nella striscia prende un'importanza simbolica sproporzionata, che non le competerebbe affatto.
quelle bruciate non erano piu' sinagoghe, non c'erano sefer torah, quindi erano degli edifici qualunque :-)
(questo e' sia per gli stronzi che hanno perso tempo a bruciarle che per gli altri stronzi che hanno perso del tempo a denunciare il fatto)
Sottoscrvio berja al 100%
Giusto Berja concordo, anch'io ho pensato che hanno bruciato "chiese" sconsacrate, ma....tutti noi sappiamo che avrebbero bruciato quegli edifici anche se i sefarim (i rotoli della torah) vi fossero stati lasciati...lo sappiamo...ma nella fattispecie e in questo momento politico di grandi attese...non ci interessa commentarlo. Sta di fatto che il Sansonetti, che ho molto spesso apprezzato, ha cannato, in questo caso, il taglio dell'articolo. Viola invece non lo tollero nella maniera più assoluta.
Naturalmente sottoscrivo anche io ciò che dice Berja e ho commesso l'errore di non specificarlo nel mio post, ma chiedo ancora, che reazione ci si poteva aspettare?
lo sappiamo turco, lo sappiamo; ma sappiamo pure che visto il livello cui e' arrivato lo scontro difficilmente si sarebbero frenati dal farlo, almeno i piu' esagitati.
con cio' si evidenzia che la gran parte dei giornalisti europei quando si parla di ebraismo e di israele non capisce un cazzo e che parlano a sproposito, siano essi di destra o di sinistra.
berja ha centrato il problema: qualche decina di stronzi ignoranti dà fuoco a delle mura di mattoni e cemento, e qualche migliaio di stronzi scribacchini, anche loro ignoranti, butta benzina sul fuoco. niente di più.
bravo berja
e aggiungo: a Bidussa, Fiano, Fellus e Magiar quando dicono "distruggere una sinagoga (una moschea, una chiesa) è come distruggere un edificio o un monumento simbolo di un'oppressione?" vorrei dire che a milano hanno trasformato - un po' di anni fa - una chiesa sconsacrata in un locale alla moda (il che è molto peggio delle fiamme e della cenere); nessuno ha gridato all'anticattolicesimo!!! ;-)
Concordo in pieno con la risposta di Bidussa, Fiano, Fellus e Magiar. Mi pare indispensabile, in questo momento, sottolineare che quei roghi - oltre che segno d'odio e d'intolleranza contro gli ebrei considerati occupanti quasi per definizione - sono un segno di frattura interna alla società palestinese, una faglia di conflitto che può farsi guerra civile e, nell'interesse di tutti, è bene che un occidente cosciente faccia sentire la sua voce e dica - come fanno Bidussa, fiano fellus e magiar - da che parte sta. Sconcerta il testo di Sansonetti non per il sapore ideologico che francamente era ampiamente preventivabile, ma per la mancanza seria di un'analisi culturale e giornalistica che sappia fare distinguo seri, ad esempio, tra militanti di hamas e timidi tentativi di risposta nell'ANP. E' assai più comodo, per i tanti compagni sansonetti, evitare di ammettere che la guerra civile interna alla società palestinese dice qualcosa che va ben più in là delle colpe e delle responsabilità del "nemico sionista". Il balsamo del manicheismo, del resto, ha sempre curato tanti mali e certi interventi postati qui sopra, invero, mostrano che è ancora merce buona nel XXI secolo che si vanta di avere seppellito le ideologie.
"...di stronzi scribacchini, anche loro ignoranti, butta benzina sul fuoco. niente di più."
Non credo che Sansonetti sia uno stronzo scribacchino, nè tanto meno ignorante. Trovo invece deprimente constatare che la realtà viene ancora una volta osservata e commentata con occhiali deformati dalla ragion di partito e dall'ideologica.
"vorrei dire che a milano hanno trasformato - un po' di anni fa - una chiesa sconsacrata in un locale alla moda"
Nel cuore di Milano c'è una bellissima chiesa sconsacrata da diversi decenni e trasformata in una famosa sala d'incisione frequentata da Mina e soci (oggi non più). Chissa quanti milanesi sanno dov'è...
Sono d'accordo con Aleph su Sansonetti. Piero era una delle mie letture preferite quando scriveva su l'Unità, occupandosi di politica interna. Il suo modo di leggere gli eventi, sempre in tono positivo-propositivo, mi piaceva molto. Soprattutto, non dava la sensazione di essere un dipendente dei DS (cosa che di fatto era), ma un giornalista, pur schierato a sinistra, che cercava di fare il suo mestiere nel modo migliore possibile.
Dopo il suo passaggio a Liberazione l'ho seguito per un po', per non perderlo. Ma la mia sensazione è che abbia cambiato mestiere: da giornalista de l'Unità a ufficio stampa di Bertinotti. No buono.
IO vorrei chiedere che senso abbia avuto lasciare delle mura su in un territorio ormai straniero. Grazie delle risposte.
bella domanda che necessita di piu' risposte:
1) l'esercito non poteva permettersi di abbaterle, come avrebbe detto il buonsenso, si sarebbe scatenata l'ennesima bagarre con la destra religiosa
2) i religiosi non le hanno volute abbattere un po' perche' non si abbatte una ex sinagoga (lo facevano i cosacchi e i nazisti) un po' per lasciare comunque un segno della loro presenza un po' perche' comunque fosse andata potevano dare la colpa di tutto a sharon
3) sicuramente c'e' stato un minimo di calcolo, visto che gran parte delle case erano state abbattute (politica gia' seguita 40 anni fa nell'abbandono di taba e del sinai, malgrado l'egitto all'epoca si fosse proposto di pagare gli edifici), con tutta probabilita' gran parte degli strateghi israeliani sapevano di avere una vittoria mediatica comunque, se le ex-sinagoghe fossero rimaste in piedi si sarebbe mostrata la supinita' dei palestinesi ai simboli della presenza ebraica, se fossero state distrutte si sarebbe gridato con sdegno all'atto "antisemita ricordo di tempi etc etc" (com'e' poi puntualmente accaduto).
Berja, se mi assicuri che ci sono almeno altre tre persone lucide come te in Italia, ci torno. Concordo completamente
Grazie Berja, mi sembrano tre motivazioni plausibili e quanto mai di piccolo opportunismo politico.
Mi chiedo che fine possano aver fatto dopo il '54 eventuali monumenti pan-slavi eretti a Trieste dutante l'occupazione jugoslava e li' lasciati al momento del ritiro.
Stiamo discutendo di piccole mosse di piccoli uomini.
Dunque, all'indomani del ritiro definitivo da Gaza nessun giornale online straniero tra quelli che ho controllato (Lemonde, elpais, elmundo, clarin, Figaro, Bbcnews, Guardian, Cnn) indicava l'assalto alle sinagoghe come il fatto saliente della giornata. Non perchè ignorato, né a causa di un'informazione lacunosa e svogliata: anzi esattamente per la ragione opposta: proprio perché la copertura che si dedica a queste notizie all'estero è più attenta e dettagliata si parlava e dell'episodio delle sinagoghe e di tutti gli altri avvenimenti caratterizzanti quella densa giornata. Per esempio il vandalismo contro alcune serre che ha catturato l'attenzione e lo sdegno di molti osservatori, in quanto sono tra le strutture che è tutto nell'interesse dei palestinesi conservare intergre. E ancora le scene di festa, e la riunificazione delle famiglie al confine con l'Egitto, con annessi incidenti e reazione dei soldati egiziani, e le dichiarazioni minacciose di Hamas, e quelle di circostanza di un ANP in difficoltà, e i tanti che si sono spinti al confine verso israele per sventolare le bandiere, irridere ai vicini o anche solo curiosare.
Insomma ognuna di queste testate ha dedicato alla storica giornata più articoli ed analisi, in modo tale da poter dettagliare in tutte le sfaccettature e senza fare sconti a nessuno l'avvenimento. Ovviamente gli editoriali concentravano le preoccupazioni sulle incognite del nuovo scenario e sulla capacità dei palestinesi, con un'Autorità centrale debole, un Hamas montante, lo scontento e l'indisciplina che si diffonde tra le stesse fila di al Fatah di riuscire ad amministrare e contenere la situazione. Insomma le stesse cose che da noi passano come coraggioso superamento di un tabù e audace presa di posizione (cfr. Ostellino). Il tutto raccontato senza che nessuna di queste fonti si senta in dovere di impepare le prime pagine con sensazionalistici titoli sulle sinagoghe che bruciano.
Mi risulta che del perchè questo invece avvenga da noi, e solo da noi, su tutte le testate nazionali né i firmatari della lettera, né gli amici commentatori, né altra voce pubblica abbia dato una spiegazione, ma neanche una segnalazione. Perchè è la norma, sempre ogni giorno su qualsiasi argomento. Non ce ne si accorge neanche più del modo in cui vengono urlate le notizie e dello spregio per la capacità di discernimento del lettore che ne traspare. Non ci accorgiamo più dell'infima qualità dell'informazione che alimenta il nostro dibattito pubblico.
Quindi io non seguo Liberazione e Sansonetti ma se è l'unico ad aver denunciato questa anomalia non posso che complimentarmi per la capacità di resistenza e lucidità. Dopodichè credo che tragga una deduzione affrettata nell'attribuirlo al pregiudizio antipalestinese. Quando invece è sciatteria e mancanza di professionalità, che per certi versi è più grave.
Se voi fate tutti i giorni questo sano esercizio di lettura comparata tra i nostri e i giornali di fuori vi accorgerete subito della differenza. Su qualsiasi argomento e indipendentemente dalla collocazione politica. Chessò nella notte delle elezioni in Germania repubblica.it titolava con evidenza che la sinistra era al 50% e non appena i dati gliel'hanno consentito hanno sostituito nella foto di occhiello l'Angela Merkel attesa vincitrice con un raggiante Schroeder. Anche in questo caso non è tecnicamente falso il dato del 50%, ma nessuno si sogna di caratterizzare in quel modo la lettura delle elezioni, vista la tradizione delle alleanze in quel paese. E considerato l'effetto che un titolo del genere può avere su un impreparato lettore italiano, si sta praticamente passando una notizia falsa.
In conclusione Fiano e Bidussa dicono cose condivisibili, ma sono fuori obiettivo rispetto al loro interlocutore. Infatti rinfacciano a Sansonetti lo stesso errore che Sansonetti imputa alla stampa italiana: non occuparsi oggetivamente della sostanza della notizia, per perdersi invece in una visione semplificata e pregiudiziale. Essendo l'argomento principale dell'editoriale il modo in cui il giornalismo italiano ha raccontato Gaza, ma non Gaza stessa, rispondergli sui fatti significa non aver colto il senso profondo del suo discorso.
La seconda parte in un secondo commento: meglio rilasciare intanto questo.
L'articolo di Viola a cui fa riferimento anche Palmasco può essere letto quà:
http://www.margheritaonline.it/stampa/scheda.php?id_stampa=20404&sezione=1