L’irruenza della lettera di Roberto Farabone è forse giustificata dal clima di finzione con cui si caratterizza oggi una parte del mondo politico italiano. Ogni giorno c’è qualcuno che si arruola nelle file della fede, che è pronto a sostenere qualunque cosa detta da una personalità della Chiesa non perchè condivida o patecipi, ma per sentirsi al sicuro. È comprensibile, non sapendo più dove sta il potere, in un Paese allo sbando. Per questo occorre apprezzare la calma con cui i leader del Centrosinistra, a cominciare da Romano Prodi, hanno affrontato l’argomento. Prima lo hanno proposto. Poi lo hanno chiarito e precisato senza partecipare alla gara dei finti credenti. Anche perché alcuni di loro sono veri credenti. Come sarebbero stati felici, i finti credenti, di poter accusare qualcuno del Centrosinistra di avere zittito la voce di preti e di vescovi. Ciò non è accaduto. La risposta è stata definire, chiarire, ripetere. Insomma un altro episodio di quella civiltà democratica che è stata - e che sarà di nuovo - il governare del Centrosinistra.
Ma il lettore Farabone non è fuori tema se si preoccupa dell’effetto intimidazione che parole di fonte religiosa e autorevole possono avere sulla libera vita politica di un Paese. È stato detto, opportunamente, che alla libertà (di religione e predicazione) si risponde con la responsabilità (che in politica vuol dire rendere conto agli elettori) del proprio lavoro.
Reponsabilità in questo caso vuol dire garantire diritti. Infatti, come tutti ricordano, l’intera questione che stiamo discutendo, comincia con la lettera di Romano Prodi sulla tutela delle coppie e di fatto, si sviluppa con l’intervento del Cardinale Ruini e si conclude con il civile riscontro di Prodi, Fassino e di alcuni (non tutti) altri leader del Centrosinistra che, proprio per non dover sottomettere il proprio operato a valutazioni diverse dalla responsabilità verso i propri elettori, si guardano bene dal censurare l’espressione dal punto di vista di un autorevole religioso. Ma confermano gli impegni presi, che corrispondono alla civiltà del Paese e all’ambientazione del diritto e della vita italiana nel diritto e nella vita europea.
Restano alcune affermazioni che non appartengono alla teologia. E alcune parole che non si capiscono. Vediamole.
La prima è “incostituzionale”. Il cardinale Ruini ritiene che sia incostituzionale proteggere i diritti di coloro che, per amore, solitudine o disperazione, vivono insieme e vorrebbero, in base a un sentimento che la religione ritiene fondamentale e prezioso, aiutarsi e restarsi accanto anche nelle ore difficili, fare in modo che quello dei due che sopravvive non perda - una volta restato solo - ciò che ha potuto avere vivendo insieme.
Devo confessare che sono un po’ stupito che il cardinale Ruini, in un contesto teologico generale, invochi una particolare Costituzione, quella italiana, mentre ci sta parlando di eventi che, almeno dal suo punto di vista, non sono locali. In termini giuridici il problema posto da Ruini è il seguente: estendendo un diritto, si può andare oltre la Costituzione e fuori di essa. Molti di noi credevano che la Costituzione garantisse l’inviolabilità di un diritto, non il suo limite. Eppure ci viene detto che si tratta di un limite obbligatorio. Il diritto c’è, ma non più di tanto. Non è un azzardo giuridico? Il cardinale è colto però non è un giurista. Vorranno dirci i costituzionalisti se c’è un fondamento alla sua ammonizione, che non è da prelato ma da esperto delle leggi italiane?
Subito dopo abbiamo ascoltato il cardinale Sodano che dice: «Bisogna intendersi: si parla di diritti veri o di desideri? Si parla di una serie di aspirazioni o di veri e propri diritti?»
E passa a spiegarci che, se si tratta di desideri, non occorre occuparcene. Introduce, così, molti problemi, nessuno dei quali è teologico. Come, quando, chi definisce “un vero diritto”? Se bastassero le leggi che ci sono già in un dato momento della storia, i bambini sarebbero ancora frustati, le donne non avrebbero mai votato, i lavoratori avrebbero lavorato cento ore alla settimana e niente domenica e il delitto d’onore sarebbe ancora nel nostro codice.
Il cardinale Sodano ricorda con orgoglio che noi siamo il Paese del diritto romano. Intende dire che, noi, più di altri Paesi, dobbiamo ossequio alle leggi, non ai desideri. Difficile evitare due osservazioni. La prima è che il diritto romano prevedeva,come pena legale, la crocifissione. Ed è dunque una buona cosa che non sia più in vigore. La seconda è che, senza desideri e aspirazioni che chiedono leggi, nessuna nuova legge sarebbe mai arrivata. O ci sarebbo solo le leggi che garantiscono le esigenze del potere.
Forse qui non ci serve il giurista, lo storico o lo psicologo, ma solo un pò di calore umano. La costituzione americana si occupa del desiderio di felicità, ne fa un diritto, e non c’è mai stato scandalo. Se mai, ammirazione. In Italia non pretendiamo tanto. Solo di non veder disprezzato il desiderio di due persone di volersi bene, due persone che, volendosi bene, chiedono una piccola parte di protezione giuridica perchè uno dei due non debba sentirsi chiedere un giorno: «Ma lei chi è?»
Basta con le solite critiche prevenute e distruttive. E basta con le malignità. Non è vero -ad esempio- che il centrosinistra, prim’ancora d’aver vinto, sia già spaccato. E non è vero che Francesco Rutelli sia sempre in cerca di un pretesto per distinguersi dagli altri, e specialmente da Romano Prodi.
A testimonianza di questa rinnovata armonia nell’Unione, “Cronache da Bisanzio” è in grado di svelare ai lettori di “Libero” che proprio su una vicenda delicata come quella delle coppie di fatto, su cui pure non sono mancate diversità di toni e contenuti, alla fine -invece- a sinistra hanno trovato la mitica “quadra”. C’è voluta una lunga riunione a porte chiuse, ma il risultato è stato raggiunto, coinvolgendo -quel che è più importante- non solo le segreterie dei partiti, ma pure l’associazionismo, la società civile, il movimento per la pace, e -insomma- tutto quel grande popolo che rende giustamente orgogliosi gli intellettuali italiani più impegnati, da Giorgio Bocca a Enzo Biagi, da Umberto Eco a Pupo.
Qual è la soluzione adottata? Né “PACS” né “CACS”, ma “SAPL” (sigla che sta per: “Sarchiapone Asiatico a Pelo Lungo”): una formula che, al di là delle tecnicalità e delle differenze tutte nominalistiche, si fa carico di risolvere le tre questioni più scottanti, e cioè la reversibilità della pensione, l’affitto e l’eredità. E alla fine, si sono trovati tutti d’accordo, con la sola eccezione di Clemente Mastella, che ha voluto lasciare a verbale il suo duro e motivato dissenso. Ma procediamo con ordine.
Reversibilità della pensione. Chi stipula il SAPL ha diritto a vedersi riconosciuta la pensione del compagno o della compagna eventualmente deceduti. E però (ecco le novità dell’accordo), dovrà sopportare qualche decurtazione a fini di utilità sociale (insomma, chi vuole il SAPL qualche sacrificio dovrà pur adattarsi a farlo!): un quinto della pensione dovrà essere necessariamente girato a CGIL, CISL e UIL; e un ulteriore otto per mille dovrà essere destinato alla Conferenza episcopale italiana. Per la verità, Bertinotti, in nome del pluralismo, voleva includere pure le altre confessioni religiose, ma gli è stato risposto di no, perché la priorità è ricucire con Ruini. Durissimo il giudizio di Mastella, che grida alla discriminazione, e reclama l’otto per mille pure per l’Udeur.
Affitto. Chi stipula il SAPL avrà diritto a rimanere nella casa del compagno o della compagna eventualmente deceduti, ma -anche qui- con qualche piccola limitazione, sempre nell’interesse pubblico. Una stanza dovrà essere destinata a sede locale dell’ARCI; un’altra a sede della Caritas; un’altra ancora a sede di Legambiente. Anche in questo caso, durissimo il giudizio di Mastella, che grida alla discriminazione, e reclama una stanza pure per le sezioni locali dell’Udeur. Ma il leader beneventano, che sa come trovare una mediazione ragionevole, ha concesso un’alternativa: il firmatario del SAPL, se proprio non vuole concedere una stanza al partito del “Campanile”, deve almeno impegnarsi a trascorrere ogni anno due settimane di vacanze presso il Grand Hotel “La Cozza” di Telese (albergo a quattro stelle o a quattro cozze, non sapremmo dire).
Eredità. Chi stipula il SAPL ha diritto ad ereditare, ma -pure in questo caso, e sempre nella logica del superiore interesse sociale- con qualche accortezza: una quota (un quarto dell’asse ereditario) va destinata ai compagni dell’Unipol (per ulteriori scalate bancarie, necessarie -come si sa- al raggiungimento delle finalità proprie del movimento cooperativo); un altro quarto va destinato come contributo obbligatorio all’Associazione Nazionale Magistrati (perché “non si deve mai abbassare la guardia” e “la tensione non deve calare”); infine, una quota a piacere può essere devoluta -alternativamente- all’Usigrai, oppure all’acquisto di un passamontagna nuovo per Luca Casarini, di uno shampoo per Giulietto Chiesa, di una pashmina per Lilli Gruber, o di una crema idratante per Pietro Folena. Durissimo il giudizio di Mastella, che grida alla discriminazione e tuona: “E a noi niente?”
Daniele Capezzone
Ruini, vediamo ... qualche decennio orsono mi pare fosse vescovo a Palermo, diceva che la mafia non esiste, difendeva "le famiglie" (non tutte, solo le più importanti: Corleone, Liggio, Provenzano, eccetera) perchè si mostravano molto cattoliche, andavano a messa la domenica e lasciavano offerte sostanziose. Poi sbarcò a Roma ed ora ... Certo che anche lui ne ha fatto di strada!
dai certosina che ti ricordi meglio di noi, indicaci un po' di links o articoli per aiutarci a rinfrescare la memoria. intanto io (facendo riferimento ad altri threads sul desso) ricordo a tutti l'amicizia personale di ruini con fazio. visto che bravo, ha vinto il referendum ed adesso anche l'ennesimo braccio di ferro con lo stato italiano?