A Washington diremo: Pace
di Cindy Sheehan
Persino l’uragano Katrina ha dimostrato che mio figlio è morto invano. Se ascoltate Bush - e grazie a Dio sono sempre meno quelli che lo ascoltano - siamo in Iraq a causa dell’11 settembre. Il nostro presidente dall’11 settembre non ha fatto altro che parlare di proteggere il Paese. Per questo lo hanno votato alle ultime elezioni. Invece si tratta di una menzogna.
E questo inganno, questa menzogna ha provocato un disastro grande quanto l’uragano Katrina.
Cosa abbiamo ottenuto spendendo centinaia di miliardi e sacrificando decine di migliaia di vite innocenti? Nulla. E Casey, mio figlio, è morto per nulla.
Ne abbiamo abbastanza. Ciò che disgusta, Presidente, non sono, come dice la first lady, le critiche nei suoi confronti ma piuttosto i crimini da lei commessi contro questo Paese e contro i nostri figli e le nostre figlie. La smetta di nascondersi dietro la sua contorta idea di Dio e la smetta di distruggere questo Paese.
Oggi sarò a Washington dinanzi alla Casa Bianca esattamente come ho fatto le scorse settimane davanti alla sua casa in Texas. Ma questa volta saranno con me anche le vittime dell’uragano Katrina. Nella sua America siamo tutti vittime. I simboli del fallimento della sua presidenza sono l’Iraq e Katrina.
È giunto per noi tutti il momento di farci sentire e di contarci: per dimostrare ai media, al Congresso e a questa amministrazione inetta, corrotta e criminale che facciamo sul serio. È giunto il momento di darci da fare per dimostrare a quanti stanno facendo precipitare il Paese nell’oblio che non siamo più disposti ad aspettare. Rivogliamo il nostro Paese e vogliamo che i giovani tornino a casa sani e salvi in modo da poter contribuire a proteggere le coste della nostra nazione. È giunto il momento di cambiare la “leadership” del Paese. Non ce ne andremo prima che i nostri sogni siano diventati realtà.
Nel nostro Paese ci sono leader che stanno aspettando il momento “politicamente opportuno” per prendere posizione contro l’occupazione dell’Iraq. I nostri politici non fanno fatica ad aspettare il momento giusto perché nessuno di loro ha un figlio in pericolo. Non mi importa se siano Democratici o Repubblicani, questa non è una faccenda politica. Per guidare con autorevolezza il Paese fuori del pantano e del disastro dell’Iraq ci vorrà qualcuno dotato di coraggio e determinazione e capace di dire: «non mi importa se vincerò le prossime elezioni, la gente muore in Iraq ogni giorno e le famiglie vengono decimate». Noi, al pari del 62% degli americani che vogliono che abbia inizio il ritiro delle nostre truppe, seguiremo questo leader lungo il sentiero difficoltoso, ma remunerativo della pace con giustizia.
Non è più il momento di quel sedativo chiamato gradualismo. In realtà non è mai stato il momento. Il nostro “ora” è sempre più urgente. Come ha scritto mia figlia Carly nella sua poesia “A Nation Rocked to Sleep”:
Avete mai sentito il rumore di una nazione che viene messa a dormire?
I nostri leader ci vogliono intorpiditi di modo che il dolore non sia così acuto,
Ma se noi, il popolo, consentiremo loro di continuare, un’altra madre piangerà,
Avete mai sentito il rumore di una nazione che viene messa dormire?
È arrivato il momento di svegliarsi: per questo, oggi, siamo tutti a Washington.
ci vorrebbe una MAMMA pace anche in Italia
forse siamo vicini alla svolta per un mondo più equo e solidale
Massimo rispetto per questa donna!
e sottoscrivo che ce ne vorrebbero così anche in Italia!!!!!
Abbiam...ops! "Avete" la Guzzanti, Lella Costa e la Malavenda, che vi manca!?