I segreti nascosti nelle matrioske dei contratti Rai
di Natalia Lombardo
È sempre melmoso il terreno dei contratti a Viale Mazzini: dall’ex «pibe de oro» ballerino, all’appalto al sondaggista Luigi Crespi arrestato ie-
ri per bancarotta fraudolenta. Il contratto triennale siglato fra la Rai e la Nexus nel maggio 2002 per la gestione degli exit poll elettorali è scaduto e Crespi non fa più parte della Nexus, società del gruppo Hdc nato dalla Datamedia di Crespi e la Cirm di Nicola Piepoli (che ora è grato alla «giustizia»). Ma allora, quando presidente era Antonio Baldassarre e direttore generale Agostino Saccà, i consiglieri di opposizione Donzelli e Zanda manifestarono molti dubbi sia sulla regolarità della gara che sul conflitto d’interessi nell’assegnare gli exit poll della tv pubblica al sondaggista allora più amato da Berlusconi. La Nexus si aggiudicò l’appalto con quella che secondo i due consiglieri non era una vera e propria gara, ma «un’offerta in busta chiusa», quindi una «selezione con criteri discrezionali». L’offerta al ribasso permise l’eliminazione della Abacus di Pagnoncelli, fino ad allora sondaggista Rai. Ora Crespi è caduto in disgrazia ma, secondo voci di Viale Mazzini, sembra che la notizia del suo arresto abbia scosso l’ex direttore generale, Saccà.
Proprio nel momento in cui il direttore di RaiFiction è preso di mira da (parte) di An, con il ministro Landolfi che vede «trasudare comunismo» da Montalbano al «Grande Torino». Nonostante quest’ultima fiction sia stata prodotta dalla Goodtime di Gabriella Bontempo, moglie del vicecapogruppo di An alla Camera, Italo Bocchino («semmai l’ho danneggiata, nel 1993 produceva più di oggi», dice il deputato). Non solo, anche il regista Claudio Bonivento sembra sia molto vicino a Giuseppe Consolo, senatore di An, fidato finiano. La destra riparte all’attacco con la tiritera dell’egemonia della sinistra («perché nonno Libero legge l’Unità e non il Secolo?», grida Landolfi, sicuro che nell’immaginario televisivo non si riconosca più un sindacalista della Cgil che della minore Ugl: «Non può essere un sindacalista di destra?».
Da una parte si consuma una battaglia di potere, come dimostra la blindatura del 19% del budget della fiction assegnata alla Endemol per tre anni, ottenuta da Flavio Cattaneo da direttore generale uscente e siglata dal Cda appena entrato. Consiglio che ha chiesto maggiore trasparenza a Saccà, perché illustri in tempo con delle «schede informative» il pedigree delle fiction (produttori, registi, attori e costi), tanto per non trovarsi a dover bloccare appena in tempo contratti da 11 milioni e 756 mila euro, come quello per «Raccontami» con la «Paypermoon» di Claudio Velardi, ex consigliere di D’Alema a Palazzo Chigi, ora editore de «Il Riformista».
Insomma, il problema sono gli accordi sotterranei, Il Cda di Viale Mazzini non può intervenire sui contratti al di sotto dei 5 miliardi di vecchie lire (memorabile fu la sottrazione di 30 lire condonata da Cattaneo a Vespa). Così sembra un paradosso la smentita di ieri con nota Rai: «Nessun contratto con Maradona per la partecipazione a programmi televisivi». Solo «illazioni» quelle rivelate dal sito «Dagospia» sul compenso di «tre milioni di euro» perché l’ex campione di calcio si mostri, fino al 6 gennaio, dimagrito e rinsavito, ballerino per caso in «Ballando sotto le stelle», varietà del sabato sera di RaiUno. Cifra impossibile, dicono a RaiUno, e il compenso di Maradona fa parte del «pacchetto» assicurato dal produttore Bibi Ballandi, che con la Rai ha un «contratto quadro» nel quale c’è anche Celentano. E lo show condotto da Milly Carlucci è comunque passato dal Cda.
Certo sotto il Cavallo proliferano le incompatibilità. Su quella del Dg Alfredo Meocci l’Authority delle Telecomunicazioni (della quale era membro) aspetta dal Consiglio di Stato di sapere se è di sua competenza; e l’accertata l’incompatibilità porterebbe alla decadenza del Dg. Ci sono poi i doppi incarichi, come quello di Massimo Ferrario, leghista, direttore di RaiDue ma anche capo del centro di produzione Rai di Milano; oppure Claudio Angelini, giornalista tv nominato dallo spoil system berlusconiano direttore dell’Istituto di cultura italiana a New York, che mantiene la conduzione di «Zoom» su RaiIntenational. O «Alice» Anna La Rosa, direttore delle Testate Parlamentari alla quale la commissione di Vigilanza ha concesso la deroga alla regola che vieta ai direttori di condurre programmi: ma oltre al domenicale «Telecamere», ora si raddoppia con il talk show in prima serata su RaiDue, che ha sostituito «Punto a capo» di Masotti. Il quale, come in una matrioska, non solo conduceva vari programmi compensati nonostante fosse vicedirettore di RaiDue, ma manteneva anche carica e stipendio da corrispondente a Bruxelles.