Un fatto è palese: Mirabelli ormai è solo (o in compagnia dei socialisti, che numericamente è come essere soli) nella sua strenua difesa di una candidatura doppiamente sbagliata: per la persona e per come quella persona è stata scelta. Ormai l'ipotesi "Veronesi sindaco" è bruciata, forse più per come è stata posta, piuttosto che per i problemi (principalmente di conflitto d'interesse, ma non solo) che il celebre oncologo porterebbe con sé a palazzo Marino.
Ma per Mirabelli, incapace di ammettere un errore ormai evidente a tutti, quel che conta è cercare dei colpevoli a cui affibbiare responsabilità che in realtà sono soprattutto del partito che lui rappresenta, quindi sue. Lo fa definendo
«sinistra radicale che giudica, demonizza, usa dossier» alcuni cittadini che - senza omettere attestati di stima al Veronesi scienziato - hanno semplicemente sollevato chiari e circostaziati dubbi sulla sua adeguatezza come candidao del centrosinistra. "Dissentire" per Mirabelli è "demonizzare", esattamente come per i suoi referenti romani "demonizzava" chi gridava a gran voce la sua indignazione per ben più gravi conflitti d'interesse. A Roma è arrivato Prodi e la cantilena è cessata, a prezzo di qualche vittima illustre, tra cui Furio Colombo, a Milano ancora no, ma non perdiamo le speranze.
Purtroppo (per noi, per i DS, per il centrosinistra) Franco Mirabelli non sbaglia solo nei confronti dei cittadini. Riesce a fare di molto peggio. Nel suo articolo sul giornale di Polito e Velardi (due nomi, un unico boss, tre garanzie) compie un altro marchiano errore politico: da un lato esprimne preoccupazione
«per l'immagine del centrosinistra», dall'altro affibbia un pesante rimbrotto pubblico (il
«silenzio assordante») all'alleato più forte, la Margherita del galantuomo Nando Dalla Chiesa, uno che non ha mai mancato di sottolineare a chiare parole (altro che silenzio, Mirabelli, ma lei dov'era quando Nando
parlava alla Festa de l'Unità? Le ricordiamo anche la battuta:
«saremmo disposti a seguire Prodi se dicesse che Berlusconi ha governato bene?») la sua opposizione all'ipotesi Veronesi. Questo arrogante rimbrotto sì che nuoce all'immagine, altro che radicali, paleocomunisti e "girotondini".
Insomma, l'idea che siano queste le "mani" che devono rimettere in moto Milano è inquietante. Il tempo stringe e la politica mostra ogni giorno il suo fallimento. E' ora di fare qualcosa. Rimbocchiamoci le maniche.