Ragazzi in erba, Fascisti immaginari
di Roberto Cotroneo
«Lascia perdere. Lascia stare dai... che sono tutte cose che non c’entrano. Il fascismo? E che cos’era il fascismo? Mussolini era un monarca no? Uno come un re. Decideva lui. Ma me lo stai a chiedere per qualcosa?».
Parole sommate, una sull’altra, di voci diverse, parole raccolte in una piazza qualsiasi, davanti a un liceo, una piazza rotonda, tre panchine, un gregge di motorini tutti nuovi, e tutti lindi. E non sono lindi perché in questa zona di Roma o di Milano (poco importa la città) ci abitano quelli che hanno i soldi.
I motorini lindi e nuovi li trovi anche in periferia, come le mutande di Calvin Klein, le magliette di tendenza, e un certo modo di essere, che non risponde a nessun canone già visto e considerato. Di cosa stiamo parlando? Del fatto che i ragazzi tra i 13 e i 15 anni si dichiarano, spesso e volentieri, di destra, e qualcuno dice di essere fascista? Sono di destra anche quando vengono da famiglie di sinistra, sono di destra con un mare di contraddizioni, ma lo sono.
Ora non immaginatevi preadolescenti con le spranghe, picchiatori in erba, teste rasate di svastiche, e culto del regime. Non c'entra niente tutto questo. Questa è una storia vecchia, sono vecchi conformismi. La nuova destra è un po' un'altra cosa. Nel senso che è fatta di oblio, di dimenticanze, e di una distanza siderale con il passato. Ma soprattutto i nuovi ragazzi di destra sono gente cresciuta nel fallimento della politica, e nell'idea che se esiste Berlusconi qualche fallimento nelle idee di sinistra dei propri genitori deve esserci. Sono ragazzini nati con Che Guevara che era già un marchio, indifferenti agli slogan e alle magliette. Detestano Berlusconi, che trovano soprattutto ridicolo e costantemente fuori luogo. Non gli importa granché delle contrapposizioni politiche, e subiscono il carisma del successo: quello dei calciatori, soprattutto, e della televisione. Non hanno nessuna passione verso i valori che gente come noi, di sinistra, crede di volergli attribuire a ogni costo. Il loro senso della giustizia è assolutamente individuale, i loro moti di ribellione vanno cercati nello scherno, nella parodia, e nel paradosso. Per chi ha più di sedici anni è difficile crederlo. Ma per loro la libertà di stampa e il senso della giustizia lo danno programmi come “Le Iene”. E il gruppo che va di più tra questi ragazzi si chiama: Gem Boy. Sono dei simpatici giovanotti italiani, che sfornano dischi su dischi che fanno la parodia di canzoni famosissime, di De André, di Venditti, di Vasco Rossi. Sono parodie di una volgarità senza pari. Tutti a doppi sensi, soprattutto doppi sensi sul sesso. Banalità goliardiche certo, se non si inserissero in canzoni che hanno fatto la storia dell'impegno degli ultimi trent'anni.
Ma vaglielo a dire. «Voi Venditti lo conoscete? Avete sentito “Notte prima degli esami” nella versione originale?». «Una palla», ti rispondono. Roba da vecchi, ma soprattutto roba per gente come noi, che non ne ha azzeccata una, e che soprattutto non è riuscita a dare a loro qualche valore da spendere da qualche parte. La parola contestazione non gli dice nulla. La sinistra non è il nemico, al massimo è il potere consolidato e costituito. «Te sei di sinistra no?». E che c'è di male. «Voi di sinistra vi siete presi tutto. E ci volete spiegare le cose. Siete sempre là a farci la lezione, come i professori».
Se dovessimo farla facile, potremmo dire che i professori di oggi sono di sinistra e i loro alunni di destra. I padri e le madri di questi alunni quando sono di destra sono di una destra ancora diversa. Rigidi, pronti a ricordare che esistono regole e principi, magari nostalgici.
E loro? E i ragazzi? E tu vuoi essere trasgressivo portando le mutande in quel modo? «Trasgressivo? Trasgressivo cosa? A me piace portarle in questo modo. E basta. Siete voi... ».
«Siete voi» è un intercalare continuo. Siete voi... Il mondo adulto è fatto di gente che alla fine si mette pur sempre d'accordo. Il mondo adulto ti appiccica etichette, vuole farti diventare qualcosa che non sei. «A me mi hanno detto che sono fascio perché fischietto “Faccetta nera”». Beh insomma, non è che si fischietta “Faccetta nera”... Ma lo sai che cosa significa? «No». Lo sai che storia è quella? «Una storia di guerra. No?». E a te la guerra piace? «No a me della guerra non me ne frega niente», mi dice un ragazzino biondo che sembra più piccolo dei suoi quattordici anni. Ma allora di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando del fatto che comunque loro si definiscono di destra, perché la sinistra gli è antipatica. O sono di destra perché l'unico modo di trasgredire ai conformismi di ogni genere è quello di definirsi di destra? «A noi non ci piacciono i barboni, non ci piacciono quelli che vanno a rubare, non ci piacciono queste cose qui, per questo siamo di destra».
Se leggi tutto questo in modo banale e superficiale, puoi dire che questi sono ragionamenti fascisti, non c'è dubbio. Ma poi guardali in faccia mentre lo dicono, e capisci che hanno lo sguardo di ragazzini impauriti da tutto, che non sanno bene cosa pensare. Che cercano un luogo dove stare, un luogo dove mettere delle idee che non siano le stesse dei loro insegnanti, dei loro genitori, dei sacerdoti, della televisione e dei giornali.
La domanda è davvero questa: cosa abbiamo combinato negli ultimi anni? Dove è l'errore? Attraverso quali strade li stiamo perdendo? O forse non si tratta neppure di una tendenza ma è invece una fase di passaggio, una semplice linea d'ombra che sfumerà appena arrivati a un'adolescenza più compiuta e meno incerta?
Non sembra una fase di passaggio. Non sembra solo qualcosa che passa. È vero che nella fascia di età tra i tredici e i quindici-sedici anni i ragazzi si riconoscono più che nelle idee, in una sorta di estetica della destra. Di una destra che contiene al suo interno tutto e il suo contrario. In una destra che non viene più giudicata, e non perché non ce ne sarebbe motivo, ma perché non hanno gli strumenti per farlo. Entra in gioco una sorta di insofferenza mista a una completa ignoranza per la storia, per le cose del mondo. Rimane solo la certezza che stare a destra sia più bello, sia più accattivante, sia una forma di identità infinitamente più forte che stare a sinistra. Difficile non pensare a “Caterina va in città” di Paolo Virzì, e alla scena del ragazzo a cui viene chiesta la differenza tra sinistra e destra: «Quelli di sinistra sono tutti ricchi, e fanno i professori. Quelli di destra sono gente che lavora».
Certo che esiste per alcuni anche un aspetto di rivalsa sociale. Ma è tutto mescolato assieme. È come se per i nuovi adolescenti la nebulosa della destra possa in qualche modo contenere tutto. La destra sociale come protesta contro l'Establishment, la destra griffata come adesione conformista a una serie di modelli a cui i ragazzini fanno riferimento. Qui Nietzsche ed Evola non centrano. Qui si tratta di rifiutare tutto, in blocco: sinistra, potere e opinioni dominanti. Il nostro mondo, visto da così lontano, finisce per confondersi, attraverso una prospettiva distorta. Persino la sinistra e Berlusconi appaiono a loro molto più vicini di quanto si possa immaginare: «Perché che differenza fa? È tutto uguale, no?».
Non è tutto uguale. Ma anche se non riescono a spiegarlo con una frase così compiuta, per questa generazione la sinistra è ipocrita, e la destra è schietta. La sinistra, e questa è forse la sorpresa più grande, è sentimentale, nostalgica e vecchia, e la destra rompe i canoni consueti.
I ragazzini si passano da un telefonino all'altro le parodie delle canzoni preferite. C'è la “Guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè, su cui ha costruito un sogno di speranza e di pace più di una generazione. Il testo di quella vera sta ormai nelle antologie di scuola, da studiarsi a memoria come un fastidioso compito del pomeriggio; quella che ascoltano loro, è tutta una presa in giro di un poveraccio che si fa scoppiare una granata in mano perché non sa contare e soffre anche di dissenteria.
C'è poco da scandalizzarsi. La nostra trasgressione oggi è la loro norma, il nostro Guevara per loro è solo una maglietta a dieci euro, e anche troppo cara per dirla tutta. E poi marchio per marchio, è meglio Calvin Klein. Non gli importa niente di Bob Dylan, e persino Bono è un vecchio arnese un po' stempiato. Due ragazzi si offrono di farmi l'imitazione di Mussolini che parla dal balcone di piazza Venezia. Sono dei falsi a uso dei ragazzini. Una cosa a metà tra il decisionismo e il turpiloquio: se li scaricano da internet questi finti discorsi di Mussolini, e se li passano come si passano “l'Inno di Forza Italia”, anche quello modificato con parole irriferibili. Si scaricano anche le canzoni fasciste. Quelle vere, le vecchie marcette trite del regime degli anni Trenta, che possono piacere a questi ragazzi solo come provocazione. «Hai detto bene, provocazione... », mi dice uno di loro. Saranno pure dei fascisti immaginari, ma non sarà arrivato il momento di capire davvero perché le cose che abbiamo sempre ritenuto importanti e fondamentali per la nostra vita e quella dei nostri figli, non fanno altro che lasciargli una sensazione di vuoto e indifferenza? E che non è certamente colpa loro? E da che parte si deve ricominciare? E soprattutto: se non ora, quando?
O tempora, o mores.
Carolina
Brrr.....che dire? Inquietante molto inquietante.
Al giorno d'oggi chiedersi cos'è la destra o cos'è la sinistra è un casino.
Certo che sono convinto di una cosa: l'imborghesizzazione dei movimenti a chi come noi non ha più quell'età fa parecchio male. Sigh.
ehm... volevi dire imborghesimento, forse?
ottima descrizione del brodo di coltura della societa' civile di domani ottenuto da 30 anni di tv commerciale.
Più o meno..... :D
Il punto è che dà fastidio vedere questa mancanza di passione e cultura da parte di chi si proclama impegnato. Saranno solo ragazzini, ma questi sono cresciuti bombardati dal grande fratello, le buone domeniche e tanta altra merda televisiva (spacciata addirittura come "culturale") che c'è da dire si salvi chi può. Ricordo gli anni '80 all'insegna del disimpegno e del trash ma almeno nessuno pretendeva di dare a certe vaccate il premio cultura come è stato dato al GF.
Scherzi della natura come Platinette non avrebbero fatto i tuttologi con relativi deficenti a prenderli sul serio.
Se ci pensate hanno il cellulare a otto anni, si tingono i capelli alle elementari, come possono crescere? Arrivano a 15 anni e già cercano l'apparenza e i riti merdosi dell'aperitivo in centro. E' un peccato che sia così, ma secondo me deriva da troppi modelli sbagliati.
italico quando non parli di manganello sembri quasi uno di sinistra :-)
Io lavoro in una scuola superiore, e purtroppo devo confermare che, pur se con qualche distinguo e con un tono meno apocalittico e "generalista", la tendenza è quella messa in luce da Cotroneo. Questi ragazzi non hanno veri sentimenti, è sconcertante, non riconoscono "leader" o figure carismatiche, con i pochissimi modelli di riferimento che sono le veline, gli "isolati famosi" ed i calciatori-superstar. Hanno conoscenze storiche e geografiche che definire approssimative è errare per difetto.
Accanto ad una repulsione totale per ogni forma di convenzione (per non parlare di "regole"), coltivano tra una volgarità ed un atto vandalico il loro fallimento di domani come persone.
Quello che spaventa più di tutto è la totale incapacità di questi ragazzi di "vedersi" in prospettiva, di svolgere un qualsiasi compito o attività con vera passione, di provare qualcosa di intenso, di coltivare un sogno. Niente, niente di niente, il vuoto pneumatico.
Ragazzine perizomate e scollatissime a 15 anni, che giocano a fare le vamp; ragazzi, sempre più "belli e bulli", in un modello che in qualche modo scimmiotta quello dei "gangsta" neri. Per loro l'aspirazione al benessere materiale, che ha contraddistinto gli anni '80 dello yuppismo e dell'edonimso reaganiano, non esiste se non in una forma ancora più "materialistica", e spesso violenta e nichilista.
Senza parlare di genitori troppo spesso, più o meno incolpevolmente, impreparati al loro ruolo, o semplicemente sopraffatti dalla difficoltà di entrare in un ruolo che né i loro ragazzi né loro stessi sanno più quale debba essere (tutore?amico?sorvegliante?foraggiatore?tutti questi insieme?...)
Scusate lo sfogo, ma ho appena messo in cantiere un figlio, e pensare a quello che mi aspetterà come genitore mi fa inorridire...
Sì sì, negli '80 chi sceglieva la via carrierista sapeva, lucidamente, di optare per una strada che puntava ad un determinato obiettivo tralasciando moltissime altre cose, ad esempio il sociale; questi ragazzi invece punteranno al successo senza nemmeno rendersi conto dell'altra parte di mondo che esiste. Non se ne parla, non è interessante; "non la fanno vedere".
Dice bene chi dice che questo è il risultato di 20 (non 30) anni di bombardamento televisivo a scopo rincoglionente: aggiungo che però non va affermato come fosse un caso; è il risultato di un programma definito, scritto e disponibile, perfettamente riuscito, e parlo di P2 (non datemi del paranoico se non sapete di cosa si parla, please).
PS: a conferma... Fuori dall'Italia non è così.
I vuoti giovanili (sociali, esistenziali e quant'altro) ci sono sempre stati e oggi ci sono, ma determinate situazioni portano semmai ad uno sfogo politico ignorante e violento, comunque rabbioso: estremismo di destra, magari.
Ma non gli imbelli di cui sopra. La "desta griffata" è un prodotto italiano ®
30, oppi, 30.
le tv commerciali nascono in italia dopo una sentenza della corte costituzionale del 1974, nel 1975 ci sono le prime a trasmettere.
contemporaneamente si assiste alla crescita della violenza urbana (le periferie che si rovesciano sui centri), all'affacciarsi al mercato dei beni di consumo della classe operaia e del sottoproletariato, ai colpi di coda del movimento giovanile e studentesco (il 1977 e la lotta armata di massa).
il 1977 e' l'anno del cambiamento VERO della fine del secolo, da questo momento in poi non ci sara' piu' dialogo o scambio tra le classi sociali e interi settori della societa' vivrannno separati dalla cosiddetta societa' civile.
nel 1977 inizia la crisi del cinema italiano, parzialmente tamponata dall'apparire del cinema porno, dal 1977 le persone iniziano a chiudersi in casa schiacciate tra claustrofobia ed agorafobia come droghe eroina e tv e siamo negli anni '80.....
mi vergogno un po' ma ho visto "star whores" dei gem boy e mi ha fatto ridere molto. pero' a parte la nota di colore secondo me ci sono molti spunti su questo articolo da prendere in considerazione che meritano attente discussioni e disamine (ad esempio che la destra da una impressione di "vitalita'" che la sinistra da' di meno o non da'; oppure la scuola come snodo cruciale della societa'; oppure l'insensibilita' ai temi politici). ma una cosa solo mi preme davvero di dire: che con i giovanissimi (anche questi) bisogna parlare che non vanno lasciati soli che bisogna rispettarli e che bisogna avere fiducia in loro e nel futuro, che senno' si possono anche vincere le elezioni ma si perde la guerra.
Dannazione, per una volta che trovo un articolo che mi sembra valga la pena di commentare, leggo a seguito dei commenti maledettamente intelligenti... Non vorrei fare la figura dello stupido al vostro confronto, però, visto che come sedicenne mi ritengo assai coinvolto dall'argomento, mi esporrò al rischio, sperando di poter addirittura aggiungere qualche riflessione utile.
Non intendo scrivervi la storia della mia vita, ma credo che convenga qualche delucidazione in proposito: ho frequentato la scuola in un paesino industriale di periferia, almeno fino alla terza media, quando mi sono iscritto al liceo, trovandomi così costretto a spostarmi tutti i giorni in centro città. Bene, direi che solo con questa premessa, potrei individuarvi quantomeno due categorie "politiche" giovanili:
1)i ragazzi di periferia, dal livello culturale basso, poco interessati alla politica e molto alla televisione (Grande Fratello e co. inclusi, purtroppo, ma soprattutto banalità a mio giudizio meno volgari ma intellettualmente annichilenti, come Dawson's Creek, O.C. e robaccia del genere). Se non si disinteressano di politica, si ritengono pressapoco degli estremisti (se di destra, e di solito è così= svastiche, razzismo gratuito, saluti romani...; se di sinistra= legalità, Stato e polizia visti come male assoluto e definiti "fascisti", contrapposti alla gioviale società giovanile degli allegri furtarelli, degli "spini" e dei "Che Guevara")
ma comunque ciò non si traduce in attivismi o impegni di alcun genere.
2) Ragazzi di città, economicamente e culturalmente più sviluppati, generalmente di sinistra. Una minoranza ristretta, di solito figli di sessantottini.E' composta da attivisti (ma non a tempo pieno), certissimi delle proprie convinzioni: sono quelli, per dire, che "okkupano", come piace loro scrivere, ma anche che collaborano al giornale scolastico con articoli sul Terzo Mondo e sulle manovre di Berlusconi , e che manifestano contro la Moratti.
Gli altri, pur definendosi, di solito, di sinistra, non traducono in atti concreti la loro identità politica.
Ora, io non mi riconosco in alcuna di queste categorie, ma visto che, come tutti gli adolescenti, non vivo blindato in casa, ho compreso alcuni dei loro "meccanismi", quanto basta per rimanare deluso...
TUTTI sono conformisti, compresi quelli che basano il loro conformismo sul non esserlo di non esserlo: quelli di destra si ammazzano di lavoro in fabbrica per comprarsi le marche da strapieni di soldi, tipo Lacoste, e ostentano disprezzo verso chi si veste con noncuranza, specialmente i cosiddetti "sfattoni" di sinistra.Questi ultimi dal canto loro non sono da meno: altrettanto superficiali, snobbano chi non aderisce alle loro stesse convinzioni, per quanto pretendano di non averne. Così il tipo che non da importanza ai vestiti è escluso da questi larghissimi gruppi di livellamento identitario: se va in giro in tuta, per quelli di destra è un morto di fame cui ridere dietro,e qua inserite vari commenti in gergo ("Ma come sei in giro?", "Che stato", "Ma i tuoi non c'hanno i soldi per vestirti decentemente?").E per quelli di sinistra uno sfigato, perchè privo dei Che Guevara, degli eschimo, dei vestiti e degli orpelli inutili che servono ad identificarti, in una società in cui la parola "identità" è un perfetto sinonimo ad "apparenza". E ricodo che sto parlando anche e sopprattutto di sinistra. Nella mia classe sono l'unico che non si dichiara di sinistra e che non per questo si anestetizza il cervello con ore di televisione, con griffe da milioni di euro e con cocktail pesanti. Ah, anche sui divertimenti, occorerebbe qualche precisazione: ovviamente ci sono discoteche e locali di destra e di sinistra. Nei primi troviamo la selezione all'ingresso, prezzi da capogiro, droghe pesanti (pasticche etc.); nei secondi tanto ma tanto fumo, ragazze ancor più facili delle giovinette perizomate di cui si parlava in un altro commento e un culto forsennato dell'illegalità (ma quello anche a destra abbonda). L'alcool è il jolly, lo trovi veramente dappertutto.
Ora, chiunque si accorgerebbe che queste sono nicchie di vari conformismi, prive di qualsiasi spessore ideologico: il Duce ed il Fuhrer sono stimati perchè visti come potenti e, soprattutto, poco conosciuti. Ovviamente sono desueti i busti di Mussolini ed i pellegrinaggi a Predappio:diciamocelo, stiamo parlando di categorie sempre e comunque comode, e sempre e comunque indolori per tutti i loro entusiasti elementi. Non sono per nulla meglio disposto verso la sinistra: se circolassero maglie con il volto di Gandhi, invece che quello del Che, penserei che almeno a sinistra non ci sia un terribile buco nero di valori. Ma il Mahatma non era giovane, sbarbato e carino, non era violento, oddio, sembrava anche meno contestatore... Con quegli occhiali, poi, sa di intellettuale, di uno che pensa prima di sparare ai "borghesi" o ai "fascisti" e che alla fine, sacrilegio!, non spara neanche. Con una faccia così sulla maglietta anche le ragazzine "impegnate" ti eviterebbero, meglio andare con quel rastone tanto carino con cui ci si è fatti un "joint" durante l'"okkupazione".
Eh sì, perchè non so in altre scuole, ma nella mia sono rimaste delle scritte imbarazzanti, dopo l'occupazione rituale (ne abbiamo una ogni due-tre anni). Imbarazzanti per gli "okkupanti", dico, perchè "Liceo Sarpi nido d'amore" con annessi preservativi e moccini di spinelli nei caloriferei non fa molto idealisti, non sa di massima di Bertold Brecht o di Pasolini, piuttosto rende molto l'idea di un gruppo di giovani cui fa socialmente comodo apparire quelli "contro".
Ecco il punto, è tutta una questione di comodità! Come si può sperare in mondo migliore, quando i suoi futuri artefici sono una massa di debosciati, antidealisti, ipocriti, superficiali, assuefatti alla comodità ed al consumo, irresponsabili mitomani, che celebrano i falsi dei che quotidianamente cadono dallo squallido Olimpo della società del consumo, dell'arrivismo, del culto del sesso, della televisione e dell'esteriorità?
E nemmeno do la colpa ai nostri genitori! Siamo noi, come generazione, che, in cambio di tutte le aspettative, di tutte le speranze che in noi sono state riposte dalle passate generazioni, superstiti di travagli materiali e spirituali, dobbiamo aver la forza di volgere gli occhi verso il futuro. Sopra di noi sta un cielo ancora luminoso, ancora pieno di stelle, cui possiamo alzare lo sguardo, levato il viso dal fango del mediocre in cui ci siamo consenzientemente fatti gettare. Scopriremmo allora astri meravigliosi, molto più belli delle troppe "star" che brillano di una sporca luce sul terreno, e molto diversi, poichè essi, gli ideali, non sono da guardare e da consumare: sono da seguire. Solo mirando a questi possiamo spearare di alzarci un poco, e magari di sollevare un poco, assieme a noi stessi, questo stanco mondo ed i nostri esausti paudri.