Islam e Occidente uniti da un filo elettronico
di Toni Fontana
La vecchia e cigolante Uno guidata da Karim, dopo aver attraversato i quartieri popolari di Rabat, imbocca la strada per Témara, in direzione di Casablanca. Villette piatte e bianche separano la statale dalle scogliere sulle quali si stemperano le possenti onde dell’oceano. La casa del mare di Fatema Mernissi è a strapiombo sulla spiaggia; se non fosse per il colore cupo delle onde e per la loro forza, sembrerebbe di essere a Santorini a fine stagione. Non c’è molto tempo per parlare, non perché la scrittrice sia scontrosa o sbrigativa, ma perché sta fecendo, come spesso le accade, le valige. L’aspettano alla Fiera del libro di Francoforte; al Jazira e la Bbc hanno appena chiamato al telefono e la riprenderanno mentre, assieme a Mai al-Khalifa, ministra della Cultura del Bahrain, parlerà di Internet, della tv satellitare, della rivoluzione telematica e soprattutto delle donne del mondo arabo. «Voi in Occidente - esordisce Fatima sistemando sul tavolo un piatto con deliziosi dolcetti da intingere nel miele - non vi accorgete che molte cose stanno cambiando; in Kuwait le donne hanno fondato una televisione, in Bahrain la scrittrice Mai Al Khalifa ha assunto importanti responsabilità nel ministero della cultura, in Arabia Saudita la poetessa Nimah Ismail Nawwab firma i suoi libri in pubblico, Sheika Lubna al Qasimi è ministro dell’Economia negli Emirati».
Accanto a Fatima, seduta sul sofà, c’è Zahra Tamouh, docente di lettere all’Università di Rabat. Nei primi anni 80, dopo aver conseguito il dottorato alla Sorbona, tornò in Marocco da «gauchiste» e fondò un settimanale scritto solo da donne. «Ci accorgemmo che era tempo di cambiare, andammo nelle strade di Rabat e raccogliemmo un milione di firme di donne non tra le élites, ma nei quartieri più poveri e periferici. Alla televisione e alla radio ci emarginavano, chiudevano le porte, ma con gli anni abbiamo vinto la nostra battaglia». Nel 2003 il Marocco ha riformato la Mudawwana, il codice di famiglia: è stato abolito il dovere, per le mogli, di ubbidire ai mariti, la poligamia è stata pressochè cancellata (ma non del tutto) ed è stato introdotto il divorzio consensuale, ma restano pesanti discriminazioni in materia di successioni. Zahra ed altre militanti che hanno rischiato la vita per raggiungere questo risultato, come Najia Elboudali, sostengono però che «il 90% delle nostre rischieste è stato accolto».
Fatema rovista tra i ritagli di giornale e trova un foglio bianco sul quale disegna due quadrati eguali: «Il primo - dice indicando la figura con la penna - raffigura voi occidentali, prigionieri del vostro egocentrismo, impauriti dal terrorismo, sempre più decisi a chiudervi in voi stessi. Il secondo quadrato raffigura noi arabi, il nostro mondo, che sta cambiando senza che voi ve ne accorgiate. Tutti - aggiunge tracciando alcuni segni per unire i due cubi - abbiamo davanti una sola strada percorribile, quella della comunicazione, del contatto». Tra i fogli, sbucano quattro bellissimi disegni: nel primo è disegnato un sole circondato da ali e luci. Vi si legge: «Trasforma te stesso in uno straniero, viaggiare è il solo modo di rinnovarsi» (da un poema di Abu Tamman vissuto nel 9° secolo). I disegni degli altri tre sono contornati da scritte che recitano: «Il principio dell’Universo è il movimento, quando ci si ferma si torna alla non-esistenza», oppure «Unisci la tua mente a quella degli altri», e infine «Ogni uomo è ostaggio delle proprie azioni» (dal Corano, sura at-Tur N.52, verso 21).
Fatima ha dedicato a questi principi gran parte della propria vita, teorizza il «cyber-Islam», crede nel potere della conoscenza e della rivoluzione telematica che sta minando le fondamenta del tradizionalismo. Karawan, dal deserto al Web (titolo originale: Sidbads marocains: voyage dans le Marocco civique), il suo ultimo lavoro, in libreria da alcune settimane per l’editore Giunti, riprende i temi già sviluppati in L’harem e l’Occidente, si rivolge ad un «turista politico», fa giustizia di luoghi comuni diffusi (ed amplificati in Italia dai crociati in marcia contro la cultura meticcia). Fatima scrive sulla diffusione del commercio elettronico tra i giovani marocchini, delle tessitrici di tappeti (i cui lavori saranno esposti a Palazzo Pigorini di Roma dal 10 novembre), delle pittrici analfabete che, sul Web, fanno conoscere le loro opere, del turismo responsabile. E descrive la sofferenza delle madri dei detenuti politici che, da alcuni mesi, possono finalmente gridare in pubblico il loro dolore.
Il Marocco ha deciso di affrontare la terribile eredità dei suoi lunghi «anni di piombo» (’50-’90) copiando il Sudafrica del post-aparthied. Dal gennaio dello scorso anno è all’opera la Commissione per l’equità e la riconciliazione che ha già ricevuto 16mila richieste di indennizzo da parte di altrettante vittime della repressione che aveva trasformato il Marocco nel regno del terrore. Le vittime sfilano alla televisione o appaiono sul Web e raccontano le atrocità in una sorta di «seduta psicanalitica collettiva»; alle denunce però non seguono né processi né le punizioni dei colpevoli e ciò ha attirato molte critiche anche a livello internazionale. Il giovane re Mohammed VI°, salito al trono nel 1999, guida la modernizzazione dall’alto in un paese che resta per gran parte agricolo, vittima della povertà e dell’analfabetismo, ma, che, negli ultimi anni, è diventato un interessante laboratorio politico nel quale la sfida tra le forze che si schierano per la «modernità» e l’integralismo è più forte e dagli esiti imprevedibili. A questo tema è dedicata una delle opere più recenti dell’autrice, Islam e democrazia. La paura della modernità. La scrittrice è convinta che «l’elemento-chiave che caratterizza oggi il mondo arabo non è la religione, come sostengono molti americani, bensì la tecnologia informatica e cioè le televisioni satellitari indipendenti rispetto a quelle gestite dai vari regimi e stati islamici, le reti Internet a cui si rivolgono soprattutto i giovani e le donne. Attraverso questi strumenti, che consentono il confronto delle opinioni, si può arrivare alla conoscenza reciproca e allontanare la violenza e la guerra».
Fatima Mernissi (Fez, 1940 docente di sociologia all’Università di Rabat), considerata una delle più grandi scrittici arabe (i suoi libri sono stati tradotti in 20 lingue), pur rifiutando di essere «in quota» a qualcuno o di appartenere ad uno schieramento, crede nelle forza dirompente della comunicazione, della contaminazione e della competizione tra culture diverse e differenti. Per questo, anche senza aver chiesto il suo assenso, possiamo iscriverla nella schiera dei rinnovatori. Nella parte iniziale di Karawan, dal deserto al Web, la scrittrice ricorda che George Orwell soggiornò nel 1938 a Marrakech in compagnia della moglie Eileen. Qui scrisse Corning up of Air, pubblicato nel 1939. Il grande scrittore britannico, che due anni prima aveva combattuto contro i fascisti di Franco nella guerra di Spagna, ammira la capacità dei marocchini di comunicare, ma ammette di non essere stato capace di stabilire un contatto con loro: perché «parlano una sorta di francese bastardo ed io ero troppo pigro per imparare l’arabo». Fatima è convinta che se Orwell fosse vissuto ai tempi di Internet e della posta elettronica ciò non sarebbe accaduto perché oggi, nonostante il terrorismo e le paure che esso genera, i fili che legano il mondo arabo a quello occidentale e, più in generale a tutti i mondi nei quali viviamo, sono molto più numerosi, robusti ed estesi. Fatima ha in cantiere due saggi che arriveranno in libreria nel 2006. Il primo sarà pubblicato da un editore americano e intitolato Digital arab challenge (la sfida digitale araba), il secondo racconterà «il segreto del tappeto volante» e introdurrà al mondo delle tessitrici e ai mille misteriosi messaggi che i loro lavori nascondono. Con Zahra, Najia e molte altre donne, Fatima ha fondato «Sinergie civique», un’associazione che ha promosso la «Carovana» che gira di villaggio in villaggio, nelle zone meno conosciute del paese e ai margini dei circuiti turistici, per raccogliere testimonianze e diffondere le speranze di cambiamento che si celano nel «cyber-Islam».
L’incontro finisce, Fatima, in partenza per l’Europa, consegna disegni, appunti, un depliant che riassume i contenuti del suo sito Internet (www.mernissi.net). Karim si rimette al volante della Uno scricchiolante che attraversa nuovamente i quartieri vecchi e nuovi Rabat.
Magari fosse così (speriamo).
Esperienze più o meno recenti dimostrerebbero invece che l'evoluzione tecnologica dei mezzi di comunicazione viene sfruttata dai regimi oscurantisti (da Hitler aStalin a Woytila fino a Bin Laden).
L'unica differenza potrebbe essere nella maggiore accessibilità da parte dei singoli (internet) rispetto ai grandi mezzi di comunicazione (televisione, radio etc.).
In ogni caso, se così fosse, quello che dovrebbe emergere sarebbe un messaggio di liberazione rispetto a tutte le proibizioni dell' Islam..o no?
qualunque musulmano è meglio di Magdi Allam. :-)
Carolina