Peppino diceva: niente Silenzio
di Giovanni Impastato
Lo striscione originale è ancora conservato, intatto, come 27 anni fa. C'è scritto: «La mafia uccide, il silenzio pure». Lo mostravano, tenendolo bene in vista per le strade di Cinisi, i compagni di Peppino, che lo accompagnarono al suo funerale, quel giorno di maggio del 1978. Peccato, ragazzi di tutta la Calabria, che non farò in tempo a prestarvelo per la vostra marcia della speranza di domani, a Locri, io sono in Toscana con la Carovana Antimafia, ma vi invito a scriverne uno con quelle stesse parole, sintesi della battaglia che mio fratello ha condotto fino alla morte.
Il vostro impegno contro la ‘ndrangheta è il segno più concreto della speranza di un futuro diverso. Il nostro impegno, alla fine, ha pagato: sappiamo chi è il responsabile del delitto di Peppino, conosciamo i depistaggi, anche istituzionali, che accompagnarono le indagini. I processi e le conclusioni della commissione antimafia alla fine hanno illuminato le zone d'ombra. Possa servirvi da esempio per mantenere sempre quest'impegno forte e costante nella lotta contro ogni forma di mafia. Mantenete, come diceva tempo fa il Presidente della Repubblica, la schiena dritta e non fatevi aggredire dalla rassegnazione.
I ragazzi oggi possono fare tanto. Ognuno di voi, anche a livello individuale, può dare il contributo di impegno antimafia, partendo dall'esempio di Peppino Impastato. Bisogna rompere con la cultura dell'illegalità, con la cultura mafiosa e questo deve avvenire principalmente dentro ad ognuno di noi. Non possiamo delegare tutto alle forze di polizia, la mafia non è solo un problema repressivo di ordine pubblico, ma è anche e soprattutto un problema culturale.
E per farlo, bisogna restare qui, in Calabria come in Sicilia. Come ho fatto io dopo che hanno ucciso mio fratello, dopo che mi è crollata una montagna addosso. Bisogna restare perché la lotta deve partire proprio dal luogo dove una persona vive, dove ha vissuto, dove ha avuto origine. Lo so, non è facile, spesso si è condizionati dal bisogno, dal fatto che non c'è lavoro, che mancano tutte una serie di cose. Bisogna fare uno sforzo enorme per rimanere, ma è uno sforzo che alla fine paga. E per alleviare la fatica, e rendere più efficace la lotta, non vi dimenticate mai l'ironia. Peppino lottava contro la mafia e si divertiva nello stesso tempo. Dalle frequenze di «Onda Pazza» ridicolizzava i mafiosi di fronte all'intero paese.
Mi viene in mente uno slogan antico, ma sempre attuale: «Una risata li seppellirà». La lotta alla mafia è una cosa seria, ma l'ironia di Peppino creava per lui un piedistallo che annullava timori reverenziali svelando che il re mafioso era nudo. Non possiamo solo piangere i nostri morti, l'ironia è un'arma micidiale, così come lo è stata nei confronti dei mafiosi di Cinisi.
Chissà perchè i generosi scrutatori di Calabria non hanno visto nulla dell'omicidio Fortugno...forse il seggio elettorale misurava 250 x 125 metri?
qualche tempo fa ho sentito un bellissimo slogan, siamo tutti calabresi. io lo sottoscrivo.
x fotone : immagino che tu al loro posto avresti visto tutto ed anzi saresti corso dietro gli assassini e li avresti anche bloccati ,ma stai coi piedi per terra !
ciao antonella, le cronache ci ricordano che gli assassini erano mascherati (fortugno prima di essere ucciso ha chiesto: cosa ci fai vestito da black block)
comunque, secondo me, uno che fa commenti del genere non e' ha diritto di chiamarsi fotone; se proprio vuole chiamarsi come una particella elementare, scelga gluone (o meglio la traduzione letterale italiana, collione)
" MIO PADRE ... LA MIA FAMIGLIA .. IL MIO PAESE .. IO VOGLIO FOTTERMENE .. IO VOGLIO SCRIVERE CHE LA MAFIA E UNA MONTAGNA DI MERDA ... IO VOGLIO URLARE " Uno due tre quattro cinque dieci cento passi ... "NOI CI DOBBIAMO RIBELLARE"
Perchè bisogna alzare la testa e avere il coraggio di gridare NO ALLA MAFIA ...
E' necessario creare una rete che agisca su tutto il territorio nazionale, rompendo i confini delle regioni.Bisogna lavorare tutti insieme, associazioni, singoli cittadini, affinchè sia sentita vivamente la nostra presenza, la presenza e la voglia di un movimento che è prima di tutto culturale, di rifiuto nei confronti di un sistema mafioso che ci rende tutti schiavi e complici, nel momento in cui taciamo anche solo il nostro malessere.