Quelle fiaccole diano luce all'Islam moderato
di David Bidussa
Il giorno dopo è obbligo riflettere. Dopo le manifestazioni a favore di Israele di giovedì abbiamo il dovere di domandarci che cosa fare. Il problema è serio e richiede non tanto uno sforzo di fantasia, quanto una complessità di analisi.
Si è andati in piazza giovedì sera secondo due registri: da una parte la necessità dell'ora, dall'altra le prospettive per domani. Necessità dell'ora, ovvero garanzia del diritto a Israele di esistere; prospettive per domani ovvero pacificazione nell'area mediorientale.
Diritto all'esistenza di Israele è stato detto. E per affermarlo occorreva sancirlo con un rito pubblico. E' stato fondamentale che esso avvenisse nelle forme anche smodate in cui è avvenuto. Qualcuno ha detto che in piazza si era andati con angoscia ma che poi lì si è rimasti con felicità, con leggerezza. Qualcuno ha anche osservato che ballare era improprio. Invece, talvolta, ballare serve. Non per buttare indietro la tristezza, ma per dire che la paura che ci prende può anche retrocedere.
Non con lo stesso spirito possiamo tuttavia affrontare le prospettive per domani. Le prospettive per domani riguardano la vicenda contorta e incerta per dare solidità a uno Stato palestinese. Riguardano la possibilità che si aprano prospettive di democratizzazione di società islamiche. Richiamano infine la accortezza di saper leggere con attenzione i segnali che ci arrivano dal mondo islamico.
Vorrei concentrami essenzialmente su quest'ultima questione perché mi sembra quella più rilevante tra quelle che abbiamo di fronte e perché mi pare quella intorno a cui gran parte dell'Occidente arriva sostanzialmente impreparato.
Molti nel corso della diretta da Roma trasmessa giovedì sera da Raidue, hanno richiamato la necessità che si ponga in essere a una proposta politica verso l'Iran. Alcuni hanno ricordato opportunamente molte cose: il lento processo di democratizzazione nell' Iran del riformatore Mohammad Khatami; gli spazi acquisiti soprattutto dalle donne negli anni '90; la nascita di una società civile che intravede i vantaggi o con i benefit di una società libera a basso tasso di vincoli normativi e che propende a raggiungere questa condizione. In breve una società definita da pochi divieti e dunque con ampi margini di discrezionalità.
Tutto ciò per dire che in Iran un processo di trasformazione c'è stato e non è stato azzerato dall'attuale presidenza e che difficilmente sarà percorribile la strada di un progressivo e veloce azzeramento delle libertà acquisite, anche se probabilmente sarebbe nei programmi e negli auspici di Mahmoud Ahmadinejad.
Ma questa questione ne apre immediatamente un'altra che riguarda contemporaneamente cosa noi possiamo fare da qui per fare in modo che quella possibilità si mantenga e lentamente riprenda il suo cammino. Immaginare come qualcuno ha detto - p.e. il vicedirettore di "Libero" - che quello che dobbiamo promuovere è il sostegno alla nascita e alla crescita di un'esperienza simile a quella che fu di "Solidarnosc" nella Polonia degli anni 1979-1989, può anche apparire affascinante, ma è sostanzialmente privo di fondamento se non facendo i conti in primis con ciò che ci siamo raccontati in questi anni del mondo islamico. Più precisamente con l'Islam di carta che ci siamo costruiti.
Che cosa fu infatti "Solidarnosc", per noi, prima ancora che per i polacchi? Per noi in Occidente - più precisamente per molti di noi - era la riscoperta della vera Europa, cristiana, nemica del barbaro che veniva da Est, eterna nelle sue profonde fedeltà. Alla fine la riscoperta della "marca orientale" di confine contro il possibile selvaggio. "Solidarnosc" in breve era assunto come parte dell'Europa che ritornava sulla scena dopo una lunga oppressione. Era L'Europa del silenzio che riprendeva a parlare la nostra lingua.
E' la stessa immagine che abbiamo dell'Islam? Non mi pare e soprattutto mi sembra troppo facile. La trasformazione possibile delle realtà islamiche di oggi non è solo l'eventualità di un altro possibile islam, ma anche (non voglio dire soprattutto) una consapevolezza dei nostri deficit politici. E anche delle nostre impasse. Prima di tutto le impasse. Concretamente è usabile oggi la strada della guerra preventiva? O questa non è spuntata perché si è impantanata nelle sabbie irakene? Oppure: sono percorribili altre ipotesi come sanzioni, chiusura di mercati,…. In breve atti di isolamento? Forse queste lo sono, ma hanno avuto efficacia in passato?
Dobbiamo allora percorrere la strada di processi di sommovimento interno. Ma se assumiamo questa ipotesi, occorre anche precisare che affinché quella strada sia percorribile si debba supporre l'esistenza di un islam moderato e, successivamente, la definizione di ciò che intendiamo con questo termine. Ovvero cosa vi includiamo e riconosciamo.
Esistenza di un islam moderato significa abbandonare definitivamente il linguaggio, la costruzione immaginaria che si è condensato nella lingua di Oriana Fallaci, nelle espressioni a cui ella ricorre, alle immagini che usa, alle categorie che mette in campo. Ovvero supporre che l'Islam non è di per sé un sistema totalitario, ma che vive di molte esperienze, di molti "vissuti" e anche di conflitti, come tutti i sistemi culturali e teologici. Non è il risultato naturale di un'evoluzione, ma la stratigrafia di conflitti interni.
Allo stesso tempo "Islam moderato" non è un Islam politicamente moderato, ma è prima di tutto oggi l'ampliamento di un'opinione religiosa che riprende in mano il testo di riferimento e ne propone diverse letture, in conflitto tra di loro e anche in conflitto con quella del radicalismo attualmente dominante - se non numericamente, almeno sul piano dei simboli, dei modelli interpretativi, delle forme di acculturazione all'Islam che oggi sono maggioritarie. Magdi Allam ha parlato come ha parlato giovedì sera non solo perché è politicamente moderato, ma perché fondatamente propone nella sua lingua - "ai suoi" - la possibilità di una diversa lettura dello stesso testo che legge Ahmadienejad. Non è l'unico, ma occorre che quell'Islam acquisti voce anche da noi.
Islam moderato così non è esclusivamente puntare a un Islam liberale in politica, ma alla possibilità che si produca scontro e confronto all'interno di un sistema di fede che oggi è quello che consente di mobilitare milioni di individui. Un altro Islam è possibile e c'è. E' in minoranza ed è sopraffatto. Quella che noi chiamiamo "guerra di civiltà" è l'effetto di una "guerra civile" in cui qualcuno è più forte. Si tratta di dare spazio e voce agli altri di avere parola e diritto di parola. Forse domani, in un altro scenario complessivo varranno altri criteri, maggiormente o esclusivamente politici, non oggi.
Would the French really want to hear from one of their Islamic scholars at the turn of the century? Before political correctness made all our current Islamic scholars liars and apologists. Si?
Andre Servier wrote "Islam and the Psychology of the Musulman" in 1922.
I am bringing it online at http://musulman.blogspot.com.
Read it and see how Servier warned his fellow frenchmen of the danger. I only have it in English on my website but I am sure a few french libraries have the book gathering dust on some lonely bookshelf. It was originally published in French in 1922 and in English in 1924.
Good luck France. I want you to save yourself from Islam.
John Sobieski, PI
The Pedestrian Infidel Blog`
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http://musulmanbook.blogspot.com
nannaaa, però basta con l'uso inopinato, a volte pure sostantivato, dell'aggettivo "islamico"... sarebbe come chiamare i cristiani "crocidrammici", la gente si rende conto??? :-)))
Carolina
come aggettivo a volte va bene, altre no (bisogna studiarselo, mica è semplice, pure io devo rileggere ogni volta la spiegazione). come sostantivo si dice "musulmano" sempre, è logico, grammaticale e pure rispettoso - non politically correct, proprio rispettoso anche delle orecchie umane oltre che dell'eventuale fede musulmana delle persone.
Carolina
Mussulmano moderato uno che è poco mussulmano; cattolico moderato uno che è poco cattolico.
Con le fedi è cosi, sei moderato se hai qualche dubbio circa quello in cui credi.
Paradossalmente i credenti moderati (come credenti) sono molto peggio di quelli non moderati. Per la società civile invece sono molto, ma molto meglio.
Ho sempre preferito i farisei a Robespierre (fanno meno danno).
Olegna, è che son categorie del piffero, e mi modero io. E' come se uno pretendesse che altra gente (qualunque, anche a non saperne la fede in alcun modo) amasse uccidere o essere uccisa in nome di qualsiasi cosa. Bastaaaaaaaaa, anche con tutte le buone intenzioni del mondo questa è roba astratta.
Carolina