Silvio ama Benito
di Nicola Tranfaglia
Invecchiare, diceva un mio vecchio amico meridionale, è un’arte senza impegno. Succede comunque. Ma non c’è dubbio sul fatto che chi ha passato una buona parte della sua vita a studiare la storia del nostro Paese, e quella del regime fascista in particolare, ha qualche sussulto di rabbia di fronte alle trovate balzane e ossessive dell’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Qualcuno, anche a sinistra, dice che non è il caso di parlarne,che così lo si demonizza e gli si facilita la vita.
Ma quando io mi trovo di fronte ai manifesti di Forza Italia diffusi in tante strade a Milano che parlano di un convegno contro le dittature contemporanee ed espellono il fascismo da esse o quando leggo sul giornale di famiglia del Cavaliere il suo intervento per la caduta del muio di Berlino in cui di nuovo Mussolini non è nominato neppure una volta, del nazionalsocialismo e di Hitler si accenna all’inizio en passant e tutto il discorso è concentrato esclusivamente sui comunismi vecchi e nuovi io non riesco a tacere.
Berlusconi, negli undici anni della sua presenza diretta sulla scena politica, non ha parlato di Mussolini e della dittatura fascista se non per parlarne bene.
Qualche lettore ricorderà che due anni fa aveva confidato a un giornalista inglese di guardare con ammirazione a quel regime che era, a suo avviso, dolcemente autoritario e poco dopo aveva parlato delle misure che il dittatore aveva preso contro gli oppositori mandandoli davanti al Tribunale Speciale o al confino nelle isole come di periodi di villeggiatura, concessi a quei pochi italiani che non erano d’accordo con il fascismo.
Non si può dire dunque, come ha fatto qualcuno, che Berlusconi non parla di Mussolini e del fascismo per non mettere in imbarazzo i propri alleati eredi del Movimento sociale italiano che si ispirava a Salò ma di una propria, personale ispirazione di nostalgia per quello che Carlo Emilio Gadda chiamava «il puzzone».
La verità è che nel Cavaliere, stufo delle lungaggini parlamentari e dei vecchi democristiani che non si arrendono mai del tutto, l’idea di un regime autoritario senza i fasci e i gagliardetti ma debole con i forti e forte con i deboli, cioè con la maggioranza della popolazione, alberga da sempre e non ha fatto che rafforzarsi in in questi ultimi cinque anni.
Ed io penso soprattutto alle nuove generazioni (alle quali cerco di insegnare da vari decenni la storia contemporanea) educate soprattutto dalle televisioni egemonizzate da alcuni anni proprio da Berlusconi e mi chiedo come faranno a capire la crisi in cui ci troviamo e una serie di caratteri originali del nostro Paese che l’attualità ci ripropone: dalla corruzione pubblica al trasformismo, dal l’assenza di memoria storica alla disinvoltura del potere, dal risorgente clericalismo allo scarso o inesistente senso dello Stato da parte dei gruppi dirigenti e così via via continuando.
Il secondo giornale di famiglia berlusconiano, seguito in questo dal foglio arancione che si pretende di centro-sinistra, hanno dato largo spazio a loro volta all’intervento di Cesare Previti alla Camera in cui il deputato di Forza Italia, noto soprattutto per i suoi rapporti di vicinanza con il presidente del Consiglio, ha fatto un orgoglioso intervento (l’aggettivo è di Giuliano Ferrara) di difesa della sua discussa onorabilità e di accettazione dell’esito del processo, dimenticando di aver passato molti anni a difendersi non tanto dalle accuse che gli sono state portate (come quella di aver corrotto alcuni giudici) quanto dal processo in se stesso, accampando tutto quello che poteva per non partecipare alle udienze.
Così nello stesso giorno in cui Berlusconi celebra all’Eur la festa della libertà dai comunismi dimenticando che, se essi hanno commesso gravi crimini, non si può mettere da parte nè la Shoà né i crimini dei fascismi, a cominciare da quello primogenito di Mussolini, la Camera dei deputati del nostro Paese ha concluso le votazioni di un’ennesima legge che porta avanti un’amnistia mascherata e che rischia un grave difetto di incostituzionalità (che potrebbe giovare proprio a Previti) stabilendo una volta di più che gli italiani non sono eguali davanti alla legge.
A voler trarre un bilancio da una giornata come quella che ancora una volta ha vissuto l’Italia governata dal proprietario di Mediaset verrebbe da dire che, ancor prima dell’approvazione definitiva della revisione costituzionale con il primo ministro pigliatutto, peraltro imminente, lo stato di diritto è fatto a pezzi dopo sessant’anni di democrazia repubblicana.
Tutto questo lo dobbiamo, in prevalenza, all’uomo di Arcore. Come facciamo a non parlarne?
Ma sì sono orrendi. Cosa al di là delle più rosee aspettative comunque, hanno fatto incazzare una mia conoscente di origine polacca non particolarmente di sinistra.
- motivo 1, quello che Tranfaglia definisce il parlare "en passant", accostando poi il tutto a discorsi "contro i muri" senza mai citare alcunché di concreto, dal che si possono supporre cose inquietanti oltre che naturalmente delle belle quote di ipocrisia.
- motivo 2 ho scoperto che lei in realtà la detesta da un po' di tempo, questa destra, perché ha vissuto sotto dittatura e non le importa poi molto se la polizia in giro per la campagna elettorale la piazzi un governo di un colore o di un altro. ma questo esula dalla sua vista del capannello, ieri.
- motivo 3, che invece è attinente, l'aspetto nostalgico, che per lei un po' è un "non sapersi trovare il culo nello specchietto retrovisore" e un po' è un pessimo modo di difendere la democrazia se non è addirittura un modo di attaccarla.
In pratica, ci siam beccati dei "macheronasgi", come si chiamano in Polonia gli italioti, da una che normalmente si guarderebbe bene se non proprio in privato. I miei complimenti. :-)
Carolina
Rimpiango il regime sovietico. Berlino prima della caduta del muro era stupenda, oggi è una qualunque città moderna.
Mosca era fantastica: pulita, sicura, bei ristoranti, belle donne (con i dollari in tasca, ovviamente). Oggi è orripilante.
E non sono comunista.
è tipico che l'Est di prima piacesse a non comunisti, magari conservatori, non necessariamente di destra, ma conservatori, sì. Una, che il comunismo non lo amava, una volta mi ha detto: "Bello andare nei Paesi socialisti, c'è un sileeeeeeenzioooooooooooooooo...". :-)
Carolina
Beh, Aleph, forse Berlino era ancora più bella prima della guerra, grazie a quell'artista di Speer... :-(
gli estremi che si toccano? Ma Aleph non mi è parso un estremo...
Carolina
"è tipico che l'Est di prima piacesse a non comunisti,"
Ergo: è tipico che l'Est di oggi piaccia ai comunisti.
E l'unica cosa che conservo sono le figurine Liebig, i dischi di Wes Montgomery e i DVD dell'Inter.
:-) non ho mai tratto sillogismi, ma la tua collezione mi diverte! :-)
Carolina