Uno straniero in patria
di Marco Travaglio
Chi fossero Giulio Andreotti e i suoi boys in Sicilia, Paolo Sylos Labini l’aveva già capito nel 1974, vent’anni prima del processo di Palermo. Il grande economista era membro del comitato tecnico scientifico del ministero del Bilancio nel governo Moro, chiamato da Nino Andreatta. Poi divenne sottosegretario di quel dicastero Salvo Lima. Sylos fece sapere ad Andreatta di essere incompatibile con Lima: “O lui o io”. Andreatta ne parlò con Moro, ma questi disse di non poterci fare nulla: Lima, imposto da Andreotti, era “troppo forte e troppo pericoloso”. Sylos andò dal ministro Andreotti: “O lei revoca la nomina di Lima, che scredita l’immagine del ministero, o mi dimetto”. Andreotti non mosse un dito e Sylos se ne andò. Questo è l’uomo che ci ha lasciati l’altroieri. Un uomo che in qualunque paese civile sarebbe stato nominato senatore a vita. Invece, in Italia, è senatore a vita Andreotti (per Lima non c’è stato il tempo). L’altro giorno, mentre Paolo Sylos si spegneva, Roma celebrava uno dei suoi riti più deprimenti, uno di quelli che giustificano l’esistenza della Lega Nord: un grande vernissage per presentare il libro di Giulia Bongiorno, un’avvocatessa che rispetto a migliaia di colleghi ha avuto la ventura di perdere il processo Andreotti e di fingere di averlo vinto e di essere persino creduta: il libro, “Nient’altro che la verità”, spiega come e qualmente costei abbia vinto un processo perduto, dunque un ottimo romanzo di fantasia. Erano con lei, fra gli altri, oltre all’eccellentissimo Cossiga e al prescrittissimo Andreotti, il palazzinaro Domenico Bonifaci (patteggiamento per la maxitangente Enimont con restituzione di 50 miliardi di lire di maltolto), l’ambasciatore Umberto Vattani (imputato per corruzione e indagato per molestie telefoniche ad alcune segretarie), Cesare Romiti (condanna definitiva per falso in bilancio, poi depenalizzato) e la solita corte di pippibaudi, riterusic, marieangiolillo, lambertisposini, cesarebuonamici, martemarzotto, myrtemerlino, jasgawronski e sandrecarraro senza dimenticare Claudio Vitalone, giudice modello per le nuove generazioni e, purtroppo, Enrico Letta.
Per quel mondo, per quell’Italietta alle cozze e vongole (vedere le foto di Umberto Pizzi su Dagospia, per credere), gli intellettuali alla Sylos Labini sono illustri sconosciuti, al massimo dei molesti grilli parlanti. Allievo ed erede di Salvemini, liberalsocialista senza partito, riformista serio (le riforme le aveva in testa, non in bocca), amico dei più grandi economisti del mondo, considerato il padre dell’economia moderna in Italia, negli ultimi anni Sylos passava per un pericoloso estremista avendo il torto di chiamare delinquenti i delinquenti, anche e soprattutto quelli col colletto bianco, e di non frequentarli. Un estremista liberale. Quattro giorni fa mi aveva telefonato per verificare alcune notizie sui processi alla “banda Berlusconi”, come la chiamava lui, e sugli inciuci destra-sinistra: le bozze del mio ultimo libro gli servivano per un saggio che stava completando con Roberto Petrini per l’editore Laterza, “per avvertire un’ultima volta gli italiani del pericolo che corriamo da una rimonta di quei delinquenti”. Era allarmato dagli ultimi sondaggi. Proferiva commenti irriferibili sull’ opposizione che continua a invitare e vezzeggiare Confalonieri (“altro che antitrust, altro che legge sul conflitto d’interessi, questi non cambiano mai”). Ma era appena uscito dall’ospedale e ridacchiava: “L’ho sfangata un’altra volta, io a quelli lì la soddisfazione di schiattare prima della loro sconfitta non gliela do”. Se n’è andato prima. Ma l’eterna Italia illiberale e illegale, che aveva combattuto per una vita, non proverà soddisfazione alcuna, perché ha sempre fatto a meno di lui. In compenso, chiudendo gli occhi per tempo, il vecchio Paolo s’è risparmiato gli ultimi spettacoli. Come l’ex-neo-Cirielli, quella che, appena pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, il vicepremier che l’ha appena votata già annuncia di voler modificare.O come la legge anti-Caselli, approvata per stroncare la carriera a un magistrato integerrimo che ha osato processare Andreotti: quella stessa legge che sta per essere annullata con un emendamento alla Finanziaria per impedire a un altro magistrato integerrimo che ha osato processare Andreotti, Guido Lo Forte, di diventare procuratore di Palermo. “Cupidigia di abiezione”, la chiamava Sylos Labini. E batteva i pugni sul tavolo. Continuiamo a batterli anche per lui.
C'è poco da dire, se non che questi uomini (penso Sylos Labini, Montanelli, lo stesso Travaglio, Ferrante, ecc.ecc) che in un altro Stato sarebbero stati uomini di destra devono gravitare nella cerchia della sinistra. Anomalie italiane di cui chissà quando ce ne liberemo.
Etabeta hai ragionissima. MT comunque stavolta anche se si capisce benissimo cosa vuol dire è un po' stronzo :-))) quando scrive: "giustifica l'esistenza della Lega Nord".
Carolina
Paolo Sylos Labini ha scritto l'introduzione del terz'ultimo libro di Travaglio :"Intoccabili", imperdibile, davvero una perdita enorme per l'Italia...