Clericali all’Assalto
di Corrado Stajano
Il presidente del Senato Pera che si lamenta come un bambino dell’asilo, incompreso e vendicativo: «A Lucca mi attaccano perché sono amico del successore di Pietro». Sarà contento il Papa? O lo sarà stato di più quando il suo amico sentenziò che «l’embrione non è una muffa?»
Il presidente della Camera Casini che va all’assalto della legge sull’aborto. Firma e reclamizza un’indagine conoscitiva della Camera sulla 194 - come se non bastasse la relazione fatta ogni anno sulla sua attuazione -, mentre si mettono all’opera le squadre dei volontari anti-aborto.
Persuasori palesi e occulti, come ai tempi del banditismo sardo quando, nei paesi intorno al Supramonte di Orgosolo, venivano arruolate le compagnie di ventura che violavano l’autorità dello Stato. Casini aveva cominciato la sua campagna al di sotto delle parti esprimendo con una telefonata solidarietà al senatore dell’Utri imputato a Palermo in un processo per concorso esterno in associazione mafiosa (nove anni di prigione) e l’aveva fatto sapere con un comunicato - era questo l’intento, la consonanza umana, infatti, rifugge dalla pubblicità - quando la corte si era ritirata in camera di consiglio.
Il senso dello Stato dei due presidenti del Parlamento nazionale. Ve li figurate De Nicola e Ingrao, la Iotti e Scalfaro, Pertini, Spadolini e Napolitano far giochi di parte così, spudorati, far campagna elettorale usando il prestigio della loro carica che dovrebbe essere di alta garanzia per tutti i cittadini della Repubblica?
La prudenza e la saggezza di uomini dotati di equilibrio che, di generazione in generazione, hanno operato dopo il 1870 per sanare le lacerazioni tra lo Stato e la Chiesa sembra che stiano andando in fumo in questo momento di regressione civile: per l’ottusa subalternità clericale di uomini dello Stato, per l’alterigia della gerarchia ecclesiastica che si manifesta di continuo su leggi, ordinamenti, regole, discipline spettanti alla società politica e su orientamenti e opinioni differenti dai precetti della Chiesa, espressi dalla collettività. (Permettendosi persino di sentenziare in modo risibile e sospetto sulla materia, certo non di fede, delle intercettazioni telefoniche in quella storiaccia irrisolta della banca di Lodi e del governatore Fazio).
Se questa non è ingerenza. Espressa con supponente autorità, con l’arroganza di un potere che sembra assai poco dialogante, pericolosa perché può ricreare o rinfocolare lo spirito anticlericale in un Paese che sembrava guarito dalle rotture dell’intolleranza. Se si vuol far rinascere la «Questione romana», se si vuol far sì che la presenza cristiana sia considerata come elemento di divisione e non, anche, come mastice di vita civile, certamente la pratica usata dal cardinal Ruini e dai suoi proni e interessati interlocutori di qua dal Tevere, la strada è questa.
«Se consideriamo l’itinerario complessivo del movimento cattolico non più dal suo interno, ma nella prospettiva della costruzione - o mancata costruzione - di una identità nazionale, è impossibile non vedere che l’intransigenza cattolica nei confronti dello Stato unitario ha rappresentato un ostacolo grandissimo al radicamento nel nuovo Stato delle masse popolari. L'intransigenza cattolica è stata per l’ancora fragile Stato italiano un forte ostacolo alla formazione di un’identità nazionale sentita a livello popolare».
È il pensiero di Pietro Scoppola, illustre storico contemporaneista, cattolico democratico di rilievo, autore di studi e di libri importanti per la conoscenza dei problemi che riguardano i rapporti tra Stato e Chiesa, De Gasperi, la Repubblica dei partiti, il sistema politico e la Dc. L’ha espresso in un libretto, La democrazia dei cristiani, appena pubblicato da Laterza, che ha la forma di un’intervista, curata da Giuseppe Tognon, professore di Storia dell’educazione, ma è un compendio a due voci su temi di costante contemporaneità.
Quel che, leggendo, colpisce di più è il livello elevato della discussione politica nel passato remoto e prossimo, anche quando lo scontro tra le parti fu aspro. E fu alto anche il livello dei personaggi, non soltanto i leader, De Gasperi e Togliatti, ma buona parte di una classe dirigente che certo non è riuscita a trasmettere saperi, cultura e modi di far politica alla classe dirigente di oggi.
Uno dei temi è la questione romana, appunto, il peso della Chiesa nella società nazionale e per al destra italiana priva di radici storiche paragonabili a quelle dei partiti conservatori dell’Occidente, ma da sempre espressione del disagio dei ceti medi emergenti: «ha assunto le forme del dannunzianesimo, di un certo interventismo, poi del fascismo, del qualunquismo, fino alle sue espressioni attuali nel fenomeno del «berlusconismo». L’appello di certa parte della destra italiana ai valori cattolici, anche quando è soggettivamente sincero, appare segnato dall’uso strumentale della religione fatto in passato».
Scoppola, uno dei «cattolici del no» ai tempi del referendum per il divorzio, contrario, invece, alla legalizzazione dell’aborto, è stato vicino alle idee di don Primo Mazzolari e di Giuseppe Lazzati, ma ha oggi una grande stima umana, politica, intellettuale, che forse un tempo non possedeva, per De Gasperi: «Ha contribuito in maniera decisiva alla saldatura fra la Chiesa italiana e la democrazia; ha posto solide promesse politiche e poi per lo sviluppo economico e sociale del Paese; ha collocato la ricostruzione della democrazia italiana in un contesto internazionale; ha posto le premesse e ha compiuto i primi passi sulla via della costruzione di un’Europa unita». Berlusconi, motiva con fermezza Scoppola, «non ha alcun titolo per presentarsi come continuatore dell’opera di De Gasperi, né lo potrà avere nessuno dei suoi successori».
Di quale genere fu l’anticomunismo di De Gasperi? «Rifiuta tenacemente il blocco anticomunista aperto alle destre, che invece aveva nei vertici ecclesiastici non pochi simpatizzanti, e mantiene il suo fermo anticomunismo nei limiti della democrazia: il suo, in sostanza, è un anticomunismo democratico».
Moro, la solidarietà nazionale, il sequestro e l’assassinio, la transizione al bipolarismo incompiuto, sono tra gli altri temi del libro che ha per sottotitolo «il cattolicesimo politico nell’Italia unita» e che è ricco di occasioni di discussione e di studio.
Dalla Democrazia cristiana alla democrazia dei cristiani. Che cosa significa? «L’identità politica dei cattolici italiani è anch’essa un problema aperto: non credo che debbano essere più alla ricerca di una democrazia «cattolica», ma di una forma più alta di democrazia, di una democrazia di tutti nella quale il loro contributo sia per un approfondimento e un radicamento nella democrazia. (...) Ricordo i ripetuti interventi del cardinale Martini quando, da arcivescovo di Milano, nelle sue lettere pastorali per la festa di Sant'Ambrogio chiedeva ai cattolici di farsi carico in politica non solo di questioni di immediata rilevanza etica, ma anche di buon funzionamento della democrazia e delle istituzioni. Oggi il compito più urgente è quello della difesa della Costituzione del ’48, minacciata da una modificazione che ne mette in pericolo i fondamentali principi ispiratori, che tanto devono ad una ispirazione cristiana».
adesso è il periodo in cui si fanno pure le attività cosiddette "culturali" cielline per: portare avanti l'attacco; contemporaneamente sostenere tutti i distinguo, della serie "no, non siamo razzisti", oppure "no, sì, cioè, con il governo o con un altro governo" e insomma smarcarsi di dosso le comprensibilissime accuse e intanto fare il cacchio che pare a lorsignori fanatici, magari con i soldi dello Stato.
Per farla breve, l'ultima ciellinata che mi è toccato sentire era sulle terapie con le staminali.
Per questi qua bisogna proprio vietare anche solo la ricerca perché (notate la logica) se poi conducesse a qualche terapia importante... i cattolici la dovrebbero rifiutare per fede... e allora... e allora uno pensa: "State dicendo (seppure bislaccamente) che lo Stato non deve discriminare, cattolici, persone, cittadini etc.". Nope.
La conclusione dello sproloquio era: "Non vogliamo diventare come i Testimoni di Geova" [sic arisic e strasic] che come si sa spesso rifiutano le trasfusioni. Non so se ridere o piangere. Bravo Stajano e bravo Alberto.
Carolina