Ho un pensiero che mi frulla nella testa da quando si è cominciato a parlare di nuova legge elettorale che vorrei condividere con chi è più ferrato di me sull’argomento. Mi pongo la domanda: ma la necessità di un premio di maggioranza non rappresenta la sconfitta della politica? In definitiva con esso si ricorre ad un artificio contabile perché chi si propone a governare il paese non è in grado di aggregare il consenso sufficiente, o non è così?. Perché, mi chiedo, non è apparentemente possibile redigere un programma elettorale che soddisfi, dico una maggioranza qualificata a caso, il 65% degli elettori? Cos’è che tecnicamente lo impedisce? Percepisco la presenza di un “inghippo” ma non riesco a determinarne i contorni. Agli occhi dell’osservatore disincantato, il panorama si presenta così: due blocchi che, seppure variegati al loro interno, contano, per effetto di voti “inchiodati” ai partiti, ognuno una quantità di consenso elettorale equilibrata rispetto all’altro, che ammettono un certo numero di voti “migranti”, forse in equilibrio anche questi e, infine, l’insieme dei cosiddetti “indecisi”. La differenza tra “migranti” e “indecisi” è che i primi rappresentano il consenso di “leaders” che cambiano di posizione in conseguenza di manovre di potere al vertice e che generalmente si compensano perché le migrazioni avvengono nei due sensi, mentre i secondi sono quelli che possono cambiare opinione, che possono votare cioè da una parte o dall’altra e che, proprio per questo, sono il vero obiettivo di tutta la promozione elettorale. Se così fosse, allora vorrebbe dire che il famoso programma elettorale, quello su cui si incentra tutto il dibattito e il confronto politico, in realtà mira a convincere un piccolo numero di elettori, quelli indecisi e, di conseguenza, potrebbe non avere molto a che fare con le aspirazioni del resto. Questo perché il resto sono i voti “inchiodati” e inamovibili dei partiti e i “migranti” che non spostano l’ago della bilancia perché abbiamo detto che si compensano (in verità sarebbe esatto aggiungere che giocano partite su altri tavoli che non sul confronto sui programmi). Dal quadro esposto, se fosse vero, viene fuori un’immaturità di fondo dell’elettore che non riesce a valutare le proposte per quello che sono e rimane inchiodato al proprio partito “a prescindere” e viene fuori altresì il pragmatismo della politica che su tale immaturità fonda il suo operare. E l’effetto sarebbe due o più programmi che si rivolgono allo stesso numero esiguo di elettori, peraltro politicamente i meno caratterizzati e che per questo non possono essere granchè differenti tra loro, in definitiva un male per tutto il paese e non certo la realizzazione della tanto decantata governabilità attraverso il bipolarismo. Potrei aver detto castronerie non so e un po’ di confusione l’ho fatta sicuramente, ma se un minimo di verità l’ho percepita con questo discorso, allora sarebbe bene che si facessero da parte i commercialisti della politica, che i cittadini si svegliassero e che venissero fuori leaders in grado di fare proposte tali da essere votate da una maggioranza qualificata di elettori. Cari leaders e quadri della sinistra riformista e moderata, nonché dei liberali, repubblicani, democratici in genere, cristiani e non, e cari orfani dei partiti della prima repubblica distrutti dalla seconda, vorrei fare un appello. Un appello per la redazione di un programma elettorale di governo che vada a favore del 65% dei cittadini italiani e che sia sottoposto al giudizio dell’elettorato dalle prossime consultazioni politiche con l’intento di ottenere il 65% dei consensi. Non credo che il nostro paese possa permettersi ancora partiti sclerotizzati che non si sa più chi e che cosa rappresentino e che si lasciano immaginare a difesa di chissà quali interessi settari o addirittura loschi. E non credo neanche ai tentativi di tanti ex e nuovi leaders di riunire i resti di partiti un tempo gloriosi, che si propongono ognuno come punto di riferimento della riunificazione sulla base non delle cose da fare ma su quella delle passate glorie e della collocazione nello scacchiere politico. Non ci credo perché prima di tutto quando si è in tanti a dire unifichiamoci e venite da me, si sostiene una contraddizione in termini ed è questo quello che accade, in secondo luogo non ci credo perché il cosiddetto scacchiere politico non esiste più. Guardate che l’idea che si è fatta il cittadino comune come me è che dietro gli schieramenti, ovvero dietro ai due poli del bipolarismo italiano ci siano differenti e antagonisti gruppi economico-finanziari e che la battaglia per il governo del paese è tra di loro e i cittadini elettori servono solo a legittimare tale governo. Non voglio fare l’estremista, ma credo che il rinnovamento possa avvenire solo dal basso con una forte domanda di democrazia e con leaders che siano svincolati dalle potenze economiche e che stabiliscano i giusti rapporti con queste perché, come tutto il resto, anch’esse vanno governate e non può essere il contrario. In proposito non pensate che i fatti di cronaca riguardanti le recenti vicende dei vari Fiorani, Ricucci, Fazio, ecc., siano la parte affiorata per caso oggi, come affiora periodicamente con caratteristiche pressoché identiche, vedi Tanzi, Cragnotti, ecc., di un sistema che funziona così dappertutto e sempre e che dimostra come sia la politica ad essere governata dall’economia e non il contrario, come sarebbe salutare che fosse? E’ per questi motivi che credo che il momento nuovo di aggregazione del consenso possa essere il programma redatto in forma chiara e comprensibile e diretto a convincere il 65% degli elettori sulle cose da fare e costruito da chi ci sta senza pregiudiziali di sorta.