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Alberto Biraghi
Me and You and Everyone We Know
Da
Shortcuts in poi il cinema non è stato più lo stesso. I racconti fatti di pezzi di storie che si incrociano sono all'ordine del giorno, soprattutto nel variegato e creativo mondo degli indipendenti, unico ambito in cui anche gli Stati Uniti riescono a dare ancora qualcosa di diverso da effetti speciali e amorazzi miliardari. Non tutte le ciambelle riescono col buco, non tutti i puzzle si trasformano in una bella immagine, non tutti i flim altmaniani sono capolavori. E' il caso di questa
operina prima di tale Miranda July, in cui si raccontano le vicende di Richard Swersey, commesso in un negozio di scarpe, fresco separato a viva forza. I quadretti di cui è composta offrono spunti interessanti per riflettere sui problemi dell'incomunicabilità tra gli adulti, delle sovrastrutture, delle convenzioni a cui i bambini riescono a sfuggire.
Insomma, ci sono alcune buone idee (la chat tra una donna un po' sporcacciona e il bambinetto inconsapevole, l'autoiniziazione al sesso orale delle due ragazzette fintoscafate) e alcuni momenti validi. Ma troppe ingenuità, troppe forzature (le noiosissime sequenze degli esperimenti artistici con la videocamera, la mano che prende fuoco) e soprattutto un ritmo ballerino obbligano ad annoerare Me and You and Everyone We Know tra i film da archiviare in fretta, non senza concedere alla regista una prova d'appello.
27.12.05 16:58 - sezione
cinema