Bagni pubblici e docce
Le nuove «residenze» dei rifugiati di Milano
di Giuseppe Caruso
DI CHE COSA ha paura l’assessore ai Servizi sociali di Milano, Tiziana Maiolo? L’ex giornalista del Manifesto ed esponente di Rifondazione Comunista, poi folgorata sulla via di Arcore, ieri ha deciso di chiudere alla stampa due dei centri in cui sono stati siste-
mati i circa cento rifugiati politici che giovedì avevano occupato piazza del Duomo. «I centri non sono ancora pronti per essere mostrati alla stampa» spiegava ieri l’assessore Maiolo, «per entrare ci vuole un permesso ed arriverà nei prossimi giorni». Strano atteggiamento, quello della giunta milanese, visto che fino a giovedì il vicesindaco De Corato dichiarava sicuro: «Il Comune, al contrario della Provincia del presidente Penati, ha dimostrato di essere per soluzioni serie e concrete, offrendo strutture di accoglienza attrezzate».
E allora perché queste strutture tanto belle ed attrezzate improvvisamente non possono essere visitate? Perché renderle off-limits? Che cosa è successo?
Tra l’altro uno dei due formidabili centri, quello di via Pancrazi, è uno stabile comunale che ospita delle docce pubbliche. Ai cronisti ieri è stato impedito anche solo di varcare la porta che conduce agli impianti.
Nel seminterrato di questo centro, ad occhio e croce un centinaio di metri quadrati, sono stati sistemati i container da meno di dieci metri quadri che devono ospitare quattro persone. In tutto, in quello stabile, ci sono una cinquantina di persone.
«Lo spazio è piccolissimo e manca l'aria», si lamentano Petros e Teresa all'uscita della palazzina. «Abbiamo accettato solo perché ci hanno dato la garanzia che non staremo qui oltre il 10 gennaio» spiega Medhani. Ma il vice sindaco De Corato ieri annunciava che «la soluzione trovata è valida per 6 mesi». Quindi di uno spostamento se ne riparla a giugno...
La situazione più paradossale è però quella dell’altro stabile «vietato», che si trova in via Anfossi. Si tratta di ex bagni pubblici, in cui non sono nemmeno stati sistemati dei container. Cinquantacinque persone lo abitano da giovedì notte, divisi gli uni dagli altri soltanto da lenzuola usate come séparè.
Filomon, uno degli ospiti di via Anfossi, racconta: «Da fuori la struttura pareva molto meglio di com’è, abbiamo dormito tutti in una grande sala, a pochi passi da bagni maleodoranti, separati solo da una tenda. I responsabili della struttura sono stati molto gentili, ma non è possibile restare qui a lungo».
Gli altri rifugiati politici sono stati sistemati in spazi diversi, come nei container di via Di Breme o nel dormitorio di via Ortles, il posto in cui le cose sembrano andare meglio.
Al momento dal comune di Milano non è arrivata nessuna notizia sui tempi dell’apertura alla stampa dei due centri che creano, evidentemente, molto imbarazzo. Tuttavia l’assessore Maiolo ha tenuto a far sapere che questa sera, per l’attesa del capodanno, verrà organizzata «una bella festa». Adesso siamo tutti più tranquilli.