Capossela ci canta la Bibbia e i kamikaze
di Federico Fiume
Cinque anni dopo Canzoni a manovella Vinicio Capossela torna con un album dai sapori quasi apocalittici, denso di immagini forti, di atmosfere immanenti, in cui la canzone è piegata a una interpretazione mitologica e alla pervasiva presenza del sacro nelle sue forme più arcaiche e possenti. Ovunque proteggi devia dal consueto vocabolario espressivo di Capossela, andando a pescare in fondo all'ampio cilindro del suo immaginario, giù giù fino agli archetipi che infondono il tempo, la cultura, l'umanità sin dall'alba della civiltà. Il Minotauro, la Medusa, i riti sacri del sud Italia, l'enorme bacino dell'immaginario biblico emergono fra i solchi di un album che fa della dimensione atemporale l'arma migliore per rappresentare la contemporaneità. Espressioni come «scontro di civiltà» o «guerra di religione», che sembravano sepolte sul fondo della Storia, sono tornate di drammatica attualità e l'incombere della tragedia, della distruzione, si distende nuovamente sul mondo. Per questo Ovunque proteggi, nella sua rappresentazione drammaturgica neo-barocca, è un attuale e inquietante messaggio di realtà.
«Queste suggestioni - spiega Capossela - mi parlavano già da diverso tempo. C'è un momento in cui le cose ti parlano; cinque anni fa era successo per tutto un altro genere di mondo, quello di Canzoni a manovella che rappresentava una certa storia del Novecento. In questo caso tutto parte dai segni e dalla loro interpretazione; gli dei non si sono mai mostrati agli uomini, bisogna interpretarne i segni. Nell'antica Grecia gli ospiti erano sacri perché sotto le loro spoglie poteva celarsi un dio che bussava alla tua porta. Come un viandante, mi sono messo a disposizione della strada e dell'incontro, ho attraversato il deserto, che è una cosa che bisogna sempre fare per avere visioni. Poi devi digiunare o nutrirti solo di certe cose e soprattutto non prendere nessun tipo di impegni. Dopo il deserto si possono trovare anche luoghi molto prossimi alla tua esistenza, però devi metterti nella condizione giusta d'ascolto». Creato il necessario spazio, giunge la visita dell'ispirazione, che stavolta si presenta nella forma degli archètipi: «Gli archétipi sono le pietre di base su cui tutto è costruito, cose che poi si riproducono e si ampliano». Ma essi non si mostrano se non a chi sa interpretare i segni della loro presenza, segni che Capossela ha percepito in una varia quantità di cose diverse: dall'Ecclesiaste biblico tradotto da Ceronetti, «magnifica fonte di visioni», all'Iliade; dalla cronaca sanguinolenta di islamici martìri esplosivi e relativi video-proclami, alle processioni siciliane della settimana santa, passando per il Colosseo, per Pasolini e il suo Edipo Re o per un vecchio pezzo dei Los Lobos come Prenda del alma, da lui tramutata in Pena del alma. Poi ci sono le gallerie della metropolitana di Mosca che si mostrano come «le nuove catacombe», fino ai funerali di Papa Wojtyla: «Mi hanno molto impressionato - ricorda il cantante - Mi ero ubriacato la sera prima, avevo fatto pasticci e mentre ero lì che mi rigiravo nel letto, dalla televisione accesa mi arriva questo rito solenne. Era il periodo dopo Pasqua, ero già stato a qualche festa della settimana santa in Sicilia. A parte il folclore e il costume c'è proprio l'uomo in quei riti: la carne, la morte della carne, la dissoluzione della carne, il verbo iniziale, perché anche la parola cristianesimo ha già nel suono della sua sillaba iniziale, quel "cr" che la evoca. Guardavo questi funerali sferzati dal vento e alcuni amici di Roma mi hanno detto che c'era solo lì, nel resto della città no. Il vento è stata una presenza che ha accompagnato molti momenti significativi del suo papato, ci sono diverse foto di lui con la mantellina che svolazza. Mi ha molto colpito questa presenza anche al suo funerale».
Le 13 canzoni dell'album sono state registrate in studi, ma anche in una grotta preistorica in Sardegna (Brucia Troia), in una chiesa di Scicli in Sicilia, in una Milano d'agosto che Capossela descrive come «una Babilonia deserta, attraversata da una visione: il sommergibile Toti in lento cammino per le strade della città. Insomma questo è il disco: l'uomo. Partendo dal niente sotto il sole, con intorno un deserto di pietre e una pietra in mano, come nell'Odissea di Kubrick, fino allo spazio».