Cinema, natale e l'occasione persa
Sara Trovato ha scritto a OneMoreBlog:
Dire film di Natale è quasi dire una bestemmia, ormai: tra i vedutissimi fratelli Vanzina e le pur belle ma fanciullesche produzioni Walt Disney e sfidanti vari, è come dire botteghini pieni, ma bei film pochi.
E così è andata anche quest’anno, verrebbe da dire, se non fosse per un’occasione persa – persa dal punto di vista dell’uscita natalizia, ma tutt’altro che persa invece perché il film in realtà è uscito in Italia ieri 20 gennaio: e si chiama, appunto
Joyeux Noël.
In Italia se ne è parlato pochissimo, sebbene presentato a Cannes 2005, non è arrivato nelle sale della rassegna. Ma è un film sulla guerra tra i più belli. Ed ha giustamente ottenuto la nomination francese per l’Oscar 2006.
Il suo regista, Christian Carion – carriera scolastica senza gloria, come ha voluto ricordare sul sito allocine; si guadagna da vivere lavorando al Ministero dell’Agricoltura francese – è al secondo lungometraggio.
Il cast, corrispondentemente povero di grandissimi, è nondimeno molto ben assortito. Franco-tedesco- inglese (noi italiani riconosciamo solo un attore loachiano, Gary Lewis, e Diane Kruger, la bellissima Elena di Troy), ma non stupirebbe affatto che la breve filmografia di questi attori diventasse lunga e celebre.
Il film racconta la storia – vera – di tre trincee affacciate nel 1914, tedesca, francese e britannica (con soldati scozzesi). La sera della vigilia di Natale.
Prologo: i volti dei soldati dicono serietà e preoccupazione, e lo scherzaccio cameratesco lo fanno gli scozzesi ai danni del comandante severo e duro con le vite altrui. Il tenente francese prima dell’attacco vomita. La moglie di un tenore tedesco scavalca i generali per ottenere di cantare con il marito.
La guerra è iniziata da poco, ed è il primo Natale, in trincea.
Due o tre personaggi sono narrativamente importanti in ogni campo; le loro storie sono molto belle, e non ve le racconterò.
La vicenda è di fraternizzazione tra nemici. Sorprendente. Ma solo perché la visione della guerra, durante, subito dopo, per tutto un breve secolo insanguinato e nazionalista come il XX, ha voluto cancellare la memoria di questi eventi. Perché viviamo grazie al cielo oggi in un’Europa dai valori assai diversi, questo bellissimo film si inserisce in un filone che ci auguriamo prospererà: lo stesso, per intenderci, di Rosenstrasse della Von Trotta, un filone europeista, pacifista, morantiano, attento all’individuo semplice e anonimo che la Storia ha travolto e poi voluto dimenticare.
Bellissimo il senso del Natale che viene fuori dal film, festa di pace e di affetti che inteneriscono il cuore, festa religiosa di messa recitata ancora in latino, antica lingua comune e ormai di nessuno, come la terra di nessuno dove viene celebrata, come la religione cristiana che tutti condividono, come può sentirlo solo una chiesa semplice e vicina al popolo.
Il clou del film arriva non solo quando qualcuno ha il coraggio (viva la musica, viva l’arte che intenerisce i cuori) di esporsi al tiro e di entrare nella no man’s land tra le trincee, ma nell’attesa di sapere: quando e come, costoro riusciranno a rimettersi a fare la guerra? E sarà un passaggio molto ben risolto narrativamente, e con una forte e (sanamente) ideologica morale.
E’ stato scritto che la messa in scena e le soluzioni cinematografiche del film sono volutamente semplici, e in accordo con il suo tema, con i suoi personaggi positivi: una giusta osservazione, che non significa certo un film povero o manchevole. E’ vero comunque che la massima qualità del film sta nel suo contenuto, nel senso della storia, nel suo recupero di verità che oggi, finalmente, ci sembrano tutt’altro che scomode. Quindi è bene che l’accordo sia stato fatto verso i valori espressi del contenuto, piuttosto che lasciar dominare una forma altrimenti invadente.
L’esplicita morale del film la pronuncerà il giovane tenente francese: che ne sanno quelli che ci ordinano di morire mentre stanno al caldo a casa loro? Chi sta come noi, invece, sono quegli altri soldati nelle trincee dall’altra parte. Una morale che dice Marx, e l’idea che la guerra è sempre fatta dai borghesi sulla pelle di un proletariato diviso per interesse, ma dice anche Chomsky, ovvero la convinzione che la gente comune sia molto più saggia, rispetto a scelte atroci come la guerra, di quei governanti che così decidono.
23.01.06 00:01 - sezione
cinema