Inciucio a Milano
«Il comportamento dei partiti ha generato un alto rischio di esplosione dell antipolitica che dovrebbe allarmare dirigenti politici. Ma nessuno sembra farci caso». Questa frase di Gad Lerner riassume i contenuti della serata di ieri alla camera del lavoro di corso di Porta Vittoria a Milano, dove Salvatore Bragantini, Gad lerner, Paolo Mieli hanno presentato
Inciucio, ultimo libro di Peter Gomez e Marco Travaglio, in libreria da qualche tempo e già venduto in oltre 80mila copie.
La serata non comincia granché bene: Salvatore Bragantini di Corsera - invitato all'ultimo momento a sostituire Ferruccio De Bortoli - pur denunciando malaffare e corruttele, pur ricordando l'importanza di seguire le regole, usa un tono piatto e monocorde e un tale eccesso di parole da risultare soporifero. Molto meglio fa Gad Lerner, più deciso, sintetico e prodiano. Si chiama fuori dal folto gruppo di colleghi iscritti alla loggia trasversale degli "inciucio boys", ma al contempo rinuncia a giudicarsi migliore di loro. Rifiuta la logica del "tanto sono tutti uguali", la sensazione diffusa che i leader si somiglino tutti, rivendicando una differenza netta e sostanziale tra destra e sinistra.
Paolo Mieli si occupa di trasversalisti, che giudica più pericolosi dei corrotti. Ma nonostante gli sforzi, nonostante il riconoscimento del rifiuto della più alta e retribuita poltrona in RAI, non può che essere iscritto d'ufficio alla categoria. Non è un caso se nel secondo giro di brevi interventi, non sa che rispondere né alla domanda di Piero Ricca (*«che c'entrava il pregiudicato e colluso mafioso Andreotti con la rievocazione di Indro Montanelli»*) né a un altro spettatore che chiede conto del silenzio stampa - a cui il Corriere partecipa - sulla raccolta di firme contro lo scempio della Costituzione.
Peter Gomez fa osservare come Mani Pulite abbia fatto passare in secondo piano il problema più grave, la partitocrazia. Negli anni '80 - ricorda Peter - i partiti (principalmente DC e PCI) certo occupavano ogni minimo spazio di potere e controllo, ma avevano almeno dietro di loro una forza popolare viva e pulsante, capace di dare impulso alla società. Oggi questa forza si è ridotta drammaticamente, i partiti rappresentano sempre meno gli elettori e sempre più se stessi. Di fatto sono tutti guidati da perdenti di professione, personaggi che in Francia o Germania si sarebbero ritirati, ma che in Italia continuano a detenere il potere pur privi di reale consenso popolare. Questa situazione si rivela in modo eclatante nello scandalo della nuova legge elettorale, che tra pochi giorni porterà un gruppetto di 15-20 persone a decidere chi saranno i 900 parlamentari della prossima legislatura.
Marco Travaglio, dopo una breve introduzione sui rapporti tra Velardi e Saccà, con la nota fiction televisiva da 1milione a puntata e i grandi guadagni piovuti addosso all'amico di D'Alema dopo la breve presenza a Palazzo Chigi, si aggancia alle tesi di Lerner: ammette che a sinistra mancano le facce patibolari che infestano la destra, ma fa osservare che ciò che è simile è la concezione del potere. naturalmente si parla di Petruccioli e della sua visita a casa Berlusconi e di Bruno Vespa (*se quello è un giornalista, allora io faccio altro*). Travagli torna anche sulle intercettazioni Unipol (*«Consorte dice a Fassino che ha superato il 51%, ovvero di aver commesso un'illegalità visto che in Italia la legge impone l'OPA sopra il 30%, ma Fassino non fa una piega»*) e sulle polemiche per la sovraesposizione mediatica di Berlusconi in questi giorni (*«Il problema non è la presenza di berlusconi o Giovanardi, che si danneggiano da soli esibendosi, ma del fatto che da anni la RAI ha abolito le notizie dai propri telegiornali»*).
Sala gremita e coda per le firme. Un pubblico affettuoso riconosce a Gomez e Travaglio il merito di insistere a fare i giornalisti, nonostante tutto.
31.01.06 08:25 - sezione
libri