Bianco o nero, vita o morte: le improvvise certezze dei nuovi «radicali»
di Luigi Galella
La mattina del 13 dicembre ero in classe e con i miei studenti leggevo il quotidiano. Dall'altra parte dell'oceano Tookie Williams iniziava a morire, per effetto di un'iniezione letale non immediatamente efficace. Un'agonia durata ventidue minuti, mentre il corpo tremava, sussultava, resisteva alla fine, dopo averla attesa per ventiquattro anni. Per una strana coincidenza, dovuta al fuso orario, potevamo leggere il giornale sapendo che proprio in quel momento si stava verificando l'esecuzione. La sua morte «in diretta». Non tutti conoscevano Tookie Williams e qualcuno si chiedeva com'era possibile che dal carcere avesse potuto scrivere e pubblicare dei libri, grazie ai quali peraltro molti ragazzi dei ghetti s'erano salvati. Ferdinando si domandava come aveva fatto a trovare l'editore. Ma al di là delle prime, curiose divagazioni dal tema centrale, man mano che la lettura procedeva, l'atmosfera si faceva tesa e intenta. L'idea che quell'uomo - da prima criminale e successivamente, pentito, simbolo di redenzione sociale - stesse morendo, e che il nostro sguardo accompagnasse i suoi ultimi istanti di vita, aveva indotto in tutti una sospesa, inquieta concentrazione. Vedevo i loro occhi fermi sulla pagina, occhi solitamente disimpegnati, un po' leggeri, un po' frivoli, per una volta piegati alla contemplazione assorta del dramma.
Non erano in vena di battute, l'argomento li toccava. Avevano voglia di schierarsi. Appreso che il governatore della California, Arnold Schwarzenegger, aveva negato la grazia per motivi opportunistici e politici, qualcuno disgustato disse che era una porcheria e nessuno lo giustificò. Molti, tuttavia, si dichiararono a favore della pena di morte, e qualcuno anche nei confronti dello stesso Tookie Wiliams, perché «è troppo facile pentirsi, dopo». Avrei dovuto aspettarmelo, forse, ma sono ugualmente rimasto stupito. Il fatto che considerassero la pena come una forma di vendetta, ad esempio, me li mostrava sotto una luce inattesa. Sembrava che la moderna civiltà del diritto non fosse mai penetrata nei loro pensieri. E i pochi che dicevano «no» lo facevano esclusivamente per una ragione cristiana, perché «non è giusto da parte di nessuno porre fine alla vita di un altro essere umano. Solo Dio ha questo potere». Mancava da una parte e dall'altra il punto di vista laico. In maniera sorprendente e preoccupante. Come se la giustizia fosse solo una questione religiosa, e oscillasse fra la legge del taglione e il perdono. Mi sono chiesto che cosa originasse quel primitivismo giuridico. Giustificato in parte, credo, dalla constatazione che chi infrange la legge, nell'Italia dei furbetti e dei furboni, troppo spesso la fa franca. E ho provato a domandarlo a loro stessi. Da che cosa nasceva ad esempio l'idea che si dovessero impiegare i lavori forzati e che l'ergastolo fosse preferibile alla pena di morte, ma solo perché in questo modo «si soffre di più». Non mi hanno saputo rispondere, se non ribadendo il loro radicalismo, infantile e antico. Nutrito forse di saghe e faide medievali, di guerre fra i mondi, della moderna fantascienza e dall'horror, che attingono i loro simboli e la truce vitalità da paure arcaiche, in cui il mondo si semplifica e spacca in due soli principi: nel bene e nel male. E in cui la storia e la società più complesse di tutti i tempi diventano d'incanto le più elementari e semplici. Sconfiggere il male e fare in modo che trionfi il bene. Lezione bene appresa da quei politici, nostrani e d'oltreoceano, che si industriano a conquistare il consenso con due soldi d'eloquenza. Se è vero, come sostiene Giuliano Amato, che «l'istruzione capillare» e la lettura del quotidiano in classe possono essere utili «nell'educazione di massa al senso critico», bisogna capire che il lavoro da fare è tutto in salita. Perché è proprio «il punto di vista critico» ad essere in crisi. Nella società e quindi nella scuola. Fra i ragazzi, fra gli intellettuali, fra gli insegnanti. Ai quali spetterebbe il compito di diffondere gli «anticorpi» utili ad arrestare il degrado, la pandemia di incultura. Ed è curioso e paradossale che proprio a loro si chieda di portare la volta del cielo sulle spalle, nel momento in cui vengono fiaccati dai tempi e «criticamente» si interrogano su se stessi.
E' vero, è difficile sviluppare il senso critico nei ragazzi, soprattutto qnd poi in famiglia ciò ke viene adottato è esattamente il principio del è bene o è male. Ma bisogna farlo. Ki insegna lo sviluppi il+possibile negli studenti, ki fa il genitore lo faccia coi figli, gli zii coi nipoti e magari nel suo piccolo anke ki fa ogni tanto la baby sitter qualcosina può ;o)
è un punto di vista legale. Il punto di vista laico almeno da un punto di vista costituzionale gli Americani l'avrebbero più sviluppato di noi. Un sistema di separazione, un sistema di garanzie. Però non riescono a capire Cesare Beccaria. Lo so dal mio corrispondente americano "Saulpaulus", con cui mi scrivo dal lontano 12 settembre 2001. Rien à faire. Beaucoup à espérer. :-D
Carolina
A Luigi sei sempre il solito! Ma perké la pena di morte dev'essere vista come un'usanza antica ke non può essere tollerata nel XXI secolo?? E' una pena come un'altra! Dove sta scritto ke è antica? E' attualissima e se venisse applicata anke in Italia, ci sarebbero meno pedofili e stupratori in giro.
"Non mi hanno saputo rispondere, se non ribadendo il loro radicalismo, infantile e antico"
Radicalismo infantile e antico sarà il tuo! Ah, dimenticavo, voi siete per l'amnistia: tutti fuori dai carceri! Olè! Ti posso fare centinaia di esempi di "pentiti" ke appena usciti dal carcere, lo stesso giorno hanno ammazzato di nuovo.