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Alberto Biraghi
Casanova
Se
questo film si chiamasse "Villavecchia" o "Pippo" potrebbe anche scivolare via inosservato, una storiella in costume settecentesco, senza infamia e senza lode. Invece qualcuno ha avuto l'idea peregrina di dedicarlo a Casanova, un personaggio storico che con il protagonista di questo ignobile polpettone holywoodiano non ha assolutamente nulla a che spartire. Giacomo Girolamo Casanova, studioso e libertino, era tutt'altro dal vacuo bietolone
Heath Ledger e dalle sue mossette da cicisbeo. Come accade sempre di più, i film delle major americane sono diretti a un pubblico con capacità analitica subadolescenziale.
C'è anche un messaggio (edificante e bigotto quanto basta, il grande libertino dimentica tutte le sue pinup per una brunetta tosta e intelligente) ma è lanciato in modo talmente rozzo e banale da far venire il nervoso allo spettatore con QI a due cifre. E a far venir voglia a tutti, idioti inclusi, di fare il contrario per ripicca. Due ore in cui l'unico valore sono pochi minuti di effetti speciali - oggettivamente suggestivi - quando il nostro porta la futura compagna a fare un giro su un improbabile pallone aerostatico. Un po' poco. Per poter unire il lietofine melenso (e totalmente antistorico) con la necessità che Casanova continui a saltare la cavallina, la sceneggiatura fa un salto mortale che porta ai minimi il giudizio sul film. Si esce dal cinema vagamente intontiti dalla stupidità del filme e pieni di rimpianto per tre indimenticabili Casanova: quello di
Luigi Comencini, quello di
Maestro Federico e quello di
Steno (tra l'altro massacrato dalla censura cattolica bigotta che devastava l'arte negli anni '50).
20.02.06 00:30 - sezione
cinema