«Da dov'era spuntata quella generazione imperdonabile che ancora sconta il debito penale del suo millenovecento? Non lo sai, immagini piuttosto che in un sistema ondoso c'è un'onda più serrata e forte, che non si spiega con quella di prima né con quella di dopo. Perciò immagini che prima o poi le generazioni tornano.
Tornano, è tornata, adesso ce n'è un'altra che agisce come un corpo, si muove da generazione. Altre età venute prima di lei si sono aggiustate a figlie del loro tempo, hanno aderito a esso in convinta ubbidienza. Questa di adesso, come la tua, fa il contrattempo, passa contropelo, perciò è contemporanea di se stessa, estemporanea al resto. Si occupa del mondo, anziché del condominio. Tu la segui, vai dietro alle sue mosse e alle licenze che le autorità si prendono contro di lei. Tu con le tue passate notizie di piazze arrostite, affumicate, sei presso di lei scaduto: questa generazione ammette di subire violenza ma non vuole sporcarsene reagendo. Vuole che l'aggressione sia da una parte sola, snuda il loro diritto e lo mostra allo stato di natura, per quello che è: sopraffazione. Ma ci fai cosa, tu e altri della tua specie ed età, in mezzo a questi nuovi? Poco e niente ci fai, che possa servire a loro, però ci stai lo stesso, richiamato in strada dal rosso di Genova, di piazza Alimonda, della notte alla Diaz, del resto alla caserma Bolzaneto, dal rosso sparso apposta che per vie misteriose risale alle tue arterie e ti appartiene».
Questo brano tratto da “
Dal Sessantotto al G8, ribelli nel vento” di Erri De Luca è il più intenso di
questo collage di volti messo in scena dalla brava Milvia Marigliano con la collaborazione dei Sulutumana, una delle migliori band comparse sulla scena della canzone d'autore nazionale negli ultimi anni. Milvia ha raccolto brani da diversi libri di Erri De Luca e per cucirli ha usato le canzoni dei Sulutumana. Il risultato è una struttura articolata e complessa che racconta una generazione, quella che all'inizio degli anni '50 si è data un appuntamento dalla culla, ripromettendosi di trovarsi in piazza, 18 anni dopo, nel 1968. Non è però un lavoro nostalgico, ma una panoramica dell'umanità diversa che scaturisce dalla memoria dell'autore e si concretizza sul palcoscenico.
Milvia - bravissima quando recita - ha peccato un po' di inesperienza in fase di regia. La prima parte dello spettacolo è poco convincente, troppo intimista, non aiuta lo spettatore a entrare nella situazione e a lasciarsi trascinare (uno è sempre lì a chiedersi dove testi e canzoni vogliano andare a parare). Poi, con le narrazioni del tempo di guerra, la straordinaria storia della governante Filomena e la gloriosa rivolta della Garbatella del 1969, il ritmo si scioglie e lo spettacolo coinvolge lo spettatore, facendosi a volte anche emozionante. Aiutano i Sulutumana - bravissimi comunque - che sostengono la narrazione di “quegli anni formidabili” con musiche in tema, tra cui una splendida interpretazione dell'inno “Comandante Che Guevara (Hasta Sempre)” di Carlos Puebla.
A margine, kudos per la scenografia street art, realizzata de un gruppo di graffitari comandati dal mitico Davide Atomo Tinelli, artista dello spray e consigliere comunale uscente di Rifondazione. Atomo ha anche prestato alcune sue tele, che unite a quelle di Teatro, Pao e Fumatto accompagnano lo spettatore nella discesa delle scale del glorioso
Filodrammatici di Milano.
Ultima lode a Emilio Russo, direttore artistico del teatro, per le risposte salaci al paio di fessi che hanno stigmatizzato la scelta delle decorazioni di street art. Il discorso è lungo e complesso, ma le lettere dei benpensanti che vedono con odio qualche tag e non si accorgono dello scempio provocato dai maxiposter di Armani e BMW (per non parlare dell'altra sporcizia ben più invasiva, quella che si respira) danno la misura esatta del disastro esistenziale in cui è crollata una parte dei milanesi. Non c'è da stupirsi se poi si arriva a votare figuri come Albertini, Predolin e De Corato e loro sodali.