Tagliatore di teste è un noir ironico e surreale, che contiene una durissima critica alla società occidentale e al rapporto tra l'individuo e il lavoro. Bruno Davert dirige da quindici anni una cartiera. Licenziato per problemi di esubero e delocalizzazione, ha difficoltà a trovare un altro lavoro. La crisi incombe, l'atmosfera in famiglia si compromette, la concorrenza di manager disoccupati è durissima, tanto che - dopo mesi di colloqui deludenti - Bruno decide di uccidere le persone che ritiene concorrenti pericolosi nella corsa a un nuovo lavoro.
Evitiamo di rovinare la visione raccontando altri dettagli sulla storia, che comunque brilla non tanto per la trama quasi surreale, quanto per l'ironia feroce con cui il regista ha deciso di metterla in pellicola. Quello che
Costa-Gavras ha voluto ottenere è una condanna inappellabile a una società che si fa ogni giorno più cinica. Lo fa con garbo ed efficacia, trasformando gli omicidi in episodi a trattio comici e l'assassino in un personaggio reso esilarante dalle incertezze.
In Cacciatore di teste non si salva nessuno, è un film totalmente pessimista, che non lascia spazio ad alcuna speranza. Il fallimento incombe su ogni personaggi: il protagonista senz alavoro, la moglie che si consola con una storia extraconiugale di basso profilo, il figlio ladruncolo, la figlia "lolita", i poliziotti troppo idioti per essere casuali. le frecce di Costa-Gavras non risparmiano nessuno, tantomeno la società, che fa da sfondo alle vicende del protagonista con carrrozzoni ipocriti decorati con donnine in guêpière e auto sportive.
La regia è perfetta: immerge lo spettatore in una tensione costante, che sfocia regolarmente in eventi inaspettatI. All'altezza gli inetrpreti, tutti dotati di faccia ed espressione adeguate. Ricordiamo infine la frase topica detta dal consulente matrimoniale (
«lei non è il suo lavoro!») , che riassume in sei parole il contenuto di un film importante, feroce e ricco di spunti di riflessione.