Cinema Cielo
in scena al teatro dell'Elfo di Milano fino al 19 marzo
Il Cinema Cielo era un locale a luci rosse, sul cui schermo venivano proiettate immagini hard mentre nella sala avveniva ogni tipo di incontro sessuale tra gli avventori. Danio Manfredini, attore e regista dello spettacolo, racconta quello che accadeva in questo cinema, riproducendo con un'accurata e realistica scenografia la sala cinematografica in velluto rosso, con le file di poltrone, l'ingresso separato dalle tende, le uscite d'emergenza, la frequentatissima porta della toilette.
Un via vai continuo di personaggi bizzarri, alle volte al limite della macchietta, che rappresentano la varia umanità degli abituali frequentatori di questi locali, ormai spazzati via dal mercato delle videocassette porno. C'è il vecchio con l'impermeabile, il giovane immigrato che per campare va lì a fare markette, il trans che recupera i suoi clienti, il ragazzino con i pantaloni corti che si struscia sul vicino, la coppia omosessuale che litiga e poi si riconcilia, la cassiera isterica. Il sesso è il loro bisogno, la loro merce di scambio, l'unico momento per evadere dalla solitudine. La struttura drammaturgica concepita in maniera circolare e perfetta, le entrate e le uscite dei vari protagonisti orchestrate magistralmente, gli spettatori-manichini seduti in sala, ogni personaggio avvinghiato con forza al proprio carattere, spesso supportato da una maschera, tutto ciò ci richiama immediatamente la tradizione del teatro italiano, in particolare la commedia di carattere. Lo spettacolo si sviluppa mentre in sottofondo scorre il sonoro di un film liberamente ispirato ad un romanzo di Jean Genet, Nostra Signora dei Fiori, che racconta la vita di Louis, chiamato da tutti Divine, e dei suoi amanti. Un film che non vediamo, che ascoltiamo solamente ma che ci immaginiamo per filo e per segno, la cui storia si accavalla e si fonde con quella dello spettacolo vero proprio. Il file rouge di Cinema Cielo è incarnato da un personaggio interpretato dallo stesso Manfredini, un transessuale, vestito da angelo della strada, con gonnellina di piume e alucce rosse, che al pubblico racconta con eccezionale delicatezza e passione il suo dramma umano ed esistenziale: una donna dentro il corpo di un uomo, la scelta quasi obbligata di dare amore a chiunque lo voglia, l'unica via per provare a sfuggire alla disperata solitudine che la angoscia. Questa figura a tratti anche molto comica, per intensità e poesia vale da sola tutto lo spettacolo. La sua docile arrendevolezza di fronte alle improbabili richieste erotiche dei suoi clienti spiazza e commuove. Danio Manfredini è uno degli artista geniale, già considerato come un maestro. Lo spettacolo è nato prima come dramma radiofonico, poi si è sviluppato anche sul palco. E' ammaliante, ironico, civettuolo e al tempo stesso sordido. Ogni tanto un po' ripetitivo e stucchevole per via di quell'insistenza sull'eccentrico mondo dei trans, fatto di pailettes, tacchi e parrucche. Ma forse è inevitabile.
Voglio andare a vederlo assolutamente!
Ki viene con me? :o)
io no !
Giorgia, non volevo dispiacerti.
Al contrario di quanto, per ridere, ho detto con il precedente intervento, ci verrei con piacere, se abitassi a Milano.
Ah ecco..
avevo già la lacrimuccia all'angolo dell'occhio che era lì lì per scendere...
Ma sapevo c'era un motivo contingente che te lo impediva se no saremmo già stati a braccetto in coda davanti al teatro dell'Elfo a ciciarare beatamente!
PS. Sappi Luigi che sei l'unica persona del blog al quale rispondo per esteso.. Non dirlo in giro però, a nessuno mi raccomando che poi si scatenano le gelosie ;o)
Giorgia, definire il significato del termine 'ciciare'.
Cosa significa o)
Ti faccio notare che non ci sono stati altri interventi, il che mi è parso un po' strano.
A proposito: ti ho detto che ho 68 anni ? Con tre figli (2 femmine ed 1 maschio) ?
Che la più piccola ha 32 anni ?
Non me lo ricordo.
Mi ricordo di molte persone, figli compresi, che hanno pianto sulla mia spalla in cerca di un conforto e di un aiuto che hanno ricevuto.
Sei fortunata a spremere solo una lacrimuccia.
Sei gentile a scrivermi in chiaro, diversamente non ti capirei, anche se leggendo leggendo comincio a capire molto del liguaggio informatico, che voi usate ed io non userò mai.
Io ritengo che la parola, scritta o parlata, se saputa usare, è molto più suggestiva, evocativa, costruttiva di atmosfere le più disparate e le più raffinate, di quanto mai un simbolo, pur originale e divertente, che viene usato nel vostro linguaggio, sarà mai capace di uguagliare.
Se lo desideri, Giorgia, ti posso inviare un esempio di prosa del genere, raccontandoti la storia di una mia collega morta suicida.
Ciciarare = chiaccherare amabilmente
sì che me l'hai detto che hai 68 anni e a me poco tange: andare a teatro nn è soggetto a discriminazioni d'età e personalmente io non ne faccio proprio, ho amici e amiche d'ogni età, davvero. E lo reputo un arricchimento alla mia vita.
Ah un'altra cosa! Sappi che il fatto che non ci siano stati altri interventi non significa che quest'articolo l'abbiamo letto solo noi due, ci sono un sacco di persone che leggono il blog ma non commentano (il dramma poi è quando avviene il contrario).
Per la tua collega mi spiace..
Inviami quello che pensi possa interessarmi e lo leggerò con piacere (non t'assicuro nulla riguardo ai tempi anche perchè venerdì mattina parto per Torino e torno domenica notte).
Buonanotte Luigi