Lettera da Guantanamo: "Ecco perché voglio morire"
Sul Washington Post il dramma di un detenuto
Un sito pubblica tutto il dossier su Abu Ghraib
Lettera dal carcere di Guantanamo: pochi minuti prima di tentare il suicidio impiccandosi e tagliandosi le vene, un detenuto della base- prigione americana per «combattenti nemici» nell'isola di Cuba ha passato un biglietto al suo avvocato spiegando perché aveva deciso di morire. «I detenuti soffrono l'amarezza della disperazione e l'umiliazione della prigionia», aveva scritto Jumah al Dossari in arabo su fogli di carta macchiati di sangue: «Spero che lei si ricorderà sempre di aver incontrato e parlato con un «essere umano» chiamato Jumah che ha sofferto troppo, che è stato abusato nella sua fede, in se stesso, nella sua dignità e nella sua umanità. Che è stato imprigionato, torturato, privato della sua patria, della sua famiglia, della sua bambina che ha avuto tanto bisogno di lui in questi quattro anni. Senza nessuna ragione, senza che abbia commesso alcun delitto».
La lettera, pubblicata ieri sul Washington Post nel giorno in cui la rivista on-line Salon ha messo su Internet l'intero dossier delle foto di abuso da parte di soldati americani a Abu Ghraib, offre un raro spiraglio sulla disperazione provata da alcuni detenuti di Guantanamo e uno squarcio sullo stato emotivo di un uomo che, piuttosto che stare un altro giorno in prigione, aveva deciso di morire. Poco dopo aver consegnato la lettera all'avvocato lo scorso ottobre, Jumah aveva tentato di uccidersi. Era stato lo stesso avvocato Joshua Colangelo-Bryan a salvarlo, quando lo aveva scoperto in una cella, appeso a un cappio sanguinante. Non era la prima volta, nè l'ultima che il prigioniero aveva cercato di farla finita: nei 4 anni a Guantanamo Jumah ha cercato di uccidersi una decina di volte prima. «Non c'è altro modo che questo -aveva detto il detenuto a proposito del suicidio- per far arrivare a sentire al mondo la nostra voce dalle profondità della prigione, per far riesaminare al mondo le sue posizioni, perchè la gente giusta in America si accorga della nostra situazione», aveva scritto il prigioniero. Secondo l'amministrazione Bush, Dossari è un terrorista con legami con al Qaeda.
Intanto, la rivista online Salon.com ha pubblicato il dossier fotografico integrale degli abusi a Abu Gharib: in tutto 279 immagini e 19 video provenienti dall'inchiesta dell'esercito Usa sul carcere delle torture. Le foto illustrano quasi tre mesi di sevizie da parte dei militari americani sui prigionieri iracheni e dimostrano che «molti responsabili degli abusi non hanno ancora risposto alla giustizia», accusa Salon presentando il dossier che in copertina ha l'immagine inquietante di un detenuto incappucciato riverso su una ringhiera. Parte delle fotografie del dossier sono state già pubblicate da altri media Usa e da una tv australiana
da uno come Bush giorg dabliuMafia che ha tirato giù le twin towers mi posso aspettare anche di peggio...
Visto che i troll "di destra" non se li caga piu' nessuno, adesso arrivano quelli che si firmano BR?
Se e' uno scherzo, e' uno scherzo del cazzo, visto che poi c'e' sempre qualcuno che ci crede.
Lettere così meritano un commento più rispettoso.
A me è accaduto di vedere i detenuti suicidi: morire in carcere, di una morte così disperata e solitaria, qualunque sia il motivo di quella disperazione che spinge a privarsi della vita, impone, esige, merita rispetto.
Alla morte va riconosciuto lo stesso rispetto, se non maggiore, di quello che va riconosciuto alla vita.
Altrimenti le vostre, le nostre vite sono senza speranza.
Per me è la piû grande vergogna di questo secolo!
La Cia preleva presunti terroristi dove ritiene opportuno, e li manda alla tortura in paesi terzi, o li tortura direttamente a Guantanamo Bay.
La settimana scorsa mi trovavo a Cologna, ho visitato alcune mostre d'arte e in una galleria, (potete guardare nel sito) http://www.johnen-schoettle.de, ho visto
u' opera bellissima un monumento intitolato THE VICTIMS OF GUANTANAMO BAY, 558 nomi dei detenuti di Guantanamo che il Pentagono ha recentemente pubblicato. I nomi sono incisi su delle lastre di metallo........
ciao
Chiara