bananas
IL PRESIDENTE PAGNOTTA
Eutanasia di un amore
di Marco Travaglio
Lo stiamo perdendo. È triste dirlo, ma lo stiamo perdendo. È dalla sera del confronto con Prodi ad armi pari, dunque disastroso per lui, che non è più lo stesso. Non se n'è più riavuto. Paolino Bonaiuti, vedendo che sbagliava tutto, persino la telecamera, l'aveva capito che stavolta era grave. «Non mi ascolta più!», ha strillato prendendo a calci le macchine per strada. Squadre di infermieri, truccatori, stuccatori e asfaltatori si sono precipitati sul luogo del disastro, tentando una rianimazione in extremis. Niente da fare. Non ha funzionato. Una mano pietosa, alla marcia di Milano, gli ha calcato in testa un berrettino da panettiere, il «presidente pagnotta». Non è servito. Qualche centinaio di manifestanti in tutto, comprese le scorte. Fiutata l'aria ostile, suoi cari han tentato di dissuaderlo dall'andare a San Siro all'addio di Albertini (il calciatore, purtroppo). Ma lui niente, meccanicamente ha preso posto in tribuna vip ed è stato puntualmente fischiato, come già alle Olimpiadi di Torino. Poi s'è messo in testa di andare a Vicenza per mettere in riga gli industriali. I suoi, pur di tenerlo a casa, han tentato di addormentarlo con dosi da cavallo di sonnifero, mandandogli Adornato per un'intervista esclusiva a "Liberal" sul tema «Io, l'Italia e il berlusconismo». Ma lui, con sforzi titanici, è rimasto sveglio. Allora gli han fatto sentire la sua voce registrata: aveva funzionato con alcuni ragazzi in coma, con lui no. Così hanno pregato il medico del Milan di addormentargli la gamba con apposita iniezione e di diagnosticargli una finta lombosciatalgia per tenerlo lontano da Vicenza. Niente. Usando Bondi come stampella, lui s'è trascinato fino all'elicottero e s'è librato in volo. E a Vicenza è accaduto l'irreparabile: lasciato solo, è uscito al naturale. Secondo il tipico meccanismo psichiatrico della «proiezione», ha accusato un imprenditore che osava non applaudirlo di avere «scheletri nell'armadio» e di «cercare protezione nei magistrati» comunisti. Naturalmente gli scheletri li ha lui e la protezione giudiziaria l'ha sempre cercata lui, anche se il protettore era socialista e poi forzista (tale Squillante). L'imprenditore in questione invece, Diego Della Valle, è incensurato, la qual cosa lui trova decisamente insolita, addirittura offensiva. Mentre si avvicinava a lui fino al bordo del palco, attratto irresistibilmente dalla telecamera ivi collocata, questa immortalava impietosamente gli effetti somatici dell'ultima deriva patologica: non la pseudo-sciatica, già riassorbita, ma le palpebre cascanti, la mascella tremula e gli appezzamenti di pelle da riporto che riprendevano vita autonoma, facendo saltare l'una dopo l'altra tutte le suture. Anni e anni di costosi restauri svaniti in pochi istanti.
Gli infermieri di corte intanto avevano reclutato in fretta e furia orde di figuranti su appositi pullman aziendali, nel tentativo di coprire con cori da stadio e standing ovation la predibile catastrofe. Veniva pure allertato Clemente J. Mimun, che sa sempre il da farsi: dopo l'insolita parentesi imparziale dell'altra sera, il direttore del TgPravda tornava all'antico mestiere apprestando premurose cure all'illustre infermo, tagliando Montezemolo e Pininfarina e gabellando la frana vicentina per un epico trionfo. Pietosa bugia rilanciata dalla stampa di regime, lasciata sola dallo sciopero dei giornali veri. Il Tempo: «Amici come prima». La Padania: «Silvio stende i fighetta di Confindustria». Il Giornale: «Berlusconi riconquista gli industriali», «A Vicenza la Waterloo dei poteri forti» (ottimi anche i doviziosi servizi sull'unica voce confindustriale vagamente favorevole al padrone: quella di Giovanni Rana). Bondi, Schifani, Cicchitto e le altre badanti inneggiavano all'«operazione verità» del Cavaliere trionfante. E persino Fini e Casini -appena scoperto che la sciatalgia è guarita- ripiegavano impavidi sul servo encomio, un classico. Gli equilibristi del cerchiobottismo invece si sforzano di dimostrare che il delirio era organizzato, una mossa geniale lungamente studiata a tavolino. L'ambasciatore Romano l'ha trovato «ironico, sarcastico, polemico, di straordinario effetto teatrale», «esteticamente da 30 e lode». «E' tornato se stesso: l'outsider della politica», esulta Minzolini che il premier chiama affettuosamente «Minzo» e che intravede financo «una logica» nella deriva psichiatrica finale. «Una strategia efficace», secondo Feltri, tornato di colpo ottimista. Chissà l'emozione, il giorno che uscirà da Palazzo Grazioli con lo scolapasta in testa e il mestolo nel fodero, brandendo il Mocio Vileda.
da l'Unità
non avevo notato la nuova sezione femminile di sinistra , bel post complimenti .
sbaglio , o i maschietti del blog si sono risentiti ?
iol mio commento è il seguente:la pietà umana per chi soffre è un atto dovuto,salvo accorgesi che essa stessa finisce con l'aumentare la sofferenza o col somatizzarla.
e' gradito un commento al mio commento.
grazie