Israele sceglie Kadima e premia i laburisti
Il partito di Olmert primo con 32 seggi: «Un buon risultato che poteva essere migliore». Peretz ne conquista 22
Disfatta del Likud. Cresce l’estrema destra. Alla Knesset entrano i pensionati. Astensionismo record
di Umberto De Giovannangeli inviato a Gerusalemme
ISRAELE HA SCELTO. Senza entusiasmo, con la più bassa percentuale di votanti nella sua storia, ma ha scelto. Ha scelto di puntare sul pragmatismo di Kadima, il partito centrista fondato cinque mesi fa da Ariel Sharon, oggi guidato dal premier ad interim
Ehud Olmert, e su una alleanza con il Labour di Amir Peretz, la forza politica che più di ogni altra ha posto al centro del proprio agire l'irrisolta «questione sociale» e la difesa dei meno garantiti. I primi sondaggi assegnano a Kadima tra i 29 e i 32 seggi (su 120); al Labour, superando le più ottimistiche previsioni della vigilia, andrebbero 20-22 seggi. L'Israele che guarda al futuro decreta la disfatta elettorale di uno dei partiti storici dello Stato ebraico: il Likud (11-12 seggi). Sotto le macerie elettorali del partito di Benyamin Netanyahu muore l'ideologia di Eretz Israel, il sogno del Grande Israele che per oltre mezzo secolo, fino alla rottura consumata da Ariel Sharon, ha guidato l'azione della destra nazionalista. «Una crisi senza precedenti ha colpito il Likud», osserva malinconicamente l'ex ministro Dani Naveh. «Non c'è dubbio - aggiunge - che abbiamo subito un duro colpo che richiederà a noi tutti un serio esame di coscienza». Qualche ora dopo è lo stesso Netanyahu ad ammettere il crollo, ma al tempo stesso annuncia che continuerà a guidare il partito: «Intendo continuare - dice un Netanyahu visibilmente scosso a una platea di militanti in rotta - sulla strada che abbiamo appena intrapreso per fare in modo che questo movimento si riprenda...e torni a riprendere il posto che gli spetta alla guida del Paese». Una sconfitta, quella del Likud, resa ancora più bruciante dal sorpasso a destra compiuto da Yisrael Beiteinu, il partito russofono di Avigdor Lieberman (12-14 seggi). Nel suo insieme, la destra, un fronte estremamente variegato e rissoso al proprio interno, può contare dai 48 ai 51 seggi. La percentuale dei votanti, 63,2%, la più bassa mai registrata nella storia di Israele, racconta di un Paese che la nuova classe dirigente non è riuscito a coinvolgere, motivare come in passato. Ed è forse per questo che anche le dichiarazioni dei vincitori sono misurate, poco propense al trionfalismo. I grandi alberghi di Tel Aviv scelti dai maggiori partiti come loro quartier generale fanno fatica a riempirsi di militanti in attesa dei primi exit polls. L'atmosfera si surriscalda pochi minuti dopo le 22:00, l'ora di chiusura dei seggi, quando i canali televisivi irradiano le sospirate proiezioni. Kadima è il primo partito di Israele, anche se il risultato ottenuto è inferiore alle aspettative della vigilia. «Il mandato a Olmert è chiaro», afferma Tzahi Hanegbi, uno dei leader di Kadima. Il quadro che si delinea renderebbe possibile una coalizione di centro-sinistra - sostenitrice dello smantellamento di nuove colonie in Cisgiordania prospettato in campagna elettorale da Olmert come obiettivo primario della nuova legislatura - fra Kadima, Labour e Meretz (5 seggi), con l'appoggio forse dell'altra grande sorpresa di queste elezioni: il partito dei Pensionati, accreditato di 6-8 seggi, e dei deputati ultraortodossi sefarditi di Shas (11 seggi) o di quelli askenaziti della Torah Unita (6 seggi). Nella nuova Knesset il centro-sinistra può contare su una maggioranza di 64-66 seggi. «Si è trattato di una grande vittoria per il piano di ritiro unilaterale, per noi di Kadima un buon risultato che avrebbe potuto essere migliore», dichiara a tarda notte Ehud Olmert, festeggiando la vittoria al Muro del Pianto a Gerusalemme.
È festa grande al quartier generale laburista. Un applauso liberatorio accoglie le prime proiezioni: si brinda, qualcuno si scioglie in un pianto liberatorio, alcuni ragazzi ritmano il nome di «Amir». «Siamo riusciti in pochi mesi a costruire un partito vincente. Siamo la seconda forza politica del Paese, Kadima dovrà scendere a patti. Abbiamo ricostruito un partito social-democratico», riesce a dire Yuli Tamir, la dirigente laburista più vicina ad Amir Peretz, prima di essere sommersa dall'abbraccio di un gruppo festante di giovani attiviste. Poco lontano, in piazza Yitzhak Rabin, nel cuore di Tel Aviv, centinaia di ragazzi intonano la «Canzone della pace». Si accendono centinaia di fiammelle. Il futuro è incerto, ma oggi basta la disfatta del Likud per far festa.
sono bellissimi 'sti due articoli, e anche molto interessanti.
Carolina
Bene, anche Israele-Gondor ha ceduto, più niente ci separa dalle orde barbariche in stile Mordor. E voi vi gingillate col premio Calderoli...mala tempora currunt...
Quark (ex F.)
Israele da tempo si muove sulla linea della ricerca di una soluzione (ed il risultato elettorale lo conferma). Il problema sono gli altri, guidati da Hamas.
Non è come dici Marco. Israele dovrà aprirsi verso Hamas, perché questi ultimi non stanno accortamente evitando di offrire il minimo pretesto concreto per giustificare l'embargo nei loro confronti (notato come non hanno reagito all'assalto di Jerico?). La vittoria di Hamas, paradossalmente, ha l'effetto di indebolire la retorica sulla mancanza di un partner. Questo perché con le loro posizioni oltranziste e nette rifiutano in partenza di farsi ingabbiare nel gioco delle responsabilità di cui è rimasto prigioniero e vittima Al-Fatah. Se continuano su questa linea dura, ma di pragmatico autocontrollo, alla fine passati i clamori della campagna elettorale da parte israeliana dovrà esserci una presa di coscienza della situazione e l'apertura di contatti esplorativi col nuovo governo palestinese.
Oggi ho sentito una giornalista sostenere addirittura, che andando al potere, la maggior sfida che oggi Hamas si trova di fronte è il fondamentalismo interno, rappresentato da alcune sue frange, ma soprattutto da gruppi come quello della Jihad islamica.
ciao
C'è un "non" di troppo nella prima frase.
La strategia di Hamas è sorniona perchè temono il taglio dei fondi e l'embargo. Appena li ricevono tornano come prima.
Non possono tornare come prima, qualsiasi cosa tu voglia dire, sono al governo e hanno spodestato al-Fatah. E' stato un terremoto. L'unica cosa certa nell'incertezza è che non si tornerà come prima.