L’uomo sbagliato al Senato
di Nando Dalla Chiesa
Lo so, lo so. Sarebbe tanto più facile dire di no perché - per ragioni opposte a quelle di Gigliola Cinquetti - «non ha l'età». Sarebbe bello potersi rifugiare dietro le motivazioni anagrafiche per dire di no alla candidatura di Giulio Andreotti alla presidenza del Senato. Più comodo. Più elegante. Ma le grandi nazioni si reggono sui grandi principi prima ancora che sulle ragioni anagrafiche. E a volte i grandi principi sono scomodi da maneggiare. Pungono. Urticano. Fanno litigare. Ma esistono. E vanno difesi. Soprattutto quando e dove esiste anche la loro negazione organizzata. Si può parlare dei rapporti di un politico con la mafia in un paese in cui la mafia ha ammazzato decine dei migliori funzionari dello Stato di due generazioni? In un paese in cui, nella giornata dedicata alle vittime della mafia, occorre quasi mezz'ora per recitare e ricordare in pubblico il loro interminabile elenco?
In un paese che a molte di quelle vittime ha dedicato centinaia di strade, di scuole, di biblioteche, di centri sociali, di caserme, di aule di palazzi di giustizia? Non sarà elegante. Ma si deve parlarne. E il parlarne non è - vedi la maledizione delle parole che confiscano l'intelligenza - «giustizialismo». Al contrario è un fatto altissimamente politico. È politica che si carica delle sue responsabilità sgradevoli e a volte immani, invece di presentarsi sul palcoscenico di Sanremo a cantare la sua canzoncina acqua e sapone. No, non è solo una questione di età. È questione di senso delle istituzioni. È questione di messaggi civili, culturali. Di fare intendere ai cittadini che cosa è normale e che cosa è grave, nei comportamenti di un politico. Di spiegare che chi rappresenta le istituzioni non è un Arlecchino che può servire due padroni. O, passando da Goldoni ai testi sacri, che nessun uomo può servire insieme Dio e Mammona (Matteo, cap.VI).
Lo so, lo so. Si è formata nel mondo politico e dell'informazione un esercito (con tanto di artiglieria pesante) di sostenitori della piena e assoluta illibatezza morale di Andreotti. Per paradosso è composto proprio dai teorici intransigenti della necessità di non confondere politica e giustizia, di non fare coincidere il giudizio politico con quello penale. Per paradosso, dico, perché poi in realtà sono proprio costoro che sull'onda di una assoluzione o prescrizione penale vorrebbero automaticamente decretare una assoluzione (anzi una beatificazione) politica. Sono costoro che fanno coincidere perfettamente i due giudizi. Che amano - come disciplinate scimmiette - non vedere i fatti accaduti nella loro gravità morale e politica. Sono costoro che, nel loro «giustizialismo» estremo (la condanna penale come unica forma del giudizio umano), vorrebbero far derivare da una mancata condanna per prescrizione l'innocenza politica.
Eppure non è difficile capirlo. Se un eminente uomo politico avesse frequentato i futuri assassini di Marco Biagi, avesse conosciuto le loro intenzioni e con loro ne avesse garbatamente discusso, e poi, a omicidio realizzato, fosse tornato da loro e di nuovo ne avesse discusso (magari anche criticandolo) e poi per anni e anni avesse di tutto questo rigorosamente taciuto a magistrati e forze dell'ordine, anche di fronte a una sfilza senza fine di nuovi omicidi terroristici, voi che giudizio ne dareste, voi non giustizialisti intendo? Ecco, questo ha fatto, secondo una sentenza della Cassazione, Giulio Andreotti con i mandanti dell'assassinio di Piersanti Mattarella, presidente democristiano della Regione Sicilia e avversario del potere mafioso. Si è incontrato con i capi di Cosa Nostra prima e dopo il delitto, sapendo che loro ne erano gli autori. E le sue relazioni con l'universo mafioso non si sono fermate «nemmeno» a questo. Basti la vicenda (sanguinaria anche quella) Sindona-Ambrosoli.Vero: Francesco Cossiga ritenne di fare di Andreotti un senatore a vita, carica onorifica che secondo la Costituzione può essere conferita a chi ha «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» (art. 59 della Costituzione). Ma già quello fu scandalo, benché inghiottito dall'atmosfera di complicità felpata che nasce in queste particolarissime occasioni dentro le istituzioni politiche. Fu scandalo perché semmai a illustrare la Patria per altissimi meriti sono stati esattamente gli uomini che hanno dato la loro vita per difendere noi e la democrazia dalla violenza della mafia. Ecco, il nostro Stato ha viaggiato sempre come una salamandra dentro questa «felice» ambiguità. Altissimi meriti verso la Patria (e medaglie d'oro alla memoria) per gli avversari della mafia. E altissimi meriti verso la Patria (e cariche onorifiche a vita) per chi con la mafia ha a lungo politicamente trescato. La proposta di portare alla seconda carica dello Stato Giulio Andreotti è, letta in questa prospettiva, un pezzo dell'autobiografia della nazione. Una nazione che ha visto il suo ceto politico gioire alla notizia dell'assoluzione o della prescrizione. Felice, contento, esagerato, scamiciato, come per ricacciare indietro ogni senso di colpa. Psicanaliticamente sbracato nell'orda di manifesti affissi in tutta Italia per annunciare la lieta novella dell'innocenza del senatore a vita. Per dire a se stessi, con la faccia appiccicata allo specchio, di essere innocenti. Di non avere applaudito, di non avere ubbidito, di non essersi inchinati o alleati a un leader che intratteneva rapporti con i vertici di Cosa Nostra. Un grandioso processo di rimozione collettiva. Un'autoassoluzione di fronte alle tragedie di mafia. L'illusione di potersi pensare mondi da colpe. Come sistema politico. Come comunità di uomini e donne che fanno politica. Con le loro regole complici. Perché, come mi disse una futura vittima, «la mafia è così forte perché in questo paese una tessera di partito conta più dello Stato». O perché, come mi spiegò un collega di Rosario Livatino, il giudice ragazzino, «il fatto è che non siamo noi a esporci, non siamo noi a fare un passo avanti; il fatto è che nel momento decisivo sono tutti gli altri a fare un passo indietro».
Questo c'è dietro la reciproca opera di persuasione svolta in tante stanze e piazze e tivù sulla innocenza politica del sette volte presidente del Consiglio. E questo c'è dietro la proposta di mandarlo alla guida del Senato. Dietro l'imbarazzo di chi ascolta la proposta o l'aggrapparsi malinconicamente alla questione anagrafica. Dietro l'oblio incombente su quel che successe tra gli anni settanta e gli anni ottanta. Dietro l'idea pazzesca che possa essere lui il nume tutelare di questa «Italia divisa». E che, lui regnante, si divise nel nome dei giusti assassinati. Ma la memoria non si placa e non si strozza, anche quando scorre quieta e amara nelle vite quotidiane. Non basta avere i Vespa e le tivù e i giornali schierati sulla trincea innocentista perché innocenza sia. Non basta gridare forte, affiggere manifesti, perché la realtà, la storia, venga cancellata. Non basta la vergognosa relazione della Commissione Antimafia (che ora si capisce ancora di più...) a purificare una delle storie politiche più controverse e torbide della nostra Repubblica.
Vorremmo vivere in uno Stato che ha un solo biglietto da visita. Che non reca su un lato la gioia per la cattura di Provenzano e sull'altro lato la beatificazione del senatore che fece conclave con i capimafia. È così assurdo chiederlo? È così insensato, inopportuno, sollevare la questione della natura, dei simboli, e dell'identità del nostro Stato, a ridosso del 25 aprile?
Qualcuno dovrebbe andare a ripescare i giudizi taglienti che Aldo Moro, dalla sua 'cella' delle BR, dette di Giulio Andreotti ed il ritratto agghiacciante che ne emerse nitidissimo.
Correva l'anno 1978, il 16 marzo Moro venne sequestrato e scrisse 86 lettere, che furono, quelle ad alto contenuto politico, sbrigativamente archiviate con la motivazione dello stato di costrizione.
Stando alla sentenza definitiva del Tribunale di Palermo, fino al 1980 sono certi i rapporti di collusione di Andreotti con la mafia.
Oggi, 38 anni dopo è ancora sulla breccia, grazie ad una insolota longevità ed anche ad un Cossiga, Ministro degli interni durante il sequestro Moro e quindi Presidente della Repubblica, insolitamente generoso, che lo nominò senatore a vita e che oggi dichiara che se Giulio non ritira la propria candidatura voterà senz'altro per lui.
Giulio non ci pensa nemmeno a ritirare la propria autocandidatura camuffata, e lo fa con argomenti speciosi che non fanno onore (concetto probabilmente insolito) all'intelligenza dei lettori e dei consumatori di telegiornali.
Non ce la farà ma se dovesse accadere ilcontrario la stampa internazionale e l'opinione pubblica mondiale ancora una volta faranno strame dell'Italia e della italianità.
Evviva !
La casa della legalità di Genova www.genovaweb.org ha lanciato un appello "Nessun incarico istituzionale a Giulio Andreotti". Lo si trova sul sito e si può aderire mandando una mail a osservatoriomafie@genovaweb.org
Nando Dalla Chiesa si dimostra ancora una volta uno dei migliori politici, ma no che dico, delle migliori persone nel nostro parlamento, ma no che dico, fuori dal parlamento, perchè ovviamente non è stato nemmeno candidato. E nella sua onestà intellettuale, rinuncia a dirci che suo padre, dieci giorni prima di essere ammazzato, ebbe la pessima idea di andare a Roma a parlare con Andreotti, per avvisarlo che nelle sue indagini si finiva invariabilmente a coinvolgere tutti i politici palermitani della sua corrente.
Nando presidente del senato, ma no che dico, della repubblica !
L’Andreotti di Aldo Moro.
Dal memoriale di Aldo Moro come riportato nei verbali della
Commissione Moro, pp. 149-155 e della Commissione stragi, Vol. II pp.360-380)
Ma è naturale che un momento di attenzione sia dedicato all'austero regista di questa operazione …. Un regista freddo, impenetrabile, senza dubbi, senza palpiti, senza mai un momento di pietà umana. E questi è l'On. Andreotti, del quale gli altri sono stati tutti gli obbedienti esecutori di ordini. …L'On. Andreotti aveva iniziato la sua ultima fatica ministeriale…..proprio con un incontro con me….Io, in quel momento, potevo scegliere e scegliere nel senso della mia innata, quarantennale irriducibile diffidenza verso quest'uomo, sentimento che è un dato psicologico che mi sono sempre rifiutato, ed ancor oggi mi rifiuto, di approfondire e di motivare. ……. Nulla di quello che pensavo o temevo è invece accaduto. Andreotti è restato indifferente, livido, assente, chiuso nel suo cupo sogno di gloria. … doveva mandare avanti il suo disegno reazionario, …Che significava tutto questo per Andreotti, una volta conquistato il potere per fare il male come sempre ha fatto il male nella sua vita? Tutto questo non significava niente. …Tornando poi a Lei, On. Andreotti, … Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, On. Andreotti, è proprio questo che Le manca. …Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell' insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. …Che cosa ricordare di Lei? La fondazione della corrente Primavera, per condizionare De Gasperi contro i partiti laici? L'abbraccio-riconciliazione con il Maresciallo Graziani? … … Ricordare la Sua, del resto confessata, amicizia con Sindona e Barone? Il Suo viaggio americano con il banchetto offerto da Sindona malgrado il contrario parere dell'Ambasciatore d'Italia? La nomina di Barone al Banco di Napoli? La trattativa di Caltagirone per la successione di Arcaini? … Ecco tutto. Non ho niente di cui debba ringraziarLa e per quello che Ella è non ho neppure risentimento. Le auguro buon lavoro, On. Andreotti, con il Suo inimitabile gruppo dirigente e che Iddio Le risparmi l'esperienza che ho conosciuto, anche se tutto serve a scoprire del bene negli uomini, purché non si tratti di Presidenti del Consiglio in carica.
l'unico commento che mi viene in mente è un lapidario:
AGGHIACCIANTE...!!!
e con tutti i modi che la democrazia mette a disposizione:
FERMIAMOLO...!!!
presumo che la signora Finocchiaro resterà inorridita da cotanta informazione...secondo lei non bisogna ricordare ogni giorno chi sono i delinquenti e chi gli onesti in Italia...:(
ricordiamoci il lungo periodo in cui il divo Giulio é rimasto nella stanza dei bottoni e la quantità degli scheletri che custodisce per conto proprio e/o per conto terzi.
Questo probabilmente può spiegare molte cose, compresa la nomina a vita, rimango dell'opinione che una sua presidenza(sic) del Senato completerebbe il declino dell'Italia sul piano internazionale già propiziato da sb ed accoliti
una vergogna. e il fatto che questo personaggio a 87 anni abbia pure accettato la candidatura è da calci all'osso sacro in osteoporosi.
Cristina, è la differenza che corre fra una donna politica ed una donna comune:->
niente affatto king, non penso proprio che la Finocchiaro sia una sprovveduta, ed è per questo che sono rimasta basita di fronte alla sua dichiarazione, questo purtroppo è il trend pessimo secondo me, che sta caratterizzando la sinistra italiana, la quale per la paura di demonizzare l'avversario tace, e questo non va bene, i politici sono gli unici che possono dire come stanno le cose senza il timore di venir cacciati dal loro posto di lavoro, quindi, da elettrice di sinistra pretendo che i miei referenti politici non tacciano ma dicano, anche ogni giorno se occorre, qual è la differenza fra i delinquenti e gli onesti che siedono in parlamento.
Bella replica, Cristina, sono d'accordo con te, adesso ho capito meglio il tuo pensiero.:-DDD
brava Cristina...!!! :-)
anche per il tg3 andreotti è innocente ? stiamo apposto...
"accusato di collusione con la mafia, è stato assolto perchè il fatto non sussiste!
"
bah..è veramente incredibile che in questo paese si debba parlare di questa persona solo bene...
cristina non è la prima volta che lo dicono, la condanna scampata è diventata un'assoluzione piena .
di questi tempi è difficile trovare lavoro ...
hai ragione antonella...
diceva marx: faccio il giornalista, ma non ho il coraggio di dirlo alla mamma: lei pensa che io faccia il pianista in un bordello...
già ;-)
cristina, mai detto e meno che mai pensato che la sig.ra Finocchiaro sia una sprovveduta, nè l'ho inteso nelle tue parole.
ce ne fossero così !
ho detto e ribadisco che un politico deve usare un linguaggio diverso da quello di un uomo comune.
;-)
intanto, giusto per dovere di informazione, il direttore del tg 3 si è scusato, riporto il testo della mail ricevuta in risposta da un utente del forum di Travaglio che aveva segnalato alla redazione l'inesattezza:
R:Ci scusiamo per l'imprecisione.La sentenza assolve il senatore Andreotti per una parte delle imputazioni e dichiara il non luogo a procedere per altre per prescrizione del reato come correttamente riportato dai nostri attenti ascoltatori
antonio di bella
direttore del tg3
scusa cristina non vorrei fare la pignola ,il punto è che la rettifica l'ha fatta via email ad un forum (per carità di questi tempi ben vengano anche queste).
io mi arrabbio perchè ciò che viene detto alla tele ,e sopratutto in un tg ,viene ascoltato e assimilato da una quantità di persone infinitamente più ampia di un forum per quanto frequentatissimo come quello di travaglio.
gli utenti di quel forum lo sanno già benissimo , agli utenti del tg3 resterà il dubbio ,la rettifica andava fatta lì.
lo so antonella, che dobbiamo fare ? hai ragione, già è tanto che qualcuno se ne sia accorto, (Travaglio ha citato l'episodio nel 'bananas' del giorno dopo), speriamo che chi guarda il tg3 legga anche i giornali e sappia la verità su andreotti...
bel modo di farsi campagna politica.. complimenti..