Nella moviola il tradimento del popolo del calcio
di David Bidussa
Dopo le parole del Presidente del Comitato per i mondiali Franz Beckenbauer, la crisi del calcio italiano assume i connotati di una crisi generale.
Il problema non è Luciano Moggi o la decisione “volontaria” di Marcello Lippi di tornare a casa. Gli atti simbolici saranno necessari, manon saranno sufficienti.
Come in altre occasioni la questione dell'illecito (in questo caso sportivo) diviene la spia indiziaria del carattere di noi italiani.
Questo stesso profilo è tornato mote volte nella storia italiana, anche in quella recente. Consideriamo Tangentopoli. Che cos'era quella crisi, se non la reazione a un crollo di fiducia tra contraenti, tra politici e “loro” pubblico? Forse le monetine contro Bettino Craxi dicevano di una solitudine del leader politico e della fine del rispetto nei suoi.
Ma quella scena, all'interno di quella crisi, individuava un limite. Ovvero il fatto che, al di là del caso personale, una crisi non è mai risolta da un atto emotivo e che quel gesto nel tempo successivo pesa non come viatico alla uscita dalla crisi, ma come suo handicap. Difficilmente sul capro espiatorio si costruiscono nuovi inizi capaci di superare le cause che hanno prodotto la crisi. Anche nel calcio, come altrove, del resto, la degenerazione di un sistema, non allude mai solo a una questione di persone, ma richiede la riscrittura di regole in grado di esprimere un nuovo e ritrovato rapporto con un pubblico.
La crisi del mondo del calcio presenta una doppia fisionomia. Da una parte stanno i comportamenti intorno al campionato di calcio, le pressioni, gli accordi, il blocco di potere; dall'altra la capacità contrattuale di fiducia che il calcio ha rispetto al suo pubblico. E' questo secondo modulo a segnare nel profondo la crisi attuale del calcio, una crisi di sconcerto del suo “popolo”.
Nella crisi di queste settimane la condizione del “popolo del calcio” richiama per molti aspetti quella stessa del “popolo comunista” in Italia nel corso del 1956: la rivelazione del rapporto segreto Kruscev in fondo diceva cose e raccontava particolari che erano già noti a molti, ma aveva l'effetto di scatenare una crisi di abbandono perché ciò che veniva abbattuto era un sistema di certezze, di investimenti emotivi e di immaginario che avevano popolato a lungo i sentimenti, le passioni e le ragioni dei militanti.
Se ne uscì da una parte con profonde lacerazioni, con fughe verso altri partiti e spesso con il ritiro dalla politica. A chi rimase “in casa” spettò il compito non di negare, ma di provare a costruire con lentezza e con cautela un diverso scenario su cui riversare passioni e ragioni.
Riconsideriamo allora la fisionomia della crisi adottando questo angolo prospettico. Preliminarmente essa è percezione di incongruenza tra passione e discussione pubblica, tra coinvolgimento emotivo e analisi del giorno dopo. In questa crisi ciò che si colloca al centro non è l'alterazione del “gioco giocato” (un aspetto che molte volte c'è stato nella storia del calcio italiano, ma che non ha mai prodotto fenomeni di “fuga dal calcio”), bensì è il calcio visto e giudicato il giorno dopo.
Dove sta dunque la crisi? Nel fatto che un intero popolo del calcio che vive o che si riscatta il lunedì perché percepisce il peso della sua parola, scopre che anche nell'occhio tecnico a cui erano affidate le possibilità del giudizio equanime c'era un trucco. Che niente era vero, e che niente era più ingannevole di ciò che si presentava come vero.
La vera crisi del calcio non è la corruzione sul campo, ma quella “fuori dal campo”. E' la moviola - “l'occhio oggettivo” - il suo uso e il suo controllo, un aspetto appena intravisto e poi scomparso dalla discussione pubblica ma destinato a segnare profondamente la crisi attuale, a segnare forse la natura di una crisi che si distingue dalle precedenti e in cui sono investiti e coinvolti sentimenti, competenze, passioni.
Per questo non basterà modificare gli assetti dirigenti o punire i colpevoli. Il danno reale riguarda il venir meno di un patto di fiducia. Più che il giustizialismo, in questo caso si dovrà tentare di rispondere alla sfiducia, al senso di “presa in giro”, al fatto di aver creduto di assistere a delle regole del gioco e alla possibilità di farle valere laddove violate o non rispettate, e scoprire invece di essere stati giocati, un'altra volta.
L'analisi è in parte condivisibile, ma l'accostamento tra "popolo comunista" e "popolo del calcio" è un analogismo ingiustificabile e fuorviante. Suvvia, per quanto nel 1956 si sapesse quanto l'Unione Sovietica staliniana fosse stato un regime liberticida il crollo dell'illusione fu palmare, evidente ed ebbe reali conseguenze su persone in ansia per il proprio destino. 3 anni prima gli operai italiani avevano pianto la morte di Stalin come quella di un padre, mentre il calcio è da almeno 12 anni in crisi di passione e, se si può dire, "militanza". Chi amava il calcio degli anni '80 se n'è progressivamente allontanato, e parlo di gente come me, capace anche di piangere per la squadra del cuore, da qualche anno a questa parte incapace di provare alcuna emozione. Le televisioni si sono mangiate il giocattolo, soprattutto dal 1993, quando la maledetta pay-tv ha iniziato a stravolgere gli equilibri di un mondo da sempre popolato di figuri ambigui e loschi. Il "popolo del calcio" non si può paragonare a quello comunista, andiamo! Da una parte c'è l'ansia di riscatto e la voglia di conquistarsi la libertà, dall'altra c'è uno dei più potenti addormentatori sociali mai concepiti dalla mente umana (mi riferisco al sistema, non al gioco in sè). Il popolo del calcio si sente defruadato del "pallone", come dicono a Napoli, allo stesso modo in cui il tossico si sente privato della dose di eroina quotidiana. In questi ultimi anni calciatori, dirigenti, allenatori e giornalisti hanno fatto di tutto per disgustare chi del calcio era "sanamente malato", ormai è un baraccone insostenibile che si trascina, nella sua finzione, al solo scopo di impedire agli italiani di leggere, vedere un film, socializzare. Non è nulla di più o di meno di un reality qualunque, ammantato di un'aura di professionismo ridicola e vaniloquente, se non ci fossero i Tosatti e i Damascelli, sporchi servi ubbidienti, a cercare di nobilitare e dare credibilità alla merda più puzzolente. Quanto al sistema comunista, era sì marcio, ma le passioni erano autentiche, i militanti ci credevano per davvero, il comunismo aveva deluso tanti proprio perchè in tanti si erano giocati la possibilità di un'esistenza diversa, di una società nuova. Il calciofilo prodotto negli ultimi 20 anni è, nella migliore delle ipotesi, un teledipendente. Una vaghissima somiglianza dei meccanismi di allontanamento non può reggersi su di una tale diversità nei soggetti in questione. Ripeto, paragone fuori luogo, fuorviante e pericoloso.
piu' calzante il paragone con "tangentopoli" che con lo stalinismo.
come in tangentopoli fu la "borghesia" a buttare a mare una classe politica parassitaria che non aveva piu' ragione di esistere (non c'era piu' lo scontro est-ovest ed il "pericolo comunista") cosi' adesso sono le stesse societa' calcistiche a volersi liberare di questi parassiti inutili (non ci sono piu' soldi e il popolo si sta disaffezionando in maniera piuttosto veloce).
a patto che non finisca allo stesso modo.
perchè se Guariniello è Di Pietro, e Moggi è Craxi, e dopo Craxi ci è toccato Berlusconi, chi ci toccherà dopo Moggi?
"come in tangentopoli fu la "borghesia" a buttare a mare una classe politica"
Quale borghesia berja quella italiana? Tradizionalmente cialtrona e incapace di vedere oltre il proprio piccolo orticello?
In italia nessuno ha la volontà e la forza per imporre dall'alto un repulisti.Credo che tutto succeda per caso
Poi se vogliamo metterci a cianciare di grandi vecchi....
sandro te lo ricordi che erano gli imprenditori a fare la fila da di pietro per lavarsi la coscienza?
io me lo ricordo e quegli imprenditori sono la "borghesia", le tue teorie complottistiche tienitele per te.
sì, ma resta il fatto che quella classe politica non è stata affatto buttata a mare.
o viviamo in due paesi diversi?
(fra l'altro quella classe politica, e questa attuale, che coincidono, fanno parte della borghesia stessa, non certo dei ceti nobiliari o del sottoproletariato. la borghesia non sono solo gli imprenditori)
Berja proprio qualche giorno fà Di Pietro ritornando agli inizi di tangentopoli ricordava come i politici
sospettassero chissà quali poteri forti potessero stare dietro il pool di Milano
Cosa ovviamente non vera tant'e' che i problemi per loro cominciarono proprio quando fu evidente questo
Anche Giulio andreotti dopo 40 anni di impunità messo alle strette tirò fuori l'enorme cazzata
che gli americani(??!!) volevano la sua testa
Io per Borghesia intendo l'altrettanto fumosa entità chiamata "poteri forti", e non certo il piccolo medio imprenditore del nord-est
Per essere chiaro poteri forti = banche = finanza internazionale
davide: c'e' stato un certo ricambio e almeno qualche scossone, altrimenti avremmo ancora i gaspari, i prandini, i longo, i gava.
sandro: beh che gli statunitensi da un certo punto in poi non abbiano piu' dato sponda a certi figuri nostrani e' sicuro, ma da cio' non deriva che abbiano tramato per levarli di mezzo, fare la vittima rende sempre.
tangentopoli fu il collasso dell'economia "bipolare" derivante dalla guerra fredda, il presente collasso della gestione moggi deriva dall'esaurimento economico del sistema calcio.
il ricambio mi pare ci sia stato più per ragioni anagrafiche che altro.
parlando degli ultimi 13 anni, ha governato per 6 anni complessivi Berlusconi, delfino di Craxi, in compagnia di Casini, delfino di Forlani. per completare il CAF manca Andreotti, che per poco non ce lo ritroviamo alla presidenza del Senato.
per altri 3 anni e mezzo complessivi ha governato Amato, stretto collaboratore pure lui di Craxi.
Quasi la metà dell'arco parlamentare sogna il ritorno della Balena Bianca, e non è da escludere che un giorno non lontano il sogno si avveri.
Insomma, qualche scossone certamente, ma collasso mi pare davvero una parola grossa.
tangentopoli fu il collasso dell'economia "bipolare" derivante dalla guerra fredda, il presente collasso della gestione moggi deriva dall'esaurimento economico del sistema calcio.
Un po' meccanicistico ma probabilmente vero.
Se il calcio cambierà come è cambiato il sistema politico dopo tangentopoli, beh..io che sono juventino non avrò nulla da temere..
una equazione inquetante, vero Davide ?
Come finirà?
http://lostessosole.splinder.com/
ahahah stupenda ;)
bwahahaah hanno nominato Borrelli capo ufficio indagini Figc, ne sentiremo delle belle nei prossimi giorni.
a mezzo parlamento viene il coccolone solo a sentirne il cognome!
la nomina di Borrelli significa che fanno sul serio.
...e poi abbiamo un presidente del consiglio democristiano....aaargghhh!!!!
A parte il mio fegato ormai pronto al trapianto, volevo solo dire che non mi ci ritrovo con il parallelo tangentopoli-calciopoli.
Con tangentopoli si è scoperto che i partiti politici per vivere avevano bisogno di denaro privato. Fu, quindi, la palese dimostrazione che il sistema partitico italiano andava rifondato e ripulito. Nulla di tutto quello che si diceva andava fatto, è stato fatto. Oggi abbiamo ancora i partiti che beccano denaro non si capisce bene da dove e come.
Con calciopoli è ormai chiaro a tutti che esisteva un sistema di pressione e controllo affinché certe partite andassero in un certo modo. Che certi personaggi si comportassero in un certo modo e dicessero/facessero certe cose e non altre. Da un certo punto di vista calciopoli è più grave di tangentopoli.
...o no?
cattocomunista dossettiano ™, per la precisione, Aleph
:)
è più grave per i milioni di tifosi del calcio, ma non più grave in assoluto.
tangentopoli è stato come scoperchiare la cloaca massima della politica italiana.
un fenomeno di corruzione e di corruttele gigantesco.
suvvia, non paragoniamo l'ideale che portò milioni di persone dietro Stalin, dietrò le idee comuniste con un pallone da calcio!
Io sono un grandissimo tifoso, mi piace il calcio!
Piango, rido, mi scaldo per i miei beniamini e ora sono profondamente rattristito nel sentire che il calcio è marcio, corrotto, rovinato dalla bramosia di soldi di pochi (forse troppi)!
Ogni giorno ci sono nuove colpe, nuove minacce, nuove accuse. Appare chiaro che l'ultimo articolo della stampa che accusa il milan di complotto insieme all'udinese (che assolutamente non doveva pareggiare, ma vincere) sia un tentativo macchinoso e meschino di qualcuno di aumentare il polverone, cercando di spartire colpe che in realtà non ci sono!
Comunque adesso c'è la nazionale, c'è l'orgoglio (almeno il mio) dei nostri ragazzi che in germania dovranno dare tutto se stessi per dimostrare che a casa nostra si gioca a calcio, e bene!
Quindi forza ragazzi