Veltroni: subito i comitati per il partito democratico
di Mariagrazia Gerina
«Che diavolo d’altro deve ancora succedere?», si domanda a questo punto Walter Veltroni. Il giorno dopo aver festeggiato la vittoria romana, un risultato elettorale largo sostenuto dal 61,44 per cento dei voti dei romani, appena dimesso dal Policlinico Gemelli, dove ieri mattina ha subito un intervento per bombardare quel calcolo renale che si era messo di traverso negli ultimi giorni di campagna elettorale, il sindaco di Roma guarda con orgoglio a quei numeri, al lavoro che li ha prodotti e alla città che ha riconosciuto il lavoro ben fatto, regalandogli una così vasta crescita del consenso.
«LA DISTANZA TRA I DUE schieramenti oggi è del 24%, alle elezioni regionali del 2000 era del 7% a vantaggio del centrodestra: in questi anni siamo stati capaci di spostare il 35% dei voti. Io ho guadagnato il 14% rispetto al 2001 e, nonostante la riduzione
del numero di votanti, ho raccolgo 120 mila voti in più». Ma, riconfermato sindaco, Veltroni, che ha ricevuto ieri le congratulazioni di Gianni Letta e Gabriele Albertini, ex sindaco di Milano, guarda anche oltre la sua città, al paese, alla politica nazionale. E vede adesso più che mai venire avanti il momento del partito democratico. «È il sogno della mia vita politica, adesso lo vedo all’orizzonte, non mi tirerò certo indietro», spiega a un ristretto gruppo di giornalisti che ha invitato nella sua casa al quartiere Salario, dove dovrà trascorrere qualche giorno di semi-convalescenza. Come? «Darò una mano. Ma deve essere un processo che nasca dal basso». Lo dice così, seduto al tavolo del suo salotto. Si toglie la giacca, resta in maniche di camicia, confessa che farebbe fatica oggi «a considerarsi un uomo di parte» e a chi gli chiede della leadership del futuro soggetto politico risponde rilanciando un’idea che si richiama all’Ulivo del ‘96: «I comitati del partito democratico».
Cominciamo dall’Ulivo. A queste elezioni amministrative ha ottenuto un successo largo, anche a fronte di altre liste che avevano incluso il nome del sindaco nel loro simbolo. Questo cosa significa?
Quando c’è un buon vento, spira per tutti. L’ho detto ai partiti, durante i festeggiamenti a piazza Santi Apostoli, la forza sta nel convergere. A Roma è andata bene per tutti, le liste che si presentavano con il mio nome hanno avuto tutte un ottimo risultato. E, a fronte di un’area del civismo che sta attorno al 10%, la lista dell’Ulivo è andata molto bene. E adesso che diavolo d’altro deve succedere? Parlo del partito democratico. Gli elettori ce lo dicono, ogni volta che ci presentiamo insieme, ci apprezzano e ci dicono di andare avanti. Loro sono già più avanti di noi. Noi ci abbiamo messo dieci anni a capirlo, ma la prospettiva dopo la caduta del Muro di Berlino è quella di un incontro definitivo tra le varie culture. E questo più presto avviene, in forme innovative, meglio è.
Quali sono le forme innovative che Walter Veltroni ha in mente?
Penso a un forte profilo ideale: non si fa un grande partito senza grandi ragioni ideali. Il partito democratico deve essere crocevia delle culture politiche che attraversano questa parte del campo. Non può essere la somma di due partiti, ma deve mettere insieme l’immensa quantità di energie di cui dispone il centrosinistra. Penso a un riformismo del popolo: non freddo e tecnocrate, ma caldo, che sappia relazionarsi con l’esistenza concreta, la vita, le speranze delle persone. Insomma, un riformismo con una forte tensione popolare. Qualcosa di simile al riformismo clintoniano: pragmatico e idealista, che sappia operare dentro la società e non si realizzi attraverso la fusione tra gli stati maggiori dei partiti, che finisce per essere poi un processo escludente. Penso a un partito che apra le porte al singolo, a cui nessuno deve chiedere da dove viene e a un partito democratico che va costruito quartiere per quartiere, luogo di lavoro per luogo di lavoro, sito internet per sito internet. Come accadde nel ‘96, quando abbiamo dato vita ai Comitati per l’Italia che vogliamo. Siamo a un passo dalla possibilità di realizzare l’obiettivo, non possiamo lasciarcelo sfuggire. La costituzione di un soggetto politico che possa tendere ad essere maggioritario sarà quello che darà stabilità al governo Prodi e che lo rafforzerà.
Quando dovrebbe nascere questo nuovo soggetto?
Subito. Dopo un risultato come quello ottenuto alle amministrative, dopo la costituzione dei gruppo parlamentari unitari, dopo aver attivato tutte queste energie, non si può più attendere. Dobbiamo subito mettere in campo le intelligenze necessarie.
Bisognerà risolvere il problema della leadership: chi dovrà guidare questo processo?
Non è da qui che dobbiamo partire. Delle leadership, abbiamo discusso per anni. Adesso invece, il partito democratico facciamolo partire e poi nascerà anche la leadership. Ci sarà una selezione naturale. Ma il processo deve essere dal basso verso l’alto e non il contrario.
Dopo i Comitati del ‘96, ora vedremo nascerà i Comitati per il partito democratico?
Certo, è questa la strada che dobbiamo seguire, subito: abbiamo avanti un processo che durerà mesi e non anni. I cittadini hanno bisogno di stare in campi larghi per poter scegliere.
E Walter Veltroni che ruolo avrà?
Darò una mano nel mio ruolo. Come sindaco mi aspettano cinque anni di lavoro intensissimo, non meno di quelli appena trascorsi, ma è il sogno della mia vita politica, adesso lo vedo all’orizzonte, non mi tirerò indietro. Però sono un vecchio saggio, non creo conflitti, cerco di dare una mano.
In questa idea di partito democratico sembra esserci molto dell’esperienza di Veltroni sindaco di Roma al 61,4%. Come si è prodotto questo consenso?
Per la politica è difficile capire, ma la ragione di questo voto non è altro che nel lavoro invisibile e minuto che abbiamo fatto quartiere per quartiere, in modo quasi febbrile, sotto l’assedio del tempo e che è espressione di una cultura del fare. Roma ora non si percepisce più imbarazzata, ma protagonista di una trasformazione, «orgogliosa» di quello che è. Abbiamo lavorato a costruire una cultura della comunità, intendendo l’istituzione come una cabina di regia lieve che fa sentire ognuno oggetto e soggetto di politiche sociali. Infine, abbiamo cercato di togliere l’odio, attraverso una serie di segni e simboli: l’intitolazione di una via a Paolo Di Nella o Renzo De Felice. Fin dal primo giorno abbiamo avuto l’idea che un’istituzione non deve essere di parte, per questo nel 2001 festeggiammo la vittoria a piazza Santi Apostoli e non in Campidoglio. Volevo dare un’idea di sacralità delle istituzione. E poi posso dire in questi anni di non essere quasi mai andato in tv. C’è un’idea del bipolarismo televisivo che è peggio di quello politico e ha bisogno di alimentarsi dello spirito del Processo del lunedì. Non basta andare 20 volte a Porta a porta per costruire il consenso, la politica è fatica, consenso che si costruisce nel rapporto con i cittadini. E lì il grado della tua sintonia con le ansie, i dolori, le speranze o c’è o non c’è: non c’è Porta a Porta che tenga. A Roma tantissimi del centrodestra hanno preferito votare per Veltroni.
Un salto nel campo avverso: come guidica Berlusconi leader dell’opposizione?
Il centrodestra dovrà decidere quale strada imboccare. L’ho detto anche ad Alemanno in un paio di occasioni: perché non fai una campagna elettorale rivolta ai moderati? Ha preferito fare una campagna elettorale tutta di corrente, aizzando ogni forma di estremismo. Ma ci sarà un motivo se la Moratti a Milano ha vinto e il partito di Alemanno ha perso 30 mila voti rispetto al 2001. Spero che un giorno in questo paese ci siano due linee politiche che si confrontino, secondo uno schema tipico dei paesi anglosassoni. Altrimenti, ogni volta, se vince l’altro, vince Belzebù.
Quando ormai è già finito il colloquio, il sindaco si ricorda di un’ultima cosa: «Oggi ho ricevuto anche la telefonata del cardinale Ruini».
Io l'ho detto che Veltroni dovrebbe essere il futuro candidato premier del csx tra cinque anni, ma qualcuno non la pensa come me...:-)
Veltroni: lo statista del 2001 !
P.S.: volevo dire 2011 !
Ah ecco, non capivo se il tuo era un errore di battitura o sarcasmo..:-)
oooooooh.. sento già "Bubba" che gode... per altri motivi dall'ulivo mondiale però!!! :-)))
Carolina
PS questa la mando al mio corrispondente americano :-)))
d'accordo con Salvatore e Luigi:
Veltroni è quello giusto per il 2011!
Mah! Berja di' tu qualcosa va.
Antonio, mi rendo conto che Walter non è amato da una parte della sinistra. A Roma alcuni compagni dicono: sì, buon amministratore, ma politicamente vale poco.
Però, il suo modello funziona. Io (che anni fa ho scoperto la politica grazie a lui e continuo a volergli bene) lo definicisco "cerchiobottista virtuoso": una strada intitolata ad un fascista (colpo al cerchio) e respiro per i centri sociali (colpo alla botte); una strada a scorrimento veloce in più (colpo al cerchio) e la zona a traffico limitato notturna in due quartieri (colpo alla botte). Così non si fanno rivoluzioni ma si acquista consenso e si lavora. E le cose, piano piano, cambiano in meglio.
Credo che Veltroni abbia ragione. Il partito democratico deve nascere dal basso e non può essere una semplice unione di cartello tra due partiti. Bisogna aprire le porte a tutti coloro che vorranno entrare. Sarebbe molto bello se si organizzassero primarie locali per formare la struttura del partito. Se nascerà con questi propositi avrà sicuramente radici forti e potrà essere rappresentativo. Altrimenti sarà una brutta fotocopia dei partiti chiusi di oggi, che rincorrono quelli di centrodestra nelle campagne elettorali stravolgendo quello che è il vero senso della politica. Legittimando a sua volta il berlusconismo, ovvero la trasformazione della politica in un mercato. Il partito democratico deve nascere piano piano e avere una partecipazione elevata di tutti coloro che ne vorranno far parte. A Milano si sta lanciando l'idea tra i giovani.
Grazie veltroni, perchè con la tua visione lungimirante di un partito democratico, insieme al tuo messia Prodi e tutta la zavorra margheritodiessina, permetterai finalmente a sinistra la rinascita di un vero soggetto antagonista e popolare, che si affermerà senza piu'timori reverenziali verso la vecchia nomenclatura ex-pci, anzi guiderà il popolo e soprattutto i giovani, che non sono moderati in quanto giovani, verso il futuro che gli appartiene.
Francamente non capisco tutto questo entusiasmo per Veltroni. Si tende a dimenticare che sotto la sua guida i Ds hanno avallato in blocco il bombardamento della ex-Jugoslavia imposto dal "riformista" Clinton a quel burocrate destrorso di D'Alema. Ricordo benissimo quando Veltroni divenne segretario: votai per la prima (e unica volta) Ds, erano le Europee del 1999. Non mi sono mai pentito tanto di un voto come quello. Qui sfugge che un conto è amministrare, anche bene, una città, un altro è avere un progetto reale di cambiamento della società. Da campano, non posso non citare l'esperienza di Antonio Bassolino, passato nel volgere di pochi anni da sindaco del rinnovamento a spregiudicato amministratore di stampo neo-democristiano. Inoltre, tanti entusiasmi per Veltroni mi ricordano quelli suscitati da Cofferati, rivelatosi da sindaco bolognese degno erede della doppiezza togliattiana e sostanzialmente stalinista (da sindacalista sono coi movimenti, da sindaco li reprimo). Nella sua intervista leggo solo parole vuote, tipo "riformismo con una forte tensione popolare". Che significa? E' troppo chiedere due parole sulla collocazione internazionale, sui nuovi assetti produttivi ed occupazionali del paese, sui nodi inestricabili della formazione e dell'educazione scolastica. Il Partito Democratico fin da ora si profila come la forza della conservazione, del filoamericanismo acritico e del rinnegamento di qualunque riferimento all'esperienza socialista (iniziata oltre 150 anni fa e viva e vegeta in tutto il mondo: da noi ci volevano gli ex-comunisti, mai stati realmente socialisti, per liquidarla definitivamente). E' la prova, l'ennesima prova, del cinismo nichilista degli eredi del Pci, pronti di anno in anno a cambiare nome, collocazione, identità. Il motivo è semplice: non hanno uno straccio d'identità e devono inventarsela a seconda delle convenienze storico-politiche. In questo mare di tartufismo e ambiguità non so chi sia peggio tra Veltroni e D'Alema, Cofferati o Fassino. So solo che la situazione, una volta finito Berlusconi (speriamo!), si profila molto negativa. Cosa significa Partito Democratico? Ma ci rendiamo conto? Democratici lo siamo tutti ormai. Sarà uno straordinario recipiente elettorale, ma chi si aspetta chissà quale cambiamento resterà deluso. Alberto, francamente da te mi aspettavo maggior senso critico al posto di questa sperticata adorazione nei confronti di Veltroni.
Caro Mangoni, io credo che se si continua a giudicare il passato non ne veniamo più a capo. Penso che quanto abbia detto Veltroni è una buona via per iniziare a seminare proprio quella identità politica che si dovrebbe identificare nel partito democratico. Siamo tutti democratici ? Forse non è proprio così e bisogna anche rimarcare perchè ci vogliamo identificare democratici visto che non considero Silvio una persona totalmente democratica e tutti coloro che lo hanno sostenuto. Ho proposto di dare via ad un processo di ascolto organizzando primarie locali che definiscono la struttura del partito democratico. Primarie che devono dare la possibilità a tutti coloro che ne vogliono far parte di partecipare, di esprimere il loro pensiero e di formare una nuova identità politica. I vertici del partito democratico credo debbano essere scelti dalla base e questa deve votare sulla base di contenuti e identità politica. Che ne dici ?
Ne dico che, per quanto le intenzioni possano essere buone, è l'approdo che non mi convince. Ammesso (e non concesso) che l'iniziativa parta dal basso, comunque si arriverà ad una forza indefinita, priva di connotazione. Siamo seri: le primarie non possono definire un'identità. Possono scegliere candidati, selezionare dirigenti, definire gli organismi, ma l'identità necessita di un progetto culturale forte che parta da una visione coerente della politica e della società. Di passaggi più lunghi, pensati, non di entusiasmi sorti in seguito ad una contingenza elettorale dipendente soprattutto dall'anomalia berlusconiana che, quando sparirà, rimetterà tutto in discussione. E l'ipotesi della sinistra socialista sarà svanita del tutto. Mi spiace, ma il Partito Democratico lo avverserò fin da subito. Lo sento estraneo alla mia storia, alle mie convinzioni, alla mia visione della società.
Ah, dimenticavo. Alberto, davvero ritieni che di Veltroni ne nasca uno ogni secolo? Non ti sembra una frase leggermente eccessiva e che riconosce eccessivi meriti a quello che, allo stato attuale, non è nè più, nè meno, di un buon sindaco (come capo partito il mio giudizio è estremamente negativo, e due post fa ho spiegato una delle tante ragioni alla base di questa mia valutazione)? Ho stima per te e ritengo lo spazio da te creato un luogo preziosissimo di scambio ideale e culturale, ma stavolta siamo su posizioni diametralmente opposte.
bravo mangoni
prima critica veltroni per le bombe al compagno milosevic
poi dice che ha votato DS alle europee del 1999
cioè dopo e durante i bombardamenti
probabilmente era un voto di protesta...
Da Veltroni comprerei una macchina usata. E sono sicuro che se gli affidassi le sorti di questo paese, lo tratterebbe bene. Cosa che non potrei dire di molti altri politici in giro.
Partito democratico ? Eh, chi l'avrebbe detto, venti anni fa, che un giorno, con altri nomi, il PCI si sarebbe annesso la Democrazia Cristiana?
Sono convinto che se il nove aprile sulla scheda ci fosse stato un simbolo "Partito democratico per Prodi presidente" adesso non saremmo qui a contare i senatori a vita
Savino, è vero, votai Veltroni dopo il bombardamento del 1999. E allora? Non avevo condiviso la scelta dei Ds, tuttavia li votai in auspicavo una svolta decisa nei metodi e nella gestione del potere. E poi era ancora aperta la ferita con Rifondazione, tra i responsabili (non certo l'unico) della caduta del Prodi I. Inoltre, se hai letto bene, ho chiarito che il bombardamento del 1999 è una delle tante cause che mi hanno portato a ridimensionare la figura di Veltroni e ad allontanarmi definitivamente dai Ds. Poi, francamente, non capisco questa uscita sul "compagno Milosevic". Io non l'ho mai considerato tale, ciò non toglie valore all'assoluta illegittimità e allo spregio del diritto internazionale perpetrato dalla Nato con il suo intervento nella guerra del Kosovo. Di cui l'Italia del centrosinistra è stata assoluta sostenitrice. E questo, con quello che è successo dopo, non posso dimenticarlo. Tra l'altro, ribadisco che alla guida degli USA c'era quel Clinton che Veltroni giudica un modello di riformismo. Apprezzerei obiezioni più sensate e meno stupdine. Se ne si è capaci, ovviamente.
mangoni: grazie del dissenso, che fa parte del gioco, quindi apprezzo. Vedi, sto cercando di uscire da questa illogica contrapposizione tra (perdona le parolacce) "riformisti" e "massimalisti, radicali, girotondini" (o come ci/li chiamano in genere i mentecatti della politica). Veltroni per me rappresenta davvero il cerchio che si chiude. Perché riesce a fare politiche anche di sinistra (con vari limiti, per esempio gli alloggi, su cui però sembra in fase di riflessione) senza spiacere alla borghesia. Pragmaticamente: raccoglie consenso e vince. Quello che gli spocchiosi teorici della mia città, attenti solo al proprio anfrattino di potere, non saprebbero fare per salvarsi la vita.
Qui diamo i soldi alla Sgarbi per fare la Milanesiana, un eventino snob che costa cifre illogiche, Walter a Roma fa suonare Simon & Garfunkel senza spendere una lira per centinaia di migliaia di persone. Gli artisti milanesi vanno a Roma per la notte bianca e a Milano ci sono quasi esclusivamente vaiasse panzanudasidimena.
InIl partito democratico può essere una svolta positiva o una iattura, dipende da chi e come lo farà (e lo faranno, alla faccia dei quattro tonti che fanno finta di opporsi). Se lo faranno come vogliono D'Alema, penati e Panzeri sarà un lavandino, buono soprattutto a chiudere l'epoca degli amministratori DS che versano parte dello stipendio al partito. Se invece lo farà Veltroni, sarà un movimento dal basso, che si configurerà veramente sulle istanze delle persone.
La società non è un Risiko e Veltroni l'ha capito. E' veramente uno dei pochi, dopo la delusione Cofferati.
Pienamente d'accordo con Alberto. Vorrei ricordare a Mengoni che le primarie avrebbero come obiettivo proprio quello di creare i contenuti e non solo di selezionare i candidati. Forse non si è ancora compreso l'utilità dello strumento primarie. E forse il nuovo partito democratico dovrà prendere seriamente in considerazione questo momento di partecipazione politica.
Apprezzo le buone intenzioni e gli entusiasmi che voi riponete nel nuovo Partito. Mi sbaglierò, ma insisto: sara un grande contenitore elettorale, uno straordinario catalizzatore di consenso. E sarà lo strumento fondamentale per creare un asse preferenziale con gli USA, del resto su questo punto di vista sono veramente tutti d'accordo. Il modello Veltroni non può funzionare in un intero paese, prima o poi i nodi (occupazionali, internazionali, finanziari) vengono al pettine. Si dice: i contenuti li facciamo scegliere alla gente. Voi dite che sarà necessario? Ma se sulla legge Biagi e sulla politica internazionale Fassino, Rutelli, Veltroni, D'Alema, Amato e Castagnetti sono completamente d'accordo... Le primarie al massimo designeranno il leader, ma la piattaforma programmatica è ampiamente scritta, basta leggere con attenzione le dichiarazioni dei leader in questione. Lo stesso Veltroni sul tema della flessibilità ha completamente sposato il paradigma blairiano, così come sulla legalità non vedo grosse differenze tra Ds e Margherita. Comunque, su una cosa sono d'accordo: non sarà solo una somma tra i due principali partiti dell'Ulivo. Sicuramente, e non sto scherzando, vi aderiranno diversi pezzi in uscita dall'Udc. Che andranno a garantire al senato una maggioranza più solida, per poi far sì che il Partito Democratico s presenti nel 2011 come blocco di centro moderato, con Mastella, Di Pietro e la Rosa, senza la sinistra cosiddetta radicale. L'obiettivo, da alcuni già dichiarato (vedi Chiamparino che ha detto di non essere più di sinistra da anni), è questo: e vedrete che andrà così. Ma noi (parlo per me) non ci saremo.
mangoni: sto solo tentando di essere pragmatico. Il PD si farà comunque. perché i DS si stanno disgregando dalla base e hanno bisogno di poter millantare crescite inesistenti (in questi giorni il segretario provinciale di Milano, Mirabelli, spaccia crescite del 19% alle elezioni perse), per liberarsi degli impegni residui dal PCI (tipo sganciare parte dello stipendio al partito), per uscire dal ghetto della sinistra e poter fare affari con i grandi gruppi (vedi D'Alema con Colaninno, Consorte, eccetera).
Posto che il PD si farà, meglio che lo si faccia in modo Veltroniano (dalla base) che D'Alemiano (dal vertice). nel primo caso è possibile che il PD comprenda un'ala di sinistra indisponibile alla deriva democristiana, nel secondo caso nascerà a sinistra la Sinistra Europea, il PD crescerà a forza di Follini, Tabacci, Fini, Casini e diventerà la Nuova DC, con la Mussolinin e pochi altri esagitati a destra. Questa seconda ipotesi - che peraltro mi darebbe uno schieramento politico in cui riconoscermi almeno un po' - è enormemente più inquietante della prima. Il mio consenso a Veltroni deriva all'80% da queste considerazioni molto utilitaristiche e molto poco romantiche.
Alberto, capisco perfettamente le tue ragioni e mi rendo conto del loro carattere utilitaristico e non romantico (anche se quella frase secondo cui di Veltroni ne nasce uno al secolo continua a sembrarmi eccessiva). E comunque, il sindaco di Roma è molto più spregiudicato e furbetto di quanto non sembri. Le mie analisi sono spesso condizionate dalla valutazione del passato, ma credo non se ne possa prescindere: Veltroni il partito in mano lo ha avuto. Ad un certo punto D'Alema era completamente esautorato, visto che nel 2000 si dimise da Palazzo Chigi. Le elezioni poi vinte da Berlusconi erano alle porte, e Walter cosa fec?
Alberto, capisco perfettamente le tue ragioni e mi rendo conto del loro carattere utilitaristico e non romantico (anche se quella frase secondo cui di Veltroni ne nasce uno al secolo continua a sembrarmi eccessiva). E comunque, il sindaco di Roma è molto più spregiudicato e furbetto di quanto non sembri. Le mie analisi sono spesso condizionate dalla valutazione del passato, ma credo non se ne possa prescindere: Veltroni il partito in mano lo ha avuto. Ad un certo punto D'Alema era completamente esautorato, visto che nel 2000 si dimise da Palazzo Chigi. Le elezioni poi vinte da Berlusconi erano alle porte, e Walter cosa fece? Si candidò a Roma, abbandonando di fatto il partito alla vigilia di un appuntamento elettorale importantissimo. I Ds scesero al minimo storico, Berlusconi stravinse e nessuno imputò la minima responsabilità ad un segretario che lascia la nave in procinto di affondare. Io credo che D'Alema (per il quale ho proposto la cacciata dal centrosinistra, ci tengo a ricordarlo) venga spesso considerato come l'unico responsabile della deriva inciuciona e centrista della politica italiana. Ma così non è. Il problema riguarda l'intera classe di dirigent 50-60enni formatisi nel PCI: nessuno di questi signori ha mai portato uno straccio di innovazione politica e culturale nel bagaglio del principale partito della sinistra storica. Sono solo una serie di capicorrente, ognuno dei quali conta su un seguito affaristico e giornalistico, doppi, ambigui e nichilisti (questo è il vero problema). Il Veltroni clintoniano e allo stesso tempo filo-africano è la prova plastica del cinismo di questa gente, che io (e con me tanta gente) ci siamo rassegnati a votare solo perchè l'attuale centrodestra rappresenta un rischio per la democrazia e la libertà.
Il rinnovamento della sinistra, a mio parere, non potrà prescindere dall'ascesa ai livelli dirigenziali di personaggi di provenienza non comunista (nel senso partitico e non certo ideologico, anche perchè questi si affannano a dire di non essere mai stati comunisti... ipocriti!). Mi riferisco a chi si sta formando con le lotte sul territorio, la vera sinistra di base che se ne fotte dei diktat partitici ed ha capito, anzi, che la grande questione della partecipazione politica nel III millennio non potrà risolversi se non attraverso il superamento dell'organizzazione tradizionale. Le lotte per la casa, per la scuola, per i diritti degli immigrati, per i diritti della persona: si tratta di ripensare completamente lo sviluppo attuale, a partire da una critica universale al sistema capitalistico. Perchè se il capitalismo si accetta così com'è, e al massimo lo si corregge nei suoi aspetti più violenti, se non si chiarisce una volta per tutte che la politica internazionale americana è la versione aggiornata dell'imperialismo, del socialismo e di tutti gli ideali possiamo tranquillamente fottercene e diventare democristiani. Io non ci sto, e non sarà certo Veltroni a farmi cambiare idea.
Veltroni cadde assieme a Prodi, per colpa proprio delle trame di D'Alema e - a differenza di molti, vedi Melandri - non accettò di far parte dell'accozzaglia di massimo (che peraltro governò poco e male). Si mise da parte e scelse Roma come luogo di ripartenza. I risultati gli danno ragione mi sembra.
Aggiungo che sono consapevole dei millanta compromessi, ma da milanese che si deve sorbire una classe politica da zelig, i compromessi e pure la Moratti, non posso che essere invidioso dei romani.
Ultimo: sono davvero convinto che una persona con l'energia, l'intelligenza, la capacità di mediazione e perché no la paraculaggine di Walter nasce mediamente una volta al secolo. Io davvero lo accosto a Berlinguer come valore di politico, forse anche perché il confronto con gli altri è impietoso.
a quali trame di D'Alema ti riferisci? Il Prodi I cadde in seguito ad una mozione di sfiducia di Rif Comunista per disaccordi sulla finanziaria.
Il fatto che poi D'Alema ne abbia approfittato per formare un nuovo governo non gli può attribuire responsabilità per la caduta del Prodi I.
Alberto ha fatto un'analisi ineccepibile. Aggiungo qualche elemento che mi deriva dall'esperienza delle amministrative romane.
I DS, come partito singolo e tradizionale, gerarchicamente rigido, non possono reggere ancora per molto. Uomini di partito imposti dall'alto (spesso gente in gamba, per la verità) qui a Roma sono stati trombati in favore di illustri sconosciuti che però si sono spesi tantissimo per la campagna elettorale. Uomini nuovi lontani dal partito ma vicini a quella che ne dovrebbe essere la base. Per queste persone, e per chi li ha votati, Veltroni è una bandiera unificante: ora chiedono una bandiera di partito. Se non si arriva al partito democratico tutte queste nuove risorse verranno perse prima delle prossime politiche e ci ritroveremo per altri 5 anni con Berlusconi.
Anche a destra stanno sicuramente riflettendo sul fatto che un vecchio missino radicatissimo sul territorio (Teodoro Buontempo detto "Er Pecora") è stato praticamente umiliato a casa sua (trombato con più di nove punti di scarto), mentre un ragazzino delfino di Alemanno, con un sito internet e tanti manifesti in giro (Samuele Piccolo) ha preso più di 8.000 voti. Quelli di destra, che vogliono, fortissimamente vogliono, governare, si stanno facendo i loro conti. Noi che facciamo? Buttiamo a mare Veltroni e alle prossime elezioni candidiamo Nunzio D'Erme?
l'accostamento di Veltroni ad Enrico Berliguer regge qualora si misuri lo spessore di statisti che entrambi posseggono.
Definire Veltroni il Berlinguer del terzo millennio non mi pare indaguato nè azzardato.
c'è da capire se, stante alcune dichiarazioni rese in televisione circa la sua aspirazione di andare in Africa per essere utile alle popolazioni di quel continente, veramente nel 2011 vorrà occuparsi di politica nazionale.
ce lo si deve augurare con forza.
:-|
Sono stupefatto e sconcertato dall'esaltazione acritica di Veltroni alla quale sto assistendo.
mangoni: spero tu non ti riferisca a me, che né esalto né sono acritico. Tra l'altro fresco reduce dalla lettura di Diario con l'inchista sugli alloggi romani ho ben poca voglia di esaltare. Insisto: ritengo Veltroni una delle poche persone in grado - per cultura, carattere, sensibilità - di tenere assieme posizioni politiche molto distanti tra loro. Il che significa che se cade prodi o diamo il timone a lui o rivince Silvio. Non è esaltazione, è sperare di salvarsi il culo.
davide, ancora credi a babbo natale?
prodi cadde in seguito ad una precisa volontà di d'alema, un piano politico perseguito con costanza e scientifica preparazione. prima il risanamento dei conti pubblici per entrare in area euro (e se va male, i sacrifici imposti agli taliani li pagherà prodi), poi lo mettiamo alla porta e governo io.
non ci sono ovviamente prove scritte, ma c'è una "tradizione orale" di chi ha assistito alle riunioni di botteghe oscure durante l'ultimo periodo prodi. uno dei presenti, tra l'altro, ne parlò anche a me durante una cena informale alla fine della legislatura di allora.
quanto a veltroni, è sicuramente un buon politico che risalta nella mediocrità altrui.
Bella discussione tra Mangoni e Alberto. Molte delle mie riserve su Veltroni sono quelle illustrate da Mangoni. Aggiungerei che il suo successo a Roma si innesta su una situazione già positiva, il cui merito di aver costruito negli anni è anche di chi nell'ombra ci ha lavorato (i trombati eccellenti a cui accenna Pino per esempio). Veltroni è un front-man di grandi doti comunicative, non stupido, che sa come aumentare un consenso con un azione inclusiva. Se tu gli dai in mano un organizzazione in cui gli aspetti gestionali siano curati da altri coi piedi un po' più per terra, la sua specialità è tradurne i risultati in una visione comprensibile, spendibile, propagandabile.
Che la comunicazione sia un aspetto non aggirabile lo dicono le ultime politiche: non basta essere così clamorosamente dalla parte del 'giusto', grazie ai disastri di chi ti ha preceduto, per vincere. Insomma di fronte ai vari godot che nella sinistra, che in nome di una visione più sofisticata sprofondano nell'indecisionismo, capisco che possa venire voglia di veltronismo.
Non è quello a cui assistiamo l'esito che molti si auguravano, ma se un partito democratico diventa un passaggio inevitabile, perlomeno che lo facciano. In modo che anche gli altri (elettori e partiti) si possano regolare di conseguenza.
rotafixa, le tradizioni orali mi convincono poco. infatti proprio per questo non credo a babbo natale :)
mangoni, non è esaltazione nè mancanza di senso critico, ma riconoscimento di una realtà di risultati in un'ambito territoriale difficilissimo (Roma caput Mundi) e di sano realismo, ben riassunto da Alberto:
"Il che significa che se cade prodi o diamo il timone a lui o rivince Silvio. Non è esaltazione, è sperare di salvarsi il culo.
;-)
Da questo punto di vista, sono assolutamente d'accordo. Però io credo si debba iniziare anche a ragionare secondo una prospettiva molto più ampia e dilatata nel tempo. Berlusconi finirà, all'orizzonte non vedo chi possa prendere il suo posto e l'esperienza di questi anni non sarà passata invano. Quindi, mi chiedo, perchè suicidare la sinistra nel Partito Democratico? Io sono convinto che sarà necessario arrivare in Italia ad un assetto diverso, più simile alle altre realtà europee. Guardate, io mi ritengo un comunista e voto Rifondazione: tuttavia, un serio progetto socialista mi interesserebbe davvero. Lo dico nella convinzione che la causa del socialismo non è ancora andata in pensione e che tanta gente continua a credere in una possibilità di trasformazione della società. Certo, con mezzi e strumenti diversi da quelli sperimentati fino ad ora. Ciò non avverrà, nè dalle parti della Sinistra Europea mi sembra si muova qualcosa di interessante e realmente coinvolgente. Non lasciamo che l'alba del post-berlusconismo (ci arriveremo un giorno!) sorga senza una grande forza di trasformazione sociale. Per le elezioni, Veltroni leader mi va benissimo: ma è sufficiente fare il listone dell'Ulivo alla Camera e al Senato. A me questo partito democratico sembra essere sostenuto da un grande "battage" mediatico, tuttavia sul piano culturale e ideologico (sì, ideologico) vedo solo una sostanziale adesione ai paradigmi liberisti e, come dicevo, blairiani. Lo so, sono prolisso e piantagrane, ma la politica mi piace tanto e potermi esprimere e dialogare con gente stimolante come voi è per me una bella opportunità.
una bella sfida questo post. veltroni, il partito democratico, d'alema, tre soggetti belli spessi da scriverci ore, ma purtroppo la sintesi che il blog esige mi costringe a contenere le mie impressioni.
ho avuto modo di vederli entrambi, quando a torino si svolse il congresso nazionale ds.
due politici opposti eppur complementari
non so quanto riconoscano l'uno all'altro,
ricordo che quegli anni furono aspri.
d'alema non vedeva di buon occhio l'intesa prodi-veltroni a favore della nascita dell'ulivo, era più propenso ad una visione di partito laico-riformista.
mentre veltroni sponsorizzava già allora la nascita di un partito che sulle orme del partito democratico kennediano, aprisse in italia alleanze di largo respiro, società civile, mondo social-cristiano,volontariato, acli, d'alema batteva altre strade, entrò primo ministro nella city londinese, nel mondo del capitalismo moderno, accreditò una visione del comunismo operativo,pragmatico,cercò alleanze finanziarie, il comunismo smise di apparire straccione e proletario e poteva finalmente ambire a produrre ricchezza e lavoro, oltre che a pretenderlo come diritto ne diventava motore(modello emiliano).
due visioni della politica e del suo agire opposti, ma che, secondo me , dovevano assolutamente convergere.
penso si siano fatti la guerra, e si siano anche odiati, di certo non si sono aiutati.
eppure sono figli del nostro tempo, la loro intelligenza merita ben altro che barricarsi dietro staccionate ideologiche sterili e improduttive, d'alema nell'ultimo periodo sembra averlo ben compreso, ha saputo ascoltare e ritrarsi, veltroni non deve dimenticare la voce laica e riformista della sinistra e non cedere troppo alle lusinghe filo-clericali della margherita pur di stringere accordi, verrebbe fuori una nuova dc.
maria
riflettendo su quel che dice mangoni, anch'io preferirei un grande partito che riunisse l'attuale sinistra (ds, rifo, pdci e anche i verdi, se vogliamo) piuttosto che il partito democratico che taglierebbe fuori tutti i partiti a sinistra dei ds.
però, obiettivamente, se ne parla da 2 anni, tutti i leader diessini e diellini, e prodi stesso, ci hanno messo la faccia. è un progetto in fase troppo avanzata per abbandonarlo proprio ora.
facciamo buon viso a cattivo gioco e vediamo che succede. potremmo avere delle belle sorprese.
io personalmente non credo che troveranno posto tranfughi dell'udc, meno che mai casini.
inoltre il partito democratico impedirebbe la formazione di quel grande centro rutel-casiniano che preluderebbe al ritorno della dc. è già qualcosa.
se poi le cose dovessero mettersi male, io personalmente ripiegherò sul subcomandante fausto, che avrei già votato ad aprile, ma ho optato per un voto 'tattico' ai ds, per aiutare il partito principale che avrebbe dovuto sostenere prodi.
L'elemento condizionante della situazione attuale è il Berlusca, la chiave di volta e la sua uscita dalla scena politica. La mia convinzione, la dico tutta, è che tanta gente che vota il centrodestra (e Forza Italia in particolare) non sia ideologicamente schierata da quella parte. Il problema, si sa, sono le televisioni, le pressioni mediatiche e l'azzeramento culturale cui s'è assistito in questi anni. Ma con una seria ricostruzione culturale del paese, con una politica d'intervento sulla formazione delle giovani generazion, l'inversione di tendenza è possibile. Perciò, ritengo prioritaria l'esigenza di concentrare le energie sull'attività di governo e di non mettersi a costruire "partiti nuovii" in una fase ancora delicata e politicamente friabile. Tra l'altro, sono assolutamente convinto che Rutelli muoia dalla voglia di accreditarsi al più presto come leader di uno schieramento moderato, e certe sue scelte lo testimoniano in maniera inequivocabile. La sua attuale collocazione nel centrosinistra, così come quella di altri personaggi (penso a Fioroni e ad altri democristi di lungo corso) è a mio parere puramente tattica. Del resto, Rutelli non parlava un anno fa di aver mangiato "pane e cicori", in riferimento alla sua
La mia convinzione, la dico tutta, è che tanta gente che vota il centrodestra (e Forza Italia in particolare) non sia ideologicamente schierata da quella parte.
nel senso che non sono di destra? beh, sì, ma infatti un vero partito di destra "liberale" in italia non esiste. la cdl è votata da ex-democristiani, ex-socialisti ed ex-missini. comunque questa è gente che ha un pregiudizio verso la sinistra, certamente in molti casi alimentato dai media berlusconiani, ma in ogni caso duro a morire.
difficile prevedere un travaso di voti in tempi brevi con l'uscita di scena di berlusconi. più probabile che, almeno inizialmente, una buona parte di questi elettori diserti le urne, mancando il loro unico profeta.
Veltroni "er fiaccolaro": mi pare che molti di voi sono pronti a ostentarlo sulla sedia gestatoria per lanciare un Partito Democratico prodotto dalla clonazione di segmenti di dna politico che hanno retto il '900. Il guaio, a mio parere, è che un Partito non si fa con i mattoncini lego, scegliendo quelli che più piacciono e tralasciando quelli che, per forma, colore o funzione, piacciono molto meno. Vedo un'oscillazione preoccupante tra coloro che vogliono assemblare un partito frankestein e poi farselo legittimare con le primarie (i migliori) e coloro che, più scaltramente, stanno tentando di ripetere il saccheggio del colosseo per ornarsi il giardino della propria villa. Veltroni è il leader giusto per una simile operazione e quindi il vostro "venite adoramus" è pienamente giustificato. Le affinità elettive sono scattate.
Claudio
Davide, le tue parole mi sono di conforto. Proprio perchè sono anch'io convinto che il travaso non avverrà in tempi brevi, trovo assurda la scelta di suicidare la sinistra nel giro di qualche mese senza che si elabori un progetto di lungo corso. La questione, in fondo, è semplice: gli strati popolari della società non votano a sinistra, che è diventata negli anni una forma di garanzia per il ceto medio-alto (con significative eccezioni, ovvio, si pensi al Nord-Est ed altre aree produttive del paese). Il Pd mi sa tanto di operazione volta a legittimare questo stato di cose, va a chiarire definitivamente sul piano partitico cioè che sul piano politico è ormai evidente, ossia la sudditanza ad apparati economico-finanziari-giornalistici. Si prenda la Repubblica: ogni voce dissonante rispetto ai tempi di costruzione del Pd (figuriamoci rispetto al merito!) viene sistematicamente isolata, mentre si concedono grandi interviste ai leader del centrosinistra. E le sezioni (o ciò che ne resta) cosa dicono? Mistero.
Mangoni: le sezioni sono troppo frastornate per dire alcunché. Le strutture di partito sono ancora essenziali ma assolutamente acciaccate e isolate in una società in cui si è imposto a vari livelli l'ognuno per sé, quindi accetteranno qualsiasi cosa gli venga proposta dai vertici. Tra l'altro ha ragione Davide: se dopo tanto tempo, non importa quanti ragioni buone abbia dalla sua parte, un progetto di riunificazione a sinistra non è emerso, significa che non emergerà. E dato che la situazione attuale senza un grosso partito nel centrosinistra non può durare all'infinito, per una questione fisiologica di equilibri il PD diventerà un esito un po' obbligato.
E poi a tutti toccherà di ripensare le proprie militanze, il senso dell'impegno politico, a cosa dedicare tempo e risorse. Se pensiamo che siamo un po' tutti rimasti in sospeso dall'89-93 per vedere come sarebbero andate a finire le cose, è anche ora che ci sia un liberi tutti generale.
Per esempio PD o no io mi sono convinto da un po' che la politica di rappresentanza è destinata ad avere un peso parecchio minore di quello che gli tributavamo un tempo. Se c'è una maggioranza di governo stabile, capace di vincere e di tenere lontane le derive berlusconiche, di non spappolarsi in una linea blairiana e di non spappolarsi in genere (non è che in Francia i socialisti se la passino benissimo), io a quel punto posso anche pensare ad altro, fare politica ad altri livelli. O anche votare stabilmente un partito di sinistra piena senza la paura che questo possa far vincere eversivi e tangentari.
Forse c'è una punta di deresponsabilizzazione in quello che dico, però è ora di prendere atto che il cordone ombelicale che ci portiamo dietro dal PCI, per cui coscienza, politica, interessi, cultura, destini era un tutt'uno che poi confluiva nel voto è stato tagliato. Non è stato un processo piacevole, né indolore, ma mi sembra che un po' a questo siamo arrivati.
Il cordone ombelicale che ci portiamo dietro dal PCI,per dirla con Antonio,andava tagliato con decisione maggiore e con tempi diversi da quelli imposti dall'89. Coloro che lo fecero vennero etichettati come traditori, perchè lo spirito della Bolognina fu travolto dal tentativo di passare dogana senza pagare dazio, cavalcando l'onda del giustizialismo. Oggi il leader dei "traditori" è Presidente della Repubblica, per fortuna. Vorrei chiedere ad Antonio di spiegarmi per quale motivo ancora oggi esiste una titubanza a votare sinistra piena nel timore che questo possa fare vincere eversivi e tangentari, mentre non esiste, ad onta delle verità storiche che pure lì rivelano eversivi e tangentari, equivalente timore a votare centro pieno. Oggi è matura la fase costituente del Partito Democratico, ma io credo che l'intera Unione dovrebbe sentirsi obbligata a sapere che non esiste alcuno spazio per quei tatticismi tardo-dorotei o per quei rivendicazionismi da sub-comandate che si riaffacciano nel Centrosinistra italiano dopo una vittoria elettorale.E’ il momento di dare corso effettivo ad un nuovo capitolo della storia del movimento socialista, popolare e democratico di questo Paese; un nuovo capitolo che, tuttavia, non dovrebbe essere scritto col comodo e scaltro metodo del copia-e-incolla di progetti politici del passato lungamente accarezzati, che non hanno funzionato a loro tempo e che non funzionerebbero nemmeno oggi perché non si conformano a reggere la complessità della nostra società.La sinistra italiana ha già pagato un duro tributo a causa di questi nostalgici del copia-e-incolla; basterebbe dare uno sguardo ad altri Paesi europei per rendersene conto.Ma forse la gravità politica e militare della crisi internazionale in atto, unitamente alla responsabilità di governo, aiuteranno l’Unione a risolvere alcune contraddizioni di merito e ad elaborare una linea di azione sufficientemente condivisa.Personalmente mi auguro che si possa generare un elevato livello di condivisione, di abbondanza tale da consentire ricadute didattico-formative come quelle che erano nelle aspettative di quello statista del secolo scorso che, su questo argomento, ebbe a dire: “insegneremo anche ai cuochi a governare”.
Parafrasando e attualizzando quel vecchio slogan leninista si potrebbe affermare che il Centrosinistra “insegnerà anche alla società civile a governare”; ma dovremmo dirlo, io credo, con la consapevolezza che solo in condizioni differenti da quelle che si sono verificate negli ultimi quindici anni nel centrosinistra italiano un simile obiettivo è raggiungibile; diversamente finiremmo col ripassare nuovamente il testimone a Silvio Berlusconi. Ma adesso è necessario battersi per questo obiettivo, è il momento di costruire con tutte le nostre forze un processo unitario irreversibile e irriducibile, per dare un’alternativa a noi stessi, a tutti i cittadini italiani che ancora subiscono la fascinazione del berlusconismo e, in definitiva, al nostro Paese.
Certo, le sezioni sono frastornate e questa è una situazione direi ormai irreversibile. Però, sempre se ci sia un sistema per stabilirlo, vorrei capire quanti tra iscrtitti, elettori o simpatizzanti siano realmente convinti della neccessità di costruire il Pd. Continuo a trovare tragicamente paradossale che dirigenti che neanche 20 anni fa continuavano a dichiararsi comunisti e facevano i viaggi a Mosca oggi liquidino il socialismo e si affidino ad un'ideologia genericamente democratica. Lo trovo assurdo perchè ho a cuore le sorti della sinistra da elettore e persona (nel mio piccolo, anzi piccolissimo) impegnata, e non è bello assistere ad una tale subordinazione ai paradigmi liberisti (ormai abbiamo messo in soffitta pure Keynes, altro che Marx!). Sono 16 anni, inoltre, che questa dirigenza crea soggetti nuovi, senza venire a capo di nulla: nel 1989 il Pds, perchè il comunismo è fallito e bisogna diventare socialdemocratici. Poi nel 1994 siamo tutti Progressisti, poi nel 1996 arriva l'Ulivo, vince le elezioni, ma dopo due mesi D'Alema dice che è morto, il futuro è la casa socialista. Così nel 1998 arriva la Cosa 2, via falce e martello, dentro la rosa, il Pds muore e nascono i Ds. Tutte operazioni, ci tengo a chiarirlo, avvenute con il consenso e il plauso dei grandi organi si stampa "borghesi", mai stanchi di chiedere alla sinistra continue prove di "affidabilità democratica", ossia di moderatismo. Il Pd, a mio giudizio, si configura come lo strumento più idoneo per effettuare quelle "anti-riforme" spacciate per moderne e necessarie (scuola, sanità, occupazione), ma in realtà ispirate ad una totale adesione alle indicazioni teoriche della cricca liberista clinton-blairiana. Il progetto va avversato, ne sono sempre più persuaso.
Mangoni: il progetto "andrebbe" avversato, ma non c'è la possibilità. Tutto, ma proprio tutto, spinge la dirigenza dei DS in quella direzione per liberarsi definitivamente di un fardello che sentono troppo pesante mentre rincorrono le loro ambizioni. In questo momento c'è un ultimo ostacolo grosso, il PSE a cui la Margherita non si vuole iscrivere, ma certo non gli umori della base, disaggregata e diluita, ridotta all'osso, ma ancora pronta ad acclamare facce consunte come quelle di D'Alema e Fassino solo perché non hanno di meglio.
Il Pd nascerà alla faccia nostra, anche grazie alla complicità della sinistra DS che millanta opposizione e poi si vende in cambio di qualche poltrona, dai Cofferati giù giù fino ai Matteucci.
Opponiamoci pure, ma non servirà a molto. Meglio essere pragmatici e sostenere il progetto di Veltroni, molto meno indecente di quello di D'Alema-Fassino-Panzeri e compagnia brutta.
Ercolino sempre in piedi.
Gli amanti del giocattolo artigianale classico e i blogger non più adolescenti ricorderanno sicuramente l’omino flessibile (il cui nome tecnico è misirizzi) chiamato Ercolino. Qualsiasi azione si facesse nei suoi confronti al fine di distoglierlo dalla sua posa naturale, il nostro Ercolino riassumeva alla fine la stessa posizione verticale tipica di un forte e tenace soldatino. Bastava proprio poco per divertirsi una volta... i tempi sono decisamente cambiati. Forse.