Il partito democratico? Cominci dalla laicità
Giocando brutalmente con una famosa aria mozartiana si potrebbe dire che il partito democratico è come l'araba fenice: che ci sia ciascuno lo dice, ma che cosa sia nessuno lo sa, e, soprattutto, molti lo trovano in molti posti e in molti luoghi, ma questo aspetto, anziché avvicinare alla meta, rende il quadro ancor più complicato.
Il partito democratico è un condominio o una struttura politica dotata di una sua coerenza? Nel primo caso all'ordine del giorno si propone la formulazione di un sistema delle buone maniere, dove soggetti e attori considerati tra loro “naturalmente diversi” si accordano su principi di convenienza. Ne viene fuori una federazione fondata sul principio “ognuno è padroni a casa sua”. Questa infatti è la filosofia del condominio. Ci si preoccupa delle zone comuni - di solito rispondenti a questioni di uso - e, soprattutto, si stabilisce con dovizia di particolari la soglia invalicabile del “proprio”.
Diversi invece sono la partita e il confronto che abbiamo di fronte (un confronto e una partita che pur coinvolgendo in prima persona il centro-sinistra, non vede estraneo per un gioco simmetrico anche l'attuale centro-destra) se il fine sia di quello di produrre un nuovo soggetto politico. Se è così, allora il problema è: sulla base di che cosa definire una struttura politica coerente. Non credo che questo sia possibile se non concentrando l'attenzione su questioni inerenti i valori politico-culturali su cui pensare oggi un partito.
La laicità è certo il valore da tenere conto. Forse è il principale. Una parola, peraltro, su cui girano molte ambiguità. Fugarle è imprescindibile e vale in particolare per il confronto politico e culturale interno ai Ds, un partito che eredita la storia culturale del Pci che aveva costruito sull'incontro tra marxisti e cattolici gran parte della sua storia, che oggi si trova a dover ridefinire un'identità a partire dalla coabitazione con la Margherita che crede di aver già risolto il problema culturale e politico dei cattolici e di rappresentarne senza problemi la sintesi.
Ci sono due modi di intendere e soprattutto di usare la parola “laicità” nello scenario politico attuale. Per alcuni laicità è un principio astratto di regolamento del conflitto. Laicità in questo senso è appellarsi al principio distintivo tra religione e politica, spesso invocando e richiamando la necessità di valorizzare le risorse culturali e morali di cui le comunità di fede sono portatrici. In questo senso la laicità è intesa come rispetto per le religioni, le loro manifestazioni pubbliche e le loro convinzioni. Contemporaneamente si trasforma in principio che si risolve nella richiesta allo Stato di svolgere un ruolo attivo ispirato a una sua neutralità positiva capace di garantire e di tutelare i diritti delle minoranze.
Su questa base, il confronto negli ultimi anni è avvenuto, p.e., rispetto alla discussione che si è concretizzata in Francia nella primavera 2004 con la legge sui simboli religiosi negli spazi pubblici. Una legge considerata da chi opta per questa lettura della laicità come invasiva, limitativa del diritto, punitiva nei confronti delle fedi. Una legge giudicata perciò laicista, anziché laica, dunque ideologica, che sancisce l'invasione del potere pubblico e dello Stato in un territorio non suo.
A questa prima versione del termine laicità se ne oppone una seconda che la toglie dal ruolo di regolatore del traffico, di misuratore del rispetto delle regole e la propone come dimensione culturale essa stessa e dunque la presenta non come un astratto contenitore, ma come un contenuto. Questo contenuto non è espresso da un sistema di postulati o di teorie o norme giuridiche, ma da pratiche culturali proprie. In questo caso la laicità va intesa come mentalità laica.
Che cos'è e soprattutto come si articola una mentalità laica? Lo ha decritto Giovanni Boniolo in poche pagine in un libro da lui curato che finora ha ricevuto scarsa attenzione (Laicità, Einaudi). Secondo Boniolo la laicità si sostiene su tre percorsi complementari: 1. la libertà di credenza, ovvero il diritto che ciascuno abbia la possibilità di credere in ciò che vuole, senza nessuna preclusione; 2. la libertà di conoscenza, una credenza fondata su “buone ragioni” ovvero su procedure non solo pertinenti, ma anche definite sia su conoscenze disponibili, sia dalla creazione di nuove conoscenze che l'esercizio di questa libertà consente; 3. la libertà di critica, ovvero la possibilità di discutere e riformulare conoscenze precedentemente acquisite e credenze precedentemente sostenute. In breve, in merito a questo terzo punto un doppio atteggiamento: da una parte anti-dogmatico; dall'altra anti-fondamentalista.
Il che equivale a porre alcune questioni in diverse direzioni. Per esempio: sul ruolo delle religioni nella sfera pubblica dove il loro spazio pubblico sia riconosciuto non alle istituzioni, ma agli individui che le compongono; a proposito della dimensione dell'etica pubblica, dove il problema della democrazia laica non è un deficit di etica, cui le religioni supplirebbero, ma la definizione di un'etica capace di prescindere da ogni riferimento autoritativo a Dio; sulla libertà della ricerca scientifica; sulla memoria storica dove il problema sia nuovamente la sfera della responsabilità individuale, dove i disastri recenti non sono “irripetibili” e nei confronti dei quali non c'è nessuna salvezza, se non in una costante attenzione a ciò che gli individui “fanno”; sul sistema scolastico e su quello educativo dove ancora permangono molte incertezze risolvibili se assumiamo anziché la dimensione multiculturale, che si limita a prendere atto che ci sono diversità (di nuovo una regola “condominiale”), quella interculturale. Interculturale significa infatti considerare non solo le differenze, ma anche il fatto che la realtà di oggi genera nuove identità che sono il risultato dello scontro, del confronto e della curiosità che la presenza di “altri” suscita e dalla ibridazione che da questa coabitazione discende.
Una buona prassi quest'ultima, che sarebbe un utile esercizio a chi volesse davvero costruire il partito democratico.
14.06.06 11:30 - sezione
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