E' a Palazzo Madama il ventre molle dell'Unione
di Massimo Franco
Schermaglie e sarcasmi erano prevedibili. Un governo che ventinove giorni dopo l'insediamento pone la questione di fiducia, trasmette un'immagine insicura, se non debole. E il fatto che il tema sia l'aumento dei ministeri, offre all'opposizione un terreno polemico fertile. Tuttavia, la decisione di rispondere così ai 400 emendamenti del centrodestra (ma potrebbero essere meno) riguarda poco lo «spacchettamento», come viene chiamato; e molto, invece, l'istituzione che dovrà approvarlo. La preoccupazione di Romano Prodi dipende soprattutto dall'incertezza sulla tenuta della sua maggioranza risicata al Senato.
È la «maledizione di palazzo Madama» a suggerire al premier Chigi il ricorso alla fiducia: una maledizione numerica e politica, ereditata dalle urne. Lo scarto di una manciata di seggi promette di trasformare in sconfitta anche una sola assenza; e di creare tensioni in una coalizione percorsa da un malessere evidente. Senza la fiducia, i senatori dell'Unione sarebbero costretti ad una maratona parlamentare per respingere gli emendamenti; col pericolo comunque di qualche bocciatura imprevista.
Ieri, da Berlino, il presidente del Consiglio ha giustificato la decisione ricordando che Silvio Berlusconi era ricorso alla fiducia «addirittura sulla riforma costituzionale»; e che «c'è l'urgenza di prendere le decisioni». E il suo ministro Vannino Chiti ha chiamato in causa «la corrida» dell'opposizione al Senato. Spiegazioni legittime e insieme emblematiche: confermano che il «ramo alto» del Parlamento viene percepito dal centrosinistra e dagli avversari come il ventre molle dell'Unione. E dunque comporta una blindatura delle votazioni, che molti prevedono sarà una costante obbligata della legislatura. Su questo sfondo, il voto di fiducia costituisce una conferma.
Prefigura uno scontro senza tregua, in direzione opposta a quella che i vertici dell'Unione speravano. Ormai, l'idea che dopo il muro contro muro sull'elezione di Franco Marini alla presidenza l'aula diventasse il laboratorio del dialogo fra gli schieramenti, appare un'illusione. I voti nell'aula del Senato si profilano come forche caudine, sotto le quali il centrosinistra può passare indenne soltanto ricorrendo alla fiducia. Non è un caso che il calendario preveda lì pochissime scadenze. L'Unione preferisce la Camera, dove il numero dei suoi parlamentari la mette al riparo da sorprese.
L'opposizione ironizza sulla fiducia ad un provvedimento che archivia la riforma del ds Franco Bassanini sulla riduzione dei ministeri. E già pregusta le difficoltà che l'Unione incontrerà quando si dovranno decidere i tagli di spesa nella legge finanziaria. L'allarme del ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa, sempre più convinto che nel 1992 i conti pubblici fossero perfino «meno peggiori che nel 2005», è condiviso da Prodi ma semina brividi. E fa dire a qualche ministro che, senza una sterzata, l'ipotesi di una caduta del governo prima di Natale non va presa alla leggera.
La mossa del premier dopo appena 29 giorni simbolo della precarietà del dopo voto
La scoperta dell'acqua calda pubblicata sul Corriere! Che grandi commentatori politici!
Garp: ho riletto l'articolo di Massimo Franco condivido.
speriamo di resistere per nn ridare subito l'italia ai berluscones....davide