Gioco suicida
la Socia ha scritto per OneMoreBlog:
Scritto da Paul Auster nel 1978, prima di diventare famoso e firmato con lo pseudonimo Paul Bejamin, è
un romanzo poliziesco alla Chandler, ma particolare perchè ci si ritrova la scrittura e la metodologia d'analisi di Auter. Il protagonista, Max Klein, un investigatore privato che ha lasciato la magistratura per non cedere a compromessi sulla giustizia, guida il lettore verso la soluzione di un caso di omicidio, analizzando la vita dei personaggi con l'atteggiamento dello psicologo e descrivendo la realtà con lo sguardo dell'esteta.
Al centro del libro c'è Max non solo perchè è attraverso di lui che si scoprono legami e coincidenze e che si riconduce il tutto a un quadro sensato, benché non concluso, ma anche perchè è lui il più importante oggetto del suo stesso lavoro di ricerca attraverso un'ininterrotta attività introspettiva.
Tutto ciò condotto con una buona dose di ironia che denuncia il distacco dell'autore dalla materia trattata, specie nei punti topici del genere del romanzo poliziesco.
Max viene contattato da Chapman, ex campione di baseball, ritiratosi dopo un incidente in cui ha perso una gamba, e intenzionato ora a entrare in politica. Qualcuno gli ha inviato una lettera minatoria e lui teme per la sua vita. I motivi per avere paura esistono. Compito di Max è scoprirli e salvare così il suo cliente. Poco dopo l'incontro Chapman muore. Max non è riuscito a proteggerlo e ora vuole capire: “... quello era il mio caso. Lo avrei risolto: ne ero debitore verso Chapman e verso il mio orgoglio.”
Prende così avvio il lavoro di ricerca e ricostruzione. Un lavoro che ruota intorno alla capacità di alcuni di manipolare e dominare gli altri in forza di un potere che può derivare da una particolare abilità, dal fascino, dal carisma, dai soldi. Un potere, comunque, che permette a chi lo ha di portare a termine impunemente i piani personali, grazie al fatto che nessuna indagine va a fondo. A Grimes, tenente di polizia della Squadra Omicidi Max spiega: “La differenza fra noi due è che a me interessa scoprire il perchè Chapman è stato assassinato, mentre tu pensi soltanto al come. Io voglio le vere risposte, tu vuoi un colpevole.”
Chapmann è dotato di un carisma eccezionale che gli garantisce di raggiungere sempre il successo. Max non ne è immune: “Eravamo della stessa età, della stessa stazza, e avevamo frequentato tutti e due le migliori scuole, venivamo dalla Ivy League. L'unica differenza era anatomica; lui aveva il mondo ai piedi, mentre io al mondo stavo sulle palle. Quando saliva sul piatto allo Stadium, a volte mi accorgevo di fare un tifo così sfegatato per lui da sentirmi in imbarazzo. Era come se il suo successo potesse salvarmi, e l'idea di trasferire tante speranze su un'altra persona mi faceva paura.” Ma Max intuisce che il vero problema di Chapman è di essere dominato dal suo stesso potere: “Dopo un po' cominciò lentamente a sorgermi il dubbio che in realtà non fosse mai stato padrone di se stesso, ma piuttosto prigioniero del suo talento... Chapman avrebbe ottenuto tutto il successo possibile...eppure, in un certo senso, non per merito suo, ma grazie alla sua abilità nel baseball, una specie di mostro che viveva dentro di lui, usandolo come strumento per perseguire i suoi propositi.”
Anche la moglie di Chapman, Judith, esercita un fascino irresistibile. “Il viso di Judith Chapman mi piaceva. Non era bello nel senso classico, e forse non lo era in nessun senso, ma era magnetico." E anche in questo caso Max non è immune. Così di fronte a Briles, professore di criminologia nonché amante di Judy Chapman, Max ha un comportamento strano: “Non capivo bene perchè la presenza di Briles avesse scatenato in me tanto astio. Era come se lo considerassi un rivale... Stavo permettendo alle emozioni di interferire nel mio lavoro, e sapevo di comportarmi stupidamente. Ma non potevo trattenermi. Sentivo un desiderio quasi chimico di litigare con lui.”
Light, il proprietario della squadra di baseball in cui giocava Chapman, i New York Americans, è un uomo ricchissimo al cui potere non si può sfuggire facilmente: aveva acquistato e reso grande la squadra “...e ora che il club era saldamente sulla cresta dell'onda, da un paio d'anni lui aveva iniziato a divertirsi con un altro hobby: la politica. ... sperava di usare il suo denaro per la causa della destra esattamente come lo aveva già usato per il baseball: allo scopo di creare un vincitore. ... Aveva un'ingannevole faccia di luna piena... priva di fisionomia. Questo gli conferiva una qualità camaleontica, quasi avesse costruito il suo successo sulla capacità di adattarsi ai diversi tipi di persone con cui aveva avuto a che fare, e di mescolarsi con l'ambiente che lo circondava. Come molti potenti, era attore del dramma della sua vita, e sembrava gustare ogni nuovo incontro come una sfida per il talento teatrale che aveva coltivato in se stesso con tanta assiduità.”
Ma il vero protagonista è Max che si confronta con se stesso e con i suoi problemi esistenziali: “Era tutto il giorno che aprivo porte e al di là non avevo trovato nient'altro che me stesso.” Di là dalle porte in questione, quasi sempre c'è un morto.
Max non è presente solo come poliziotto, ma anche come uomo, come marito separato e come padre di un bimbo. La sua storia personale non è marginale. Al contrario corre parallela alla trama del giallo, senza mai incrociarla direttamente, ma riproponendone alcuni aspetti primari. Così nel suo rapporto con la moglie Chaty riaffiora per esempio il tema della manipolazione: “Sapevo cosa mi avrebbe detto e sapevo che se lo avessi voluto avrei potuto farle cambiare idea. ...”. E si ritrova anche la stessa cronologia della storia di Chapman: “Quando Cathy mi invitò di nuovo e per la seconda volta dissi no, vidi che qualcosa le si spezzava dentro... Eravamo tornati allo stesso punto di cinque anni prima.” Il rimando a quei famosi cinque anni prima, esattamente il punto in cui era avvenuto l'incidente di Chapman, non è casuale (come del resto in Auster mai nulla è casuale, o almeno ogni casualità ha un significato). Ma Max è un uomo onesto, un puro e non ha quella volontà di manipolare che manifestano gli altri: “Non ti sto chiedendo perdono Chaty. Ti sto chiedendo solo di fare quello che devi”.
Anche il rapporto con il figlio è trattato in modo interessante. Richie è un bambino che ancora non sa se avrà un talento e quale: “...il suo corpo smilzo era così raggomitolato che sembrava aver preso la forma di un punto interrogativo.” L'intero capitolo 19 è dedicato a Richie. Ed è esattamente il capitolo successivo a quello in cui si risolve un altro rapporto padre - figlio. Quello problematico fra Victor Contini, ricco e potente mafioso, e il figlio Chip, compagno di studi di Max: “Chip arrossì per l'imbarazzo. Era stato trattato in quel modo da suo padre mille volte, ma ogni volta l'umiliazione si rinnovava. Invece di alzare la cresta tanti anni prima, quando avrebbe avuto un significato, si era lasciato dominare, e ora era tardi per cambiare il loro rapporto.” Sarà Max a permettere a Chip di risolvere il rapporto con suo padre: “Alla fine fu troppo per Chip... Non provai a consolarlo. Stava piangendo suo padre, stava piangendo la perdita dell'innocenza: e nessuna parola che avessi detto gli poteva servire. Doveva vedersela da solo... Le lacrime che pianse erano amare, ma necessarie. Si ponevano fra lui e la maturità.”
Nonostante il lavoro di indagine psicologica sui personaggi, la trama è fitta e l'andamento rapido. Non mancano gli elementi del classico poliziesco americano: scazzottate, morti e colpi di scena di vario tipo. Eppure il libro mantiene la sua natura di giallo atipico dall'inizio alla fine. Compresa la conclusione in cui Auster evita di dare una risposta netta che permetta di dire con certezza come si sono svolti i fatti. L'ipotesi formulata da Max resta aperta ad altre soluzioni. Come a indicare che l'importante non è spiegare come sono andate le cose, ma perchè possono essere andate così e i perchè stanno in fondo alle persone.
19.06.06 08:13 - sezione
libri