Via Catalani: piccola storia di ordinaria fobia
pepperone ha scritto a OneMoreBlog:
Venerdi, sei finalmente giunto alle ultime ore di lavoro, ti stai già predisponendo mentalmente al riposo di fine settimana, ancora un piccolo sforzo sotto la cappa grigia e maleodorante della città, la fronte imperlata di sudore, la camicetta appiccicata alla schiena.
Bello questo quartiere, primi novecento, casette di pochi piani con giardinetto interno, spazi umani, liberty… peccato che sono quasi tutte senza ascensore, sembra di essere nella via principale di un paesetto. Tutti si conoscono, parlano da una finestra all'altra eppure sei nel mezzo di città studi, da una parte via costa, dall'altra porpora isolano questi pochi metri di subrealtà metropolitana.
Contatti tutte le portinaie, cerchi un citofono che risponda dove non esistono custodi, avvisi tutti (con il tuo cartello enorme e pieno di raccomandazioni sul fatto che non si devono dare soldi, che bisogna chiedere il tesserino di riconoscimento, che per la sicurezza eccetera) che il prossimo lunedì passerai a leggere i contatori della luce e del gas. Ultimo impegno della giornata che ti favorirà la ripresa del lunedì.
Lunedì, cominci presto con le palle che ancor ti girano perché tutto quello che hai dovuto sistemare nel week end non ti ha concesso un minuto di riposo..e poi il lunedì è una giornata di merda, lo sai perché è scritto in qualche testo sacro tenuto nascosto da assolombarda.
Finalmente arrivi nel paese con le casette belle ed un'architettura a misura d'uomo, cominci dal primo stabile, 4 piani senza “asinello”, 4 porconi ai tuoi polmoni e ai 2 pacchetti di gauloises.
Non c'è più il cartello d'avviso e già cominci ad imprecare al burlone che l'ha fatto sparire, rovinandoti la placida e comoda possibilità di vedere le porte aperte con fiducia verso la tua meta fatta di strumenti che girando fanno emettere bollette!
Suoni i campanelli, nessuno risponde, nessuno apre, nessuno ha posizionato un bigliettino con le letture sull'uscio…cazzo 4 assenti, 4 “pesate” in meno sui tuoi 300 d'obbligo giornalieri, cominciamo bene. Terzo piano, suoni tutti i campanelli ed apre solo una sciura circospetta che dallo spiffero della porta urla e ti minaccia di chiamare il marito, la polizia, i pompieri, i nas e tutto il resto del mondo. Non fai a tempo a cercare di rassicurarla delle tue buone intenzioni che sul pianerottolo compaiono un gruppo di residenti che ti tempestano di domande, richiedono documenti, prove della tua identità e che asseriscono che tu sia falso. Cazzo vuol dire che sono falso? Che forse la mi mamma non ha pagato i diritti d'autore? Minchia come già stanno fumando le appendici poco inclini al lunedì!
In un quarto d'ora sono in mezzo alla via Catalani, ho mostrato il cartellino di riconoscimento almeno 10 volte, ho addirittura prestato carta e penna perché si segnassero nome cognome e matricola, ho litigato con non so quanti milanesi (perché di questo si tratta, della sindrome del milanese), ho tirato madonne che nessun fioretto mi garantirà, ho riconosciuto portinaie incontrate venerdi, ho tentato di spiegare che così non riuscirò a lavorare…nulla.
Da una finestra all'altra corre la voce, tutta la via è in rivolta finchè dal civico 53 una signora dice la parola magica: io, lei, l'ho già vista in tv.
Apriti cielo, ma allora è quello vero, non è falso!
Mamma riposa tranquilla, sono di nuovo vero, il comune non emetterà una cartella esatri perché non avevi pagato i diritti d'autore e posso ricominciare a lavorare dopo aver perso ben 3 ore. Così è il lunedì a Milano.
Verso l'ora di pausa arrivo al civico 35, 4 scale, 6 piani ma sta volta c'è l'asinello. C'è anche la Pina, portinaia tracagnotta, un metro e venti per altrettanti, un caporale che conosce tutti, l'avevo già incontrata venerdi e mi ero raccomandato per le letture di chi non avrebbe potuto essere in casa.
La Pina, meglio il caporale Pina, mi prende sottobraccio, ravana in una borsa enorme e tira fuori uno sproposito di chiavi che neanche S.Pietro, mi porta su e giù per le scale, apre porte anche di altri stabili, mi fa fare le letture, citofona a chi è in casa avvisando che sono quello vero e di aprire…poi mi confida, un po' con orgoglio, un po' spiaciuta che è stato il suo amministratore a dirle che ero sicuramente un truffatore di anziane e che lei aveva avvisato tutta la via, che con lei la sicurezza è garantita.
Finisco tardi, distrutto e accaldato, incazzato nero per le paranoie di una città che non riconosco più e con un profondo groppo in gola quando una gentile signora, con un'aria stanca, mi apre la porta, mi guarda negli occhi e mi porta a vedere i disegni di suo figlio.
Kiere, morto in metropolitana, tragico destino mentre cercava di fare un graffito. Mi spiega della meschinità, del cinismo delle dichiarazioni del vice sindaco, delle assurde difficoltà per riuscire ad ottenere un muro “legale” dove i compagni di classe potessero ricordarlo disegnando. Mi si blocca la saliva in gola, non riesco a parlare, sono sempre più convinto che questa non è la città in cui sono cresciuto.
21.06.06 22:00 - sezione
milano