Il vaso di Pandora. Vincitori e vinti
Il giorno dopo il referendum rimane il consolidamento definitivo del voto numerico del 9-10 aprile. Questo dato apre scenari per domani contemporaneamente stabilizzanti e incerti.
Da una parte, il governo Prodi esce legittimato. L’ipotesi della spallata decade e con essa la questione della legittimità a governare cessa d essere un tema all’ordine del giorno. Dall’altra emerge un quadro di incertezza o di conflitto ancora latente. Il tema e il nucleo del confronto interno al governo sarà rappresentato dalle misure per il risanamento, dalle priorità che quelle misure individueranno e da chi colpiranno. In mezzo c’è un’estate calda in cui non sono solo i problemi del risanamento ad occupare il centro della scena. Da 48 ore è di fatto finita la tregua in medio Oriente tra Palestinesi e israeliani. Un confronto e un conflitto che impone una politica mediterranea e una politica mediorientale che mancano da molti anni. In questo quadro complesso e complicato vanno collocati i malesseri e i malumori che discendono dal risultato del voto di domenica e lunedì.
A un esame attento dei voti, di flussi, dei luoghi il quadro che emerge dai risultati referendari individua alcune questioni di frizioni e di malessere.
La Lega non esce sconfitta. Certo esce sconfitto il progetto specifico, l’articolato di riforma, ma la Lega tiene nei suoi territori. Questo non implica che non vedremo un probabile ritorno di scenografie e liturgie identitarie, tra cui una probabile nuova marcia lungo il Po dal Monviso all’Adriatico, ma nel complesso prevarrà una logica del doppio binario. Del resto già lunedì pomeriggio a conteggio ancora in corso è andata in scena questa doppia sceneggiatura: da una parte la rabbia di Francesco Speroni e dall’altra le dichiarazioni di Roberto Calderoli e di Roberto Maroni.
C’è uno spostamento o uno schieramento non omogeneo rispetto alle dichiarazioni di voto da parte dello schieramento della Casa delle Libertà. Riguarda il corpo elettorale di An e quello dell’Udc. Il dato numerico siciliano è eloquente su questo piano, ma anche il dato del voto a Roma (in questo caso sarebbe un errore cnsiderare quel voto come un automatico plebiscito per Walter Veltroni, mentre sicuramente l’annuncio del Sindaco di Roma a pensare a una legge per Roma e più in generale a una legislazione speciale per le metropoli soddisfa sia il tema del riconoscimento di un’autonomia, ma anche la sottrazione di un terreno identitario e politico a una parte consistente del centro-destra).
Questo dunque è il tema in agenda da ieri. Non l’accantonamento dei temi del referendum (su cui peraltro non c’è stata chiarezza), ma lo la loro riscrittura e il riequilibrio tra un fronte secco di presunti conservatori e uno di presunti innovatori. Non solo Il voto impone un cambiamento negli equilibri politici, soprattutto internamente al centro-destra.
La Lega tiene nei suoi territori di origine o di prima espansione. Non così Forza Italia. Una crisi che è evidente soprattutto in quei territori periferici, tradizionalmente segnati “in rosso” nelle mappe del voto politico in Italia. Forza Italia non tiene nelle zone dove aveva conteso il primato alla sinistra talora vincendolo (p.e.: Arezzo, Grosseto, Lucca, soprattutto Parma). Se c’è un segnale di arretramento è proprio nella nuova omogeneizzazione del voto che discende dall’Emilia.
Perché non è vero che lì ha trionfato il controllo del voto a sinistra. E’ semplicemente emerso che quello a Forza Italia, è un voto di opinione e non di appartenenza, e l’opinione in questo caso non era per uno scontro ideologico “all’ultimo sangue”.
Si potrebbe anche malignamente osservare che se l’accusa al fronte dei “conservatori” (di nuovo presunti) è quella di uno Stato protettore contro una richiesta di “autonomia” e libertà” allora questa richiesta di “protezione” non è solo quella dello Stato sociale, radicata nell’elettorato di centro-sinistra, è anche quella di una domanda di contenimento delle spinte alla globalizzazione (merci cinesi e non solo) che può essere soddisfatta con l’offerta di ““più Stato” antitetica a quella di “meno Stato” offerta da Forza Italia e dalla Lega. Un dato che avrà effetti tanto a destra come a sinistra.
Ma non è solo di umori è anche quello dei conflitti interni. Dentro Forza Italia c’è un problema di leadership carismatica. Una situazione di dualismi e di scontri in cui il caso Milano costituisce sicuramente l l’indicatore sotterraneo più evidente.
A un mese dalle amministrative, il gruppo sostenitore della riforma, sostanzialmente coincidente con la coalizione che ha mandato a Palazzo Marino Letizia Moratti esce sconfitto. Più o meno con le stesse percentuali con cui un mese fa ha vinto. Ciò che cambia, tuttavia, è la composizione. Se un mese fa il peso specifico della Compagnia delle Opere è stato, se non determinante, certo significativo per il buon esito del voto, egualmente è avvenuto, rovesciando le indicazioni, nel confronto referendario. Nella fisionomia del centro-destra il problema è il dualismo di potere e di comando irrisolto dentro Forza Italia. Lì si colloca il prossimo round del confronto politico.
28.06.06 17:59 - sezione
parole