Quei «no» sull’Afghanistan
di Furio Colombo
Ammiro chi vuole votare subito no contro tutte le guerre e dunque il ritiro da tutto, non solo l'Iraq ma anche l'Afghanistan, non solo l'Afghanistan ma anche le altre missioni più o meno riuscite ma che sarebbe difficile definire di guerra. Li ammiro perché possiedono una invidiabile serenità interiore che consente di occuparsi solo di un pensiero alla volta. Non vogliono sentirsi dire che il loro voto avrà una serie di effetti diversi in campi diversi, tutti cruciali ma non la pace. Per esempio, la domanda è se può restare in piedi il governo per la cui esistenza milioni di italiani hanno dato ansie, fatiche e voto. Per esempio l'arrivo a sostegno di questo governo di voti della ex Casa della Libertà che vorranno spazio e qualcosa in cambio, perché è improbabile che diano niente per niente. Per esempio il fatto che un voto debole e impallinato impedisca al governo - se resta in piedi - di poter dettare una nuova politica, una nuova destinazione, nuovi ordini e disposizioni per i soldati italiani, avviando una intelligente transizione a una diversa stagione di presenza e di aiuti.
E bisognerà essere in grado di non notare che chi vota no, vota allineato con l'ex ministro della Difesa Antonio Martino che ha già detto: «Non uniremo mai il nostro voto a quello dell'Unione».
Non sto parlando di coloro - tanti che pensano che tutta la parte militare di queste missioni sia un errore e anzi un incentivo alla continuazione indefinita della lotta armata. Non sto parlando di chi dice brutalmente e chiaramente: non servono soldati, mandateci medici.
E aggiunge: «Non illudetevi che i soldati possano svolgere missioni umanitarie anche se si affidasse loro quel compito, perché sono armati e fatalmente attraggono, dovunque vanno, non bambini affamati (o non solo) ma gente armata» (cito Gino Strada).
Per queste persone il percorso tra ciò che pensano e ciò che fanno è sempre stato slegato da ciò che è accaduto o è stato deciso prima, da altri governi e da apparati militari con cui non hanno e non vogliono avere alcun legame. Sto parlando di senatori e deputati che sono un potere dello Stato, quindi hanno scelto, facendosi eleggere, di essere dentro, non fuori, la sequenza di decisioni politiche che arrivano anche alle Forze Armate. Questa posizione non chiede alcuna rinuncia ideale, tanto più che molti di noi hanno detto chiaramente la parola pace a chi li ha eletti.
Ma se sei eletto, sei parte di uno dei tre poteri della democrazia, il potere legislativo. È vero che ci sono senatori come quelli della Lega e di Forza Italia, che pur di togliersi la soddisfazione di esercitare la loro violenta prepotenza (ognuno ha i suoi ideali) non esitano a umiliare l'istituzione di cui fanno parte.
Nessuno di noi, certo, vuole imitarli.
Noi siamo stati eletti con un governo che vive delle nostre idee, resiste col nostro sostegno e che non ha cambiato politica, rispetto alla campagna elettorale fatta insieme. Al contrario, sta lavorando a cambiare la politica del governo precedente.
Il governo precedente ha spinto l'Italia nella guerra in Iraq con una doppia violazione della legalità: perché la guerra è ripudiata dalla nostra Costituzione. E perché i soldati italiani, benché intenzionati a svolgere una missione di pace, sono stati messi agli ordini di due armate combattenti, quella inglese e quella americana. Ricevono ordini da chi non deve rispondere al nostro Parlamento e scortano in missioni di guerra, pagando con la vita, i convogli di altre forze armate la cui politica o strategia non conosciamo. Sulle modalità del ritiro continueremo a impegnarci perché sia netto e rapido. Ma senza fingere di non sapere che un governo, votato da cittadini che sono contrari alla guerra, non può smontare tutto in una mattina, così come non può riparare in una mattina il disastro economico, benché tutti, al governo, e tutti, fra coloro che sostengono il governo nel potere legislativo, desiderino e vogliano la ripresa economica il più presto possibile.
L'Afghanistan ci pone davanti a un compito più complesso perché, in quel Paese il governo italiano, se non è quello di Berlusconi, se non ha la fatuità dell'ex ministro della Difesa Martino e la leggerezza dell'ex ministro degli Esteri, Fini, conta, ha un peso, può cambiare le cose. Per cambiarle deve fare alcune mosse. Quelle mosse si compiono se si ha autorevolezza e sostegno della parte democratica del proprio Parlamento.
Un governo zoppo, umiliato dal voto di altri e offeso dalla mancanza dei voti propri non può fare nulla. Ovvero tutto resterà come adesso, con indefinite azioni di guerra.
L'Afghanistan può essere il luogo in cui un governo nuovo come quello italiano - eventualmente in contatto con altri governi nuovi a cominciare dagli Spagnoli- può dare la virata politica e il cambiamento anche morale che finora nella vita è rimasto scisso: il canto di pace nelle piazze e l'infinita ripetizione di riti militari del passato nei luoghi di intervento. In questa nuova politica non ci sarà alcuna umiliazione dei soldati come vuol far credere fin dal 1918 la destra, che da allora non ha fatto un passo in nuove direzioni di civiltà.
Ci sarà invece una riorganizzazione di compiti che parta da una conoscenza vera di ciò sta accadendo. Dobbiamo cominciare da un punto: di ciò che sta accadendo non sappiamo nulla. Siamo tutti in balia di informazioni «embedded». Ci sarà molto da sapere (anche con viaggi sul posto), molto da discutere, anche da posizioni molto diverse. E molto da fare in Parlamento e nel governo, affinché davvero qualcosa cambi. E poi molto cambi. E a un certo punto - che non può essere subito, perché non è mai così nella vita - cambi tutto.
Il fatto è che il mondo è spaventosamente in disordine, e questo tipo di disordine porta a una immensa sofferenza. Se sei medico curi, se sei prete consoli. Ma se passi attraverso il territorio della decisione politica devi per forza disegnare un percorso per arrivare a un nuovo tipo di intervento. Non una santa e assoluta estraneità in cui altri decidono tutto (e sappiamo come), ma una faticata presenza senza pretendere di avere il potere di Mandrake di cambiare tutto in un istante. La contrapposizione tra pace e guerra esiste da sempre. Ciò che non esiste ancora è il disegno politico della pace. Per disegnarlo bisogna avere un governo, voti compatti e puliti, e un infinito massacrante lavoro.
Liquidare tutto ciò con un no preliminare che lascia intatte le cose così come stanno, che apre la strada al trionfo anche mediatico di chi vuole che le cose restino così come stanno, è una strada breve ma è una strada pericolosa. È tempo di impossessarsi del compito politico di fare la pace. Quel compito si svolge dentro, dura a lungo. È faticoso, pieno di trappole. Ma la trappola più grossa è non farlo. I passaggi politici della pace sono tutti da inventare. Non saranno praticabili se ci dichiariamo fuori.
Lo ha detto Paolo Prodi in uno splendido articolo, «Vedi alla voce Esercito» (l’Unità 25 giugno 2006): la realtà non si cancella con gesti magici. Si cambia a pezzi e con fatica. L'importante è esserci e non rinunciare.
un buon progetto politico, ha la capacità di riflettere al proprio interno "presupposti e conseguenze". Mentre sono chiarissimi i presupposti, anche condivisibili per molti aspetti, per chi decide di votare no al rifinanziamento della missione in afghanistan, credo che ci sia un po di confusione sulle conseguenze che cio potrebbe generare. Rifletterne presupposti (principi) e conseguenze (azione politica) vuol dire anche essere capaci di sottomettere bisogni e risposte ad una indagine critica che puo giungere sino alla modifica dei dati di partenza o addirittura alla variazione del proprio personale "punto vista" da cui si osserva la questione. Ma per dirla alla Flusser, ogni punta di vista è falso, proprio perchè un punto di vista.
A prposito di governo e a proposito delle azioni del ministro di pietro:
http://etleboro.blogspot.com/
"La lotta per la corruzione a difesa dei criminali"
Sono sempre stato d'accordo con Furio Colombo che apprezzo molto. Non stavolta perchè mi rendo conto che parla da una posizione diversa dalla mia: la mia è quella di un pensionato che arriva con difficoltà a fine mese, con una pensione che negli ulitmi cinque anni si è svalutata almeno del 20% a seguito dei mancati controlli dopo l'euro, per un aumento annuo del 1,6% contro un'inflazione reale di almeno il 4-5%, per la non restituzione del fiscal drag e così via.
E qui si parla di finanziamenti alle varie missioni di pace armata in giro per il mondo che costano tanto quanto una mezza finanziaria. Ma ci si rende conto di come vive una gran parte dei pensionati e, in misura minore, i lavoratori dipendenti? Ma si sa che il ticket per una visita
medica "di controllo" è di oltre 18,00 euro, pari a mezza giornata della mia pensione? Certo che se deputati, senatori, mogli, ex mogli, amanti e quant'altro hanno diritto ad un'assistenza sanitaria gratuita in clinica di tipo "americano"non si renderanno mai conto dei problemi delle persone "qualsiasi", dei "senza voce". Ed ancora si parla di strette, di sacrifici, di tagli: ma chi dovrà sopportare il peso di tutto questo? I soliti "noti"!!
Se chiamo l'idraulico un'ora di lavoro mi costa come un giorno di pensione (senza fattura, naturalmente) se chiamo il manovale che mi scarica la legna pretende almeno 20,00 euro l'ora, se volessi fare una visita medica privata urgente se se andrebbe la pensione di dieci giorni.
Tutto questi mentre si vedono nani e ballerine, attori ed attrici, cantanti e calciatori, modelle e presentatori pagati a suon di decine di miliardi per prestazione che, a volte, non valgono nulla. Si vedono miliardi distribuiti in quiz privi di valore e così via.
Purtroppo non vedo futuro. Purtroppo non lo vedo davvero. Dopo una vita di lavoro (ho iniziato a 14 anni) l'unica prospettiva è quella di morire presto.
nataniele, hai evidenziato bene, con molta amarezza aggiungo io, quali possono essere le conseguenze sulla società, di una scelta politica come quella sull'afghanistan.
Ma il problema è piu complesso. Non si tratta di spostare semplicisticamente dei fondi dalle missioni (di pace??) alle pensioni (ma potrebbe essere la sanità, l'istruzione, la cultura (?) non credo che accadrebbe questo se di colpo ci trovassimo a disposizione quei fondi. Il problema è strutturale. E oggi purtroppo, le conseguenze di un voto negativo di solo 8 senatori, sarebbero credo alla lunga molto peggiori.
il problema non sono certo quei deputati che non vogliono buttare i miei soldi nelle mani dei militari che occupano l'afghanistan.
il problema sono quei deputati che pur di fare questa porcheria antistorica e infame, votando si', sono disposti a far cadere il governo o allearsi colla destra.
nataniele, se questo governo cade, come speri che si possa attuare un progetto di miglioramento della situazione economico-sociale italiana?
con altri 5 anni di governo berlusconi?
come dice antonio non è tutto così semplice ed automatico, togli i soldi di là e li rimetti qua....
tonii, premetto : io sono democratico (non serve aggiungere altro alla parola democratico)
lo abbiamo sperimentato in questi 5 anni il concetto della democrazia del berlusconi presidente , ma non voglio parlare di questo.
Tu dici che il problema non sono gli otto senatori dell'unione che votano no, bensì gli altri 160 (circa)che voterebbero si.
Non entrando in merito alle ragioni del no e del si (i miei principi mi suggerirebbero il no, per essere chiari) adesso quello che conta è il progetto politico nel suo insieme. Possiamo discuterne quanto ci pare, ma alla fine le discussioni vanno concretizzate, e vanno fatte in modo unitario. E mi sembrerebbe uno strano concetto di democrazia, far prevalere le opioni, che pur sempre di opinioni (quindi opinabili)pariamo, di otto senatori sul resto dell'unione con conseguenze che andrebbero molto oltre alla decisione sull'afghanistan. Ripeto, potrei essere daccordo con te sul rifinanziamento, ma la democrazia a volte è uno strano gioco, e le regole vanno rispettate. Se no ci chiameremmo tutti Malan.
Dice Furio Colombo: "Ma senza fingere di non sapere che un governo, votato da cittadini che sono contrari alla guerra, non può smontare tutto in una mattina"
Zapatero ha smontato tutto in una settimana fregandosene di Condolise e Toniblair.
E con coraggio, ha fatto fare alla Spagna un balzo 10 anni avanti.
Noi stiamo qui a perdere tempo con un governo bloccato dalla paura di disfare qualcosa della precedente gestione.
E in parlamento si passa il tempo a cercare l'accordo sulle riforme con gente che non riconosce la democrazia.
Come ha detto Grillo: abbiamo votato il meno peggio, non la fotocopia.
zapatero è stato un fulmine e va ammirato.
ma il paragone si può fare con il ritiro dall'iraq, non dall'afghanistan.
in afghanistan siamo con l'onu e la nato, e se non sbaglio ci sono pure gli spagnoli.
abbiamo le mani legate, non è così facile. idealmente siamo tutti per il no, per levare le tende subito, ma temo sia un'ipotesi irrealistica.
il centro destra ha governato per 5 anni non solo grazie ai numeri, ma al patto d'acciaio tra le sue forze politiche, che hanno portato avanti il loro sciagurato programma di governo senza fare storie. an si è ingoiata la riforma costituzionale, udc si è ingoiata la legge sull'immigrazione, tutti si sono ingoiati qualcosa. così si governa, tra diversi.
Invece dopo due mesi di governo, il centro sinistra è già sul punto di riconsegnare il Paese a Berlusconi. Perchè se cade il governo, altro che afghanistan: ci sono altri 5 anni di berlusconi. perchè loro sono un manipolo di zozzoni, però cazzuto e con la randa dritta. il centro sinistra, come al solito, è solo chiacchiere e tafazzismo. un bene non aver ceduto alla tentazione di votarlo.
minimamoralia hai uno strano concetto di come si governa!
e anche di come si vota (se non ho capito male hai votato il manipolo di zozzoni?)
Facciamola semplice e che valga per l'afghanistan come per tre o 4 altre cose dove sarà inevitabile la divisione nel centrosinistra:
Duri e puri senza compromessi (sotto il regno di Berlusconi III)
Bestemmiando magari appoggiamo questo e quello e limitiamo eventuali danni
Io dico che non mando a puttane l'italia per l'afghanistan,non ora non in questa fase storica
Vi invito a dire la vosta chiaramente,se ne avete il coraggio
Bla Bla Bla not welcome
secondo me minimamoralia semplicemente non ha votato....
io sono per prendere prima un provvedimento in politica interna, che è quello di considerare questa destra per quello che ha dimostrato di essere, e quindi di non farci compromessi. così almeno dopo ce la si vede con due problemi, gli equilibri interni alla coalizione e gli USA.
viceversa mi sembra proprio troppo difficile da gestire nella pratica, la situazione. per il resto non mi sento di condannare Pdci: di uscite improvvide ne avrà fatte tante quanto quelle del resto del centrosinistra, ma nei fatti non credo di poter imputare la crisi del governo Prodi a questo partito.
Carolina
Carolina
Insomma chi non vuole fare da forza di occupazione, chi non vuole finanziare i militari e i loro giocattoli è un irresponsabile. Vogliamo discutere del fatto che chi lo fa è invece complice dei crimini che poi vanno a commettere in "missione di pace"?Oppure siamo al punto da dire beh il governo minaccia (si i militaristi minacciano, come sono abituati a fare) e i responsabili delle minaccie sono i minacciati. A me sembra che si stia perdendo di vista la realtà. E ben venga berlusconi III se a "sinistra" la gente è questa. Gli italiani impoveriti, derubati, sberleffati dopo un ennesimo malgoverno di destra potrebbero finalmente iniziare a rimboccarsi le maniche. Perchè vorrei, come si fa tutti i giorni ricordare, che il pacchetto treu è quello che impedisce a gente della mia età laureata di trovare un lavoro migliore di commesso. E non viene da destra. Con questo vogliamo fare i conti?
ci sarà da ridere quando questi incapaci riconsegneranno il paese a berlusconi, che rifinanzierà le missioni in medio oriente e finirà lo sfascio che ha iniziato.
non si governa una coalizione di una decina di forze politiche con le questioni di principio.
E allora meglio lo sfascio da cui ripartire. Il compromesso, soprattutto se da pagare in vite umane, non è una cosa moralmente accettabile. E invece al centro tutti a inciuciare e a raccontare panzane...che putridume!
più che altro, come si fa a pretendere la voltagabbana da persone che han sempre votato contro le "missioni"? Io non ci riesco.
Carolina
Andrea, potrei consigliarle un po' di esercizi spirituali in un qualsiasi eremo, italiano o straniero, magari a casa sua, da cui ripartire con una visione più ordinata dell'Italia e del contesto internazionale ?
Come si può affermare: "E allora meglio lo sfascio da cui ripartire." ?
Non mi sembra molto responsabile.
carolina, il problema esisteva prima: questi si sono messi insieme ben sapendo che in politica estera la pensavano in maniera opposta. visto che non si accettano compromessi, non si fanno patti elettorali con chi sostiene la missione in afghanistan. non si monta il casino dopo e si restituisce il paese al berlusca per la seconda volta. perchè questo accadrà
Mandrake, ho un amico monaco di clausura. Se volessi andare a meditare so dove trovare una celletta. Ma credo che oppormi al fatto che dei militari con le insegne dello stato in cui vivo vadano in giro ad ammazzare stuprare e rubare a nome anche mio sia molto importante. E se per lei non conta la vita altrui ma solo il benessere beh auguri, non so se l'ha capito ma qui la recessione è inevitabile e quindi si ricomincierà da zero presto. Con buona pace delle vostre/nostre abitudini borghesi di rubare lontano dagli occhi per goderci la nosta tranquillità in casa. E' finita. E sono contento di stare per vivere questo. Non ne sono la causa ma vedere che con me la situazione ridimensionerà un po' di gente che se lo merita mi da la carica di affrontare il futuro, anche il peggiore.
Il problema non è imporsi meccanicamente il ritiro immediato da tutti gli scenari: stereotipando in questa maniera le obiezioni alla nostra presenza in Afganistan - magari con l'aiuto degli stessi intransigenti - si evita inelegantemente di giustificare il perché invece dovremmo rimanerci e lo si fa diventare un atto dovuto: perché sì. Idem richiamando bruscamente al vincolo di maggioranza, che diventa una specie di chiamata di fiducia, senza bisogno di porla ufficialmente.
Dice Colombo che trovandosi il governo in mano una situazione imbastita da altri ha bisogno di tempo per fare ricognizione e poter giudicare con merito sul da farsi. Vero, ma vero a metà. Intanto la guerra non è iniziata ieri e quindi pure in assenza di informazioni di prima mano c'era modo anche dall'opposizione di seguire la vicenda e farsi un'idea di come si evolvono le cose (male dicono numerose fonti americane), per non arrivare impreparati al momento in cui si sarebbe dovuto decidere. E inoltre proprio questa ammissione di ignoranza dovrebbe sconsigliare un reimpegno: non sai con quali prospettive stai lì e speri di scoprirlo strada facendo?
L'altra motivazione è più disarmantemente onesta, ma neppure questa è stata comunque addotta dai vertici di governo: bisogna stare dentro questa missione perché partecipandovi le altre nazioni europee oggi rappresenta, anche in contrapposizione all'Iraq, il tavolo che conta se si vuole tornare ad avere un'influenza e magari mettere in piedi equilibri diversi dall'unilateralismo statunitense. Questo mi suona tristemente vero: l'Europa si è fatta mettere all'angolo - compresa la Spagna zapateriana e la Francia della diversità nazionale - e si trova a giocare il ruolo dell'alleato che contiene le derive americane senza potersi opporre apertamente.
Però ci vorrebbe l'onesta di dirlo allora: l'Italia non conta più nulla nei giochi e se vogliamo proporre una visione alternativa dei rapporti col medio-oriente allargato tocca pagare il pegno di esserci in mezzo a questa contraddizione, perché chi sta fuori non ha voce in capitolo. Sarebbe un inizio, comunque obiettabile. Perché quale che sia la volontà con cui lo si fa, se lo stato delle cose diventa incontrollabile o se la nostra presenza produce più danni che benefici, la responsabilità oggettiva sarà in ogni caso nostra e di chi ha autorizzato la missione.
E poi c'è il dettaglio ancora più cruciale che questa "visione" alternativa allo stato attuale non c'è, non esiste, perciò ci si affida agli automatismi senza ben sapere da che parte si sta andando, e però "si deve". Non che sia un limite italiano, tutta l'Europa manca di una politica estera e quindi siamo da capo.
A fare la foglia di fico sotto l'egida dell'Onu e il coordinamento della NATO all'ennesima operazione scapestrata e devastante dell'amministrazione Bush, coi talebani risorgenti, Karzai a picco di credibilità e una popolazione civile stretta ancora come nei decenni passati nella morsa dei combattimenti.
Quanto lei Andrea ha replicato dà una spiegazione lampante, lapalissiana del perchè non c'è ricambio generazionale nella classe politica italiana.
Inoltre, io non sono stato così drastico: le ho consigliato anche casa sua !
Ma mi sembra che non è questione di luoghi.
Da Peacereporter un commento molto più eloquente delle disquisizioni sull'art. 11:
Anche questa settimana, facendo il "bollettino delle guerre", ci siamo accorti che il numero delle vittime della “guerra negata” in Afghanistan è stato di molto superiore a quello della “guerra riconosciuta” in Iraq. I 122 morti settimanali del carnaio iracheno sono stati ampiamente "superati" dai 232 morti di quello afgano. Molti dei quali civili: uomini, anziani, donne e bambini, vittime dei bombardamenti dell’aviazione Usa sui villaggi controllati dai talebani.
E proprio un importante dato riguardante i bombardamenti aerei statunitensi, diffuso nei giorni scorsi dal Pentagono, dà la conferma inoppugnabile del fatto che il fronte afgano è diventato ormai più “caldo” di quello iracheno: negli ultimi tre mesi, le forze aeree Usa hanno condotto 160 bombardamenti in Iraq e 340 in Afghanistan.
Un dato che non stupisce, dato che in Afghanistan le forze Usa e quelle della “missione di pace” Isaf-Nato sono impegnate nella più grande offensiva militare dal 2001 (le operazioni “Avanzata di Montagna” nel sud e “Leone di Montagna” nell’est) nel tentativo di riconquistare le province meridionali e orientali, attualmente controllate dai talebani e dai signori della guerra loro alleati.E’ in questo teatro di guerra, una guerra più violenta e sanguinosa di quella irachena, che il governo italiano vuole inviare a Kabul 600 soldati (comprese forze speciali) e mezzi aerei (caccia bombardieri o forse elicotteri) facendo credere che andranno in missione di pace. In quello che qualcuno ha definito “il gioco dei quattro cantoni” che Roma ha concordato con Washington: fuori dall’Iraq, dentro in Afghanistan.
Questa è ancora più perentoria: l'opinione del generale italiano Mini sulle prospettive della guerra in corso in Afghanistan. Chissà se l'hanno letta alla Farnesina e strano che non sia in prima pagina sui quotidiani.
"dà una spiegazione lampante, lapalissiana del perchè non c'è ricambio generazionale nella classe politica italiana"
A parte che l'ultima cosa a cui ambisco è entrare nella classe dei frequentasalotti italiani, potrebbe spiegare come ricollega questo al mio intervento basato su una moralità che rifiuta la violenza (come è sancito peraltro nella costituzione che abbiamo in molti appena difeso) e la logica dell'utilizzo di quest'ultima per dirimere le controversie internazionali?Insomma a leggere la sua risposta noto una certa aria di superiorità. Che è, caporale lei?
Così come lei è soldato semplice, andrea.
Aggiungendo che ricambio generazionale non ha nulla a che vedere col frequentare salotti.
Mi basta quello di casa mia.
E preferisco molto di più gli ottantenni di oggi alla Napolitano.
Aggiungo ancora che lei, andrea, rivendica la moralità come diritto assoluto, il che era prerogativa dei monarchi e dei re di qualche secolo fa, il diritto assoluto intendo, non la moralità.
Mai dei comuni cittadini come lei e me.
E nemmeno di Malabarba, che ha un dovere in più rispetto al cittadino-elettore, di coerenza e di fedeltà alla coalizione di governo di cui fa parte e del quale è clamorosamente dimentico.