Rivali d’Italia
di Corrado Stajano
Roma e Milano. Il conflitto è antico, tocca la politica, la morale, la religione, gli affari, il modo di vivere. Nei secoli la polemica ha avuto picchi e ricadute. Adesso sembra acquietata. Perché è migliorato il giudizio dell’intero Paese sulla capitale, perché Veltroni è un buon sindaco e un buon ambasciatore della città e perché Milano ha pochi meriti da esibire. Governata negli ultimi decenni da amministrazioni scadenti, ha una classe dirigente politica in cui sembra che i giganti difettino.
L’opposizione di centrosinistra è manchevole, popolata da politici di prima nomina, abatini distaccati dalla comunità. Non gli viene neppure in mente di creare ponti e rapporti con una cultura che va avanti per conto proprio e con quella grande massa di cittadini senza etichette che andò a votare alle primarie.
Lo slogan di conquistare o di rosicchiare il centro dello schieramento politico sembra un’ossessione. Si dimentica che Milano è una città stratificata dove è mutato sì l’assetto sociale, non esistono più le fabbriche dal nome famoso, ma è rimasto un cemento di ceti e di classi, compresa la classe operaia che non va trascurata di certo. Il segretario della Camera del lavoro ha invitato Letizia Moratti, allora candidata del centrodestra, alla manifestazione del Primo maggio sul palco di piazza del Duomo. Una sublime trovata. (A predicare l’omologazione e a metterla in atto poi si perdono le elezioni).
La prima idea espressa da Sgarbi, il nuovo assessore alla Cultura del Comune di centrodestra, è stata quella di dire no alla Biblioteca Europea di cui si parla da vent’anni e di cui c’è estremo bisogno. Il critico ha avuto anche un’altra illuminazione: l’arredo urbano mobile, duecento belle ragazze in giro per la città. (Il Comune potrebbe chiedere una consulenza a Salvatore Sottile, il portavoce di Fini).
Milano è una città disastrata dallo slogan berlusconiano «ognuno è padrone in casa propria» che ha prodotto infiniti guasti. Il traffico insopportabile, l’inquinamento, la caduta di legalità hanno creato disagio, male di vivere. Per centinaia di migliaia di persone la Moratti, con il suo incomprensibile linguaggio da manuale di tecnologia commerciale applicata, è il ministro che ha eliminato la parola pubblico dal Ministero dell’Istruzione, è la gelida signora della controriforma della scuola che ha stravolto le abitudini di tante famiglie.
Durante la campagna elettorale del centrosinistra per Palazzo Marino, priva di coraggio, priva di una regia, ci si è scordati di ricordarlo, mettendo in guardia i cittadini: governerà Milano come dal suo ufficio di viale Trastevere? Farà rimpiangere persino Albertini, l’amministratore di condominio con la sua bandierina americana sul tavolo?
Roma e Milano, dunque. Un libro appena uscito di Francesco Bartolini, ricercatore di Storia moderna alla Sapienza, Rivali d’Italia, pubblicato da Laterza, che racconta in modo documentato, ricco di notizie che spaziano dalla storia alle arti, alle scienze, alla letteratura, la vita delle due città dal Settecento a oggi potrebbe essere utile a rinfrescare la memoria e a far capire qual è stato il destino di quella che si chiamò, ahimé, capitale morale, ora così declinante, e il destino della «Roma ladrona» dei leghisti che ha saputo invece rinnovarsi e acquistare, unica in Italia, il ruolo di metropoli dove convivono lo Stato e la sua amministrazione, la politica, il Vaticano, il mondo dello spettacolo, le ambasciate.
La storia corre in modo parallelo, i caratteri della polemica sono gli stessi dal Settecento in avanti: Milano come espressione dello sviluppo socioeconomico, legata all’Europa, Roma prigioniera dell’eterno passato che le impedisce di allargare il suo orizzonte. La prima simbolo di una politica della modernità, la seconda sfruttatrice, attraverso il dispotismo statale, delle ricchezze prodotte al Nord.
Raramente le due idee di città coincidono. Abbiamo la Milano dei Lumi con il mito di Maria Teresa d’Austria e la Roma dei papi con le tenebre del Sant’Uffizio. La fervida Milano napoleonica, piccola capitale, e la Roma di Pio IX con le sue speranze quasi rivoluzionarie che crollano al ritiro delle truppe della guerra contro l’Austria. Abbiamo Carlo Cattaneo con l’elaborazione dell’identità milanese e lombarda, le specificità morali, il rigore, le concrete opere - l’industria, i commerci, le banche, i canali navigabili - che «le più colte nazioni d’Europa non hanno ancora raggiunto». Abbiamo le cinque giornate e la Repubblica romana di Mazzini, ma soffriamo anche dell’indifferenza patriottica dei romani. (Si dirà la stessa cosa nel 1944-1945). Scrisse Massimo D’Azeglio nel 1861: «L’ambiente di Roma impregnato di miasmi di 2500 anni di violenze materiali o di pressioni morali (...) non pare il più atto ad infonder salute e vita nel governo di un’Italia giovane, nuova, fondata sul diritto comune; diritto del quale il Campidoglio, il Palatino come il Vaticano furono con modi diversi la costante negazione».
Lo Stato unitario, Roma capitale, la Questione romana sono i nuovi temi. I conflitti tra le due città non mutano nelle argomentazioni: la città improduttiva e assistita e la capitale economica, dinamica e autosufficiente. Roma bizantina e Milano europea.
Il saggio di Bartolini che analizza di decennio in decennio la storia politica italiana fa capire quanto è costata l’unità nazionale e quali ondeggiamenti hanno vissuto le due comunità più importanti del Paese.
Gli ultimi due decenni dell’Ottocento sono fitti di avvenimenti. A Roma la grande trasformazione edilizia venuta dopo il trasferimento della capitale porta ricchezza. Poi il crollo, i fallimenti, la corruzione, la depressione. E negli ultimi anni del secolo lo scandalo della Banca Romana. A Milano, invece, le Esposizioni universali rispecchiano il rigoglio di un’economia fiorente. Ma pochi anni dopo scoppia sanguinoso il 1898 di Bava Beccaris: anche allora i dirigenti dell’estrema sinistra furono sorpresi dalla rivolta popolare.
Poi il Novecento. Giolitti con i suoi tentativi di razionalizzazione dello Stato liberale e di allargamento del suffragio. Ma la grande guerra spacca il secolo e gli italiani vivono nell’eccitazione della violenza, il fascismo, la marcia su Roma. La capitale è protagonista, con la retorica dei Cesari che spunta a ogni cantone, l’esaltazione del destino imperiale che rappresenta probabilmente uno dei momenti più bassi vissuti dalla comunità nazionale. Dopo, la seconda guerra mondiale, Pio XII che diventa l’unica autorità del Paese, la guerra partigiana duramente sofferta a Milano e al Nord mentre Roma diventa quasi subito dopo la Liberazione, anche con il suo cinismo compromissorio, il centro della continuità dello Stato. Il mezzo secolo democristiano e siamo all’oggi. Il saggio è più debole, la cronaca non è ancora storia maturata. Si arriva, a Milano, agli anni di Sindona, di Calvi, di Mani pulite e di Berlusconi. (La città non ha voluto o saputo mettersi in discussione dopo la grande corruzione che ora sembra sia stata un’invenzione dei «giustizialisti» o dei magistrati carnefici. La ruberia generalizzata della Milano da bere sembra non sia mai esistita).
Che cosa pensano l’una dell’altra le due comunità, la milanese e la romana? Dei milanesi, secondo un sondaggio di Renato Mannheimer del 2002, solo il 57 per cento ha un’idea «molto positiva» o «abbastanza positiva» di Roma, contro il 73 per cento dei romani su Milano. Ma pare che i milanesi ostili siano anziani.
Un primato Milano ce l’ha. Non ha scherzato, nei decenni, con le sue esportazioni politiche: Mussolini e poi Craxi, Berlusconi, Bossi. Speriamo che non ci riprovi.
Auspicio ampiamente condiviso.
Che non ci ri-riesca direi io. Comunque la mancanza di una seria messa in discussione la noto anch'io. Perché ci son persone che si ostinano a non capire che il "nord produttivo" è una cosa che equivale moralmente alla baggianate che raccontano certi ladri per turlupinare gli anziani? O più probabilmente lo capiscono, però non sanno come uscirne perché, per l'appunto, la ricerca di una via d'uscita implicherebbe una certa dose di umiltà e di onestà con se stessi che a molti appare evidentemente costosa?
Arcore ladrona (e ladroni tutti quelli che vedono in Milano un pollo da spennare e non una città da governare).
Carolina