Una giornata a Parigi
Nella scuola francese è abitudine cercare di non avere la stessa classe per più di un anno scolastico. Per evitare di aver sempre lo stesso insegnante, per evitare di affezionarsi. Io non sono assolutamente d'accordo, ho la fortuna di essere l'unica insegnante di italiano della nostra scuola quindi lavoriamo insieme per tutti gli anni del liceo, cioè tre. E proprio quest'anno terminio il mio primo ciclo, cioè i ragazzi che sono entrati al liceo nel 2003 hanno fatto l'esame di maturità la settimana scorsa. Sono l'unica insegnante che li abbia seguiti in tutti questi anni, ci conosciamo bene, talvolta ci sopportiamo, sappiamo i rispettivi difetti, qualità e limiti.
Domenica due luglio, abbiamo organizzato una giornata a Parigi. Loro abitano a poco meno di 60 km da Parigi, ma alcuni conoscono poco questa città e gli altri non ci sono mai stati.
Vado a prenderli alla stazione, e da subito inizia per me un viaggio mai fatto in questa città in cui vivo da 6 anni. Grazie a Dio, non conoscono le bizzarre norme che gestiscono la vita parigina. Per uscire dalla stazione ci sono le scale mobili, come in periferia certo, però a Parigi se non stai sulla destra per lasciare correre gli altri come forsennati sei un delinquente. Alle 11,30 di una afosissima domenica mattina, una cinquantenne sgrida una mia alunna, rea di aver occupato la corsia di sinistra. Dove corresse la signora non è dato sapere, quel che è certo è che con 35 gradi sarebbe bene starsene più calmi. Da sempre penso che se i parigini non corrono si sentono inutili, credono di perdere tempo.
Chiedo ai ragazzi dove vogliano andare, mi rispondono che conoscono solo la Torre Eiffel, quindi un posto vale l'altro. “Volete che prendiamo la metro? Avete il biglietto?” “No, ma noi non paghiamo.” “La metro ve la scordate, andiamo a piedi.”
Passeggiamo dalla stazione all'Opéra Garnier, poco più di un quarto d'ora, passiamo davanti alla Galéries Lafayette. I prezzi in vetrina, che considero sempre cari, oggi mi sembrano fantascientifici. Arriviamo all'Opéra, entriamo e decidiamo di andare avanti finché non dobbiamo metter mano al portafoglio. Ci fermiamo quasi subito, però la hall del teatro li ha fatti sognare.
Poi compriamo un panino e andiamo a mangiarlo al Jardin des Tuileries, dove ci sono gli alberi e possiamo vedere il Louvre, la place de la Concorde, la Torre Eiffel e l'Arco di Trionfo da lontano. “Però il re si era fatto un bel giardino per passeggiare, eh, Madame? Ma secondo lei, la piramide moderna ci sta bene davanti a un palazzo così vecchio?”
Si stupiscono della quantità di turisti e di lingue parlate. Ma nessuno che si chieda perché c'è così tanta gente che viene da lontano, mentre loro che abitano a 60 km non valicano mai questa barriera che separa la periferia parigina dalla capitale. Vorrebbero noleggiare le biciclette e andare sulla ruota panoramica. Si stupiscono che si debba pagare per fare la pipì. 40 centesimi, è tanto, no?
Tre ore sotto gli alberi delle Tuileries. “Ma lei quando è arrivata in Francia parlava bene il francese?”, “Ma perché non torna in Italia ché lì c'è il mare? “, “Ma comè il mediterraneo?”.
Poi terminiamo in bellezza. Andiamo a mangiare il gelato sull'île-saint-Louis, passando davanti alla Conciergerie e a Notre-Dame. Ci blocchiamo a bocca aperta davanti alla cattedrale. La guardano un po', poi io dico: “Andiamo ché altrimenti perdete il treno. Avete proprio visto un sacco di cose oggi, perfino Notre-Dame!” “Ah, ma questa è Notre-Dame? Allora faccio una foto. Mi sa che torniamo, Madame, è bella Parigi.”