Cinque anni con Donna Letizia
Le elezioni a Milano sono finite e, a quanto pare, le abbiamo perse: la signora sindaco ce l'abbiamo e per cinque anni ce la terremo. La sinistra milanese si interroga, si chiede “dove abbiamo sbagliato”, si mette in discussione con un po' più di impegno (i DS), di distratta noncuranza (Rosa nel Pugno), di autogiustificazione (Margherita/Dalla Chiesa). Invece, non vedo ancora una riflessione pubblica su come comportarsi nel futuro al Comune di Milano: finora abbiamo solo saputo che “a differenza che nella scorsa legislatura, non ci sarà un portavoce unico dell'opposizione” (e non mi sembra una notizia positiva). Eppure dovremmo riflettere, ad esempio, sul fatto che, nelle campagne elettorali, il sig. B. è sempre riuscito a dettarci i temi dall'agenda politica e noi siamo stati costretti ad inseguire, in difesa; o sul fatto che il pacchetto Bersani ha suscitato tanti consensi anche perché ha manifestato capacità di iniziativa politica, persino di “sorpresa”.
Perciò dobbiamo essere propositivi e non reattivi; bisogna già ora discutere e stabilire una strategia, possibilmente condividerla fra tutte le forze di opposizione, spiegarla ai cittadini e magari applicarla con coerenza. Probabilmente i consiglieri comunali che abbiamo eletto ci stanno pensando; ma io direi di aiutarli con qualche nostra idea ed opinione. Personalmente, non ho una proposta secca da fare, solo qualche osservazione di partenza.
Si può ragionare con questi avversari? Che il nuovo sindaco sia espressione del mondo imprenditoriale e che rappresenti la destra lo sappiamo già. Su donna Letizia però aggiungerei qualcosa: usa fredda razionalità nelle scelte, è orientata al risultato senza lasciarsi vincolare da convenienze o “buone maniere”, forse neanche da passioni personali (molto diversa in questa dall'umorale Albertini) - è assistita da un team professionale, bravo nell'interpretare ciò che è epidermicamente gradito alla “gente”, senza vincoli ideologici. Non è un avversario da sottovalutare. Non è pregiudizialmente contraria al dialogo (ovviamente, solo perché lo ritiene, per sé, più conveniente dello scontro) - non è completamente priva di sensibilità sociale: personalmente, volontariato lo ha fatto davvero. Magari avrà un po' la disposizione d'animo della “carità” piuttosto che quella del “dare a tutti ciò di cui hanno diritto”, ma in ogni caso siamo lontani anni luce dal livello “VE Savoia e compagnia”.
Di fronte a questo, mi pare che si possano delineare due linee di condotta: “Contrattazione”, cioè prendere atto che la maggioranza ha i numeri per fare; che non tutte le sue scelte saranno disastrose; che si potrà facilitare la realizzazione di quelle più accettabili in cambio della rinuncia o parziale correzione di quelle più dannose; oppure “Muro contro muro”, se valutiamo che il centrodestra è condizionato da obiettivi, interessi, aree di sostegno radicalmente inaccettabili; che, al di là della intelligenza e volontà dei singoli, non potrà garantire una gestione né un progetto di sviluppo accettabile per la città; che è importante non lasciarsi coinvolgere, perché qualunque contrattazione, anche mossa dai fini più seri, non sarebbe capita né accettata da chi ci ha sostenuto.
Oggi Provincia e Comune discutono col Prefetto “cosa fare coi nomadi”. Certo, un ragionevole accordo è meglio dello scontro. E così penso che possa essere per molti campi della gestione corrente (chessò, la neve da spalare o la lotta alle zanzare, su cui Albertini non brillava) e per altri che interessano un area metropolitana più vasta del limite comunale (il ticket o le misure antismog). Molto più cauto sarei sui grandi progetti, ove contrastano due visioni diverse di città e, soprattutto, dove c'è odore di soldi: contrattazione non vuol dire inciucio, non deve voler dire spartizione.
In generale, il “muro contro muro”, la ricerca del rallentamento e persino della paralisi amministrativa, protratta per cinque anni, non mi sembra un bene per la città. Scartarlo del tutto? Se la maggioranza si sfaldasse, magari per riflesso di cambiamenti politici a Roma, se la giunta si arenasse nei veti incrociati come negli ultimi mesi di Albertini, se insomma se ne potesse immaginare la caduta vicina, allora il “muro” potrebbe essere la spallata giusta. Voi cosa ne dite?