La Mennulara
la Socia ha scritto per OneMoreBlog:
Alla terza segnalazione ho deciso di leggere “
La Mennulara” (Feltrinelli), opera prima di Simonetta Agnello Hornby palermitana trapiantata a Londra, dove fa l'avvocato e si occupa di diritti di famiglia, in particolare per le comunità nere e musulmane. Ne è valsa la pena. Il romanzo si legge tutto d'un fiato per un andamento cronachistico che lo fa assomigliare a un giallo e una scrittura che, se può sembrare fin troppo convenzionale, risulta gradevole nel suo essere misurata e priva di ogni compiacimento.
Nel settembre del 1963, all'età di 55 anni, muore a Roccacolomba, in Sicilia, la Mennulara, “criata” (serva) e amministratrice di casa Alfallipe. Intorno a questa donna di cui tutti sanno qualcosa, ma nessuno conosce la verità intera, che ha destato sentimenti di rispetto, ammirazione, amore, ma anche invidia, timore, rancore e odio, si intesse una rete di ricordi, aneddoti, ipotesi. Sono frammenti che, come le tessere di un mosaico, solo alla fine si compongono in un quadro compiuto, con tanto di soggetto principale, figure secondarie e senza dimenticare lo sfondo.
Al centro del romanzo una domanda: chi era la Mennulara?
Fanciulla poverissima e ignorante, rassegnata alla sua condizione di serva, Maria Rosalia Inzerillo accetta con orgoglio e dignità il suo destino. Grazie a un'intelligenza eccezionale e una volontà ferrea la donna riesce a modo suo a prendere in mano le redini del mondo che la circonda fino a conquistare un enorme potere sulla nobile famiglia che l'ha accolta e a diventare l'amministratrice unica e incontrastata dei beni del casato, dettando le regole agli inetti rampolli.
Ricostruendo vita e segreti della Mennulara, come se si trattasse di un'indagine che vede impegnato nella soluzione del caso un intero paese l'autrice definisce con grande sensibilità e coerenza la psicologia dei personaggi e tratteggia anche in maniera efficacia lo sfondo storico-sociale su cui si sviluppa la storia della Mennulara: mezzo secolo in cui la fine del latifondismo con la sua organizzazione feudale, non sfocia in un nuovo ordine, ma apre solamente un vuoto devastante nel quale ha gioco facile la mafia.
Donna energica e determinata nel perseguimento dei suoi obiettivi, la Mennulara stessa non riesce a compiere un gesto rivoluzionario che le permetta di sovvertire il sistema di cui è schiava. Illuminante a tal riguardo una conversazione su di lei tra il prete e il medico del paese: “Da questo scaturiva - spiega il prete - la sua avversione all'ordine sociale ed economico del nostro mondo, la classe dei ricchi che hanno ereditato potere e denari, senza averli guadagnati, e i poveri che non hanno l'opportunità di studiare e lavorare.” E il medico commenta: “Insomma era una vera rivoluzionaria, da giovane, una iconoclasta. Accettava tuttavia il suo destino, la vita che sua madre aveva preordinato per lei: doveva fare la cameriera...”.
Come lei anche gli altri personaggi subiscono la trasformazione del loro mondo senza provare a diventarne artefici. Questo vale per contadini e domestici, ma anche per i notabili del Paese, dal presidente dell'Unione degli Agricoltori, all'avvocato, dal notaio, al medico fino al prete. Nell'atmosfera decadente di un mondo decrepito e in disfacimento non si trova una forza capace di una proposta nuova, ma solo una società impotente che non sa evolversi. Accanto a un proletariato incapace di pervenire a una nuova consapevolezza di sé, c'è solo il rimpianto di chi avrebbe potuto impegnarsi per una nuova proposta, ma per pigrizia intellettuale e mancanza di coraggio ha preferito rinchiudersi nel suo piccolo mondo, accettando passivamente le regole di una mafia che si erge a garante dell'ordine e della memoria. Unica eccezione l'impiegato delle poste, il giovane comunista che proprio per il coraggio che gli deriva dall'idealismo sembra rappresentare la sola figura capace di proiettarsi verso un futuro diverso. "Capisco. Lei vuole cambiare il mondo," gli dice il Presidente dell'Unione degli Agricoltori "Fa bene". E il giovane spiega: "Voglio cambiare la Sicilia. Lavoro, acqua, sviluppo, giustizia. Io ci credo nella giustizia, credo nella lotta contro le estorsioni, contro la corruzione, mi batto per il diritto al lavoro, per l'uguaglianza dei cittadini. Per questi principi sono disposto a fare sacrifici e anche a correre rischi." ... “Ammiro il suo coraggio,” continua il presidente “io che in realtà coraggioso non sono. Non mi ribellai alla rigidità del sistema sociale in cui sono nato, non ho neanche tentato di persuadere i miei genitori a lasciarmi scegliere il corso di studi che mi sarebbe stato congeniale. Sono rimasto qui, nella casa di famiglia, a occuparmi delle nostre proprietà, come hanno fatto i miei antenati, ligio, conformista. Appartengo a un altro mondo e, come direbbe lei, sono un esponente della destra: per quanto mi rammarichi non posso essere altro.” E conclude: “io credo che un cambiamento sia necessario, e ci sarà. Non so quando ma ci sarà...”
17.07.06 12:23 - sezione
libri