La zarina
«I singoli sono anche simpatici. Ma la corporazione è terribile. Negli anni 1996-2001 era difficile prendere un taxi nel quale la tirata del tassista contro Rutelli e la moglie non fosse obbligatoria. Si erano passati la parola e la Palombelli era diventata una sorta di zarina che faceva affari da tutte le parti ed era padrona di mezza Roma. Recentemente l’ha ricordato nella sua rubrica settimanale anche l’interessata. Alle corporazioni si aggiungono le strutture urbane e i servizi pubblici deficitari, inefficienti, via crucis quotidiana per chi deve utilizzarli. Le nostre città sono state costruite per pedoni e carrozze. Ora sono invase dalle macchine che costituiscono il mezzo principale di mobilità e sono diventate anche le principali barriere architettoniche. D’altronde, non poche volte per un parcheggio c’è scappato il morto». A seguire la taxi-connection, una riflessione "urbana" da Vienna di Elio Veltri.
da l'Unità del 18 luglio 2006
Europa: Paese che vai, taxi che trovi
di Elio Veltri
«Scusi, quanto impiega un taxi dall’albergo al molo del Danubio dove si prende l’aliscafo per Vienna?», «Quindici, venti minuti: dipende dal traffico». Così mi risponde il bravissimo addetto alla reception dell’hotel Herzsebet (Imperatrice Sissi) al centro di Budapest, il quale, forse, ha qualche nostalgia dei tempi andati e certamente sa tutto sulla bellissima Sissi. Il taxi arriva in 3-4 minuti e in 15 minuti mi porta sul Danubio. Il traffico è molto scorrevole. Il costo della corsa, bagagli compresi, è di 8 euro, con molti ringraziamenti. Da una delle capitali della mittleuropa, 2 milioni di abitanti, quanto accade in Italia sembra incomprensibile. Così come lo sembra la stessa vita quotidiana delle nostre città.
A Vienna chiedo qualche informazione: per 1,5 milioni di abitanti i taxi sono 5000; le licenze le rilascia il comune e sono personali. Non possono essere cedute nemmeno ai figli e tanto meno vendute. Passeggiando a piedi nella capitale degli Asburgo, che tale sembra essere rimasta, vedo posti liberi per parcheggiare e file di taxi che attendono pazientemente il passeggero di turno. Ma non pare che i proprietari corrano il rischio della fame.
All’hotel Mercure Zentrem a qualche centinaio di metri dalla Stefan Plaze, il giorno della partenza il taxi arriva in 2 minuti (di orologio) e in 15 ci porta alla Sud Bahnhof dove prendiamo il treno per Praga. Prezzo di partenza 2,5 euro, come a Budapest; corsa, 12,50 euro, tutto compreso. A Praga le cose cambiano, nemmeno le guide consigliano di prendere il taxi: macchine vecchie e rumorose; tassisti imbroglioni e tassametri truccati. Faccio la prova e verifico a mie spese che le cose stanno peggio di come vengono raccontate. I tassisti si scambiano le corse senza rispettare la fila, il tassametro non parte e quando si mette in moto è chiaramente truccato. Una corsa che a Budapest e a Vienna costa 5-6 euro, a Praga ne costa 25. Il tassista, dalla faccia scarsamente affidabile, mi spiega che nella capitale sono in 3000 e le licenze si vendono a 30.000 euro. Capisco che si fa il mercato nero. C’è da chiedersi perché a così poca distanza dall’Italia, nella stessa Europa che abbiamo contribuito a costruire, la stessa moneta, in alcuni Paesi sembra di vivere in un altro mondo, dal momento che i servizi pubblici, organizzazione della città, relazione tra le persone, sono così diversi.
Poiché l’occasione di scrivere è il «putch» dei tassisti che ho seguito sui giornali italiani e al Tg1, parlo dei trasporti pubblici. La prima riflessione riguarda le corporazioni che condizionano la vita del Paese. Per le corporazioni, i cittadini e i suoi diritti e i servizi che usa, vengono dopo. In un Paese di corporazioni consolidate, potenti e prepotenti, chi cerca di romperne gli argini deve aspettarsi di tutto. La città nella quale ho preso più spesso il taxi è Roma. Se si racconta quanto capita non ci si crede: i centralini rispondono dopo lunghe attese, nei parcheggi si può aspettare in fila (turisti compresi) anche 40 minuti, se piove è meglio cambiare programma, il resto (anche in euro) spesso viene trattenuto come mancia (obbligatoria). Ho parlato molte volte con i tassisti della capitale. Di aumento delle licenze non vogliono sentir parlare. Alcuni sarebbero più disponibili a liberalizzare i turni di lavoro. Uno, due volte mi è capitato di trovare tassisti giovani, all’inizio del lavoro, i quali dicono come stanno le cose ma hanno una paura fottuta dei colleghi delle rispettive cooperative: «Dotto’, per carità, che se lo sanno che ho detto che semo in pochi, so’ dolori».
I singoli sono anche simpatici. Ma la corporazione è terribile. Negli anni 1996-2001 era difficile prendere un taxi nel quale la tirata del tassista contro Rutelli e la moglie non fosse obbligatoria. Si erano passati la parola e la Palombelli era diventata una sorta di zarina che faceva affari da tutte le parti ed era padrona di mezza Roma. Recentemente l’ha ricordato nella sua rubrica settimanale anche l’interessata. Alle corporazioni si aggiungono le strutture urbane e i servizi pubblici deficitari, inefficienti, via crucis quotidiana per chi deve utilizzarli. Le nostre città sono state costruite per pedoni e carrozze. Ora sono invase dalle macchine che costituiscono il mezzo principale di mobilità e sono diventate anche le principali barriere architettoniche. D’altronde, non poche volte per un parcheggio c’è scappato il morto. Mi sono chiesto come mai in una città come Vienna, nonostante il costo del biglietto dei mezzi pubblici (metropolitane, tram, treni veloci, autobus) sia di un euro e mezzo, i taxi aspettano in fila a qualsiasi parcheggio e chiamati per telefono arrivano in 3 minuti. Evidentemente, nonostante il costo del biglietto, che però può essere abbattuto in diversi modi, il mezzo pubblico collettivo conviene perché efficiente, frequente (3 minuti di attesa, pulito, puntuale e arriva ovunque). La sede stradale è occupata in primo luogo dai mezzi pubblici, quando non viaggiano sottoterra, e poi dalle piste ciclabili e dalla carreggiata per le macchine. Parcheggi selvaggi non esistono. Le regole sono rispettate. Il biglietto viene pagato anche se raramente controllato. La città e i servizi pubblici sono lindi come la propria casa, vengono rispettati, i danni da vandalismo sono rari.
Insomma, il «pubblico» è di tutti e come tale viene trattato.