G8 2001, ricorda con rabbia
di Matteo Basile / Genova
Alle 17 e 27 Piazza Alimonda si ferma. La musica si blocca, le parole diventano bisbigli soffusi. Sul palco sale Giuliano Giuliani, per un attimo, di colpo, scende il silenzio. «Sono le 17 e 27», dice il padre di Carlo. La piazza si rianima ed un fragoroso applauso la riempie. C'è chi piange, alcune persone si abbracciano, molti rivolgono lo sguardo al cielo, qualcuno stringe il pugno e lo rivolge verso l'alto.
A cinque anni di distanza da quel 20 luglio del 2001 sono circa mille le persone che si ritrovano nella piazza diventata il simbolo del G8 più difficile, più drammatico e più triste. Quello in cui nessuno ricorda le decisioni dei capi degli 8 paesi più potenti del mondo perchè lì, in quella piazza, dove ora c'è un drappo colorato coperto di fiori, disteso sull'asfalto c'era il corpo senza vita di Carlo Giuliani; invece della musica il rumore di due colpi di pistola; negli occhi della gente non commozione ma paura e sgomento. «Carlo è vivo e lotta insieme noi» è l'urlo che riempie la piazza.
Tanti occhi diventano lucidi mentre il viso di Heidi Giuliani si apre in un sorriso che fa tenerezza. «Quando il dolore è così grande - dice la madre di Carlo - Ormai fa parte di te, ci devi convivere. E poi sono contenta di vedere così tanti ragazzi che vengono da tutta Italia e anche dall'estero, vuol dire che quello che è stato sono in tanti a ricordarselo».
Ci sono giovani e anziani, c'è chi quei giorni di Luglio di cinque anni fa li ha vissuti nella piazze di Genova sfilando in corteo e chi quelle immagini che ormai sono storia le ha viste soltanto in televisione. Ci sono Vittorio Agnoletto, allora portavoce del «Genoa Social Forum», il prete no-global Don Vitaliano della Sala, Francesco Caruso che dalle piazze ha portato sino ai banchi di Montecitorio la voce dei movimenti anti globalizzazione, tanti esponenti della sinistra locale. Ognuno si porta dentro un ricordo, un pensiero, qualcosa che a 5 anni di distanza resta indelebile. Renato è di Pescara, e nel 2001 era in piazza con l'associazione dei figli dei desaparecidos argentini. «Avevamo tutti paura - racconta - ricordo che una donna argentina era terrorizzata ed io non sapevo dove portarla per metterla al sicuro. Certe immagini sono ancora stampate nella mia mente, credo le forze dell'ordine non avessero ben capito cosa stesse succedendo». Stefano ha 16 anni e quel giorno era troppo piccolo per capire «ma mi sono informato - racconta - ho letto libri e guardato filmati per farmi un'idea di come sono andate le cose. Sono rimasto colpito ed oggi sono qui». Giovanni è di Genova: «Ero in via Tolemaide - racconta - quando si diffuse la voce che due persone erano state uccise. Non ci volevo credere, poi ho saputo di Carlo. Ero distrutto, tutto quello che è successo l'ho capito solo dopo». Alice viene da Milano, ha grandi occhi azzurri velati di tristezza. «Sto male, adesso come 5 anni fa - racconta - . Ancora non ci credo, non posso pensare che sia successo veramente. A volte mi illudo che sia tutto finto».
Alessandro alle 17 e 27 di quel giorno era vicino a piazza Alimonda, «laggiù - indica con la mano - abbiamo sentito chiaramente gli spari, due colpi di pistola. Siamo scappati via, non capivamo più nulla». Agnoletto ricorda che «quel gorno, durante il corteo, ricevetti una telefonata dal sindaco di Genova Pericu che mi chiese di far rientrare il corteo in piazzale Kennedy per lasciare che le forze dell'ordine si occupassero dei black block che stavano devastando la città. Dopo 10 minuti risposi che tutti cortei sarebbero rientrati ma la mediazione proposta dal sindaco non fu accettata dalla polizia e le cose andarono come sappiamo. Tutto questo non sarebbe dovuto succedere». Francesco Caruso aveva avuto una premonizione: «Chiesi pubblicamente al ministro Scajola che la polizia non avesse proiettili in dotazione perchè temevo che potesse finire male. Purtroppo è successo veramente, adesso speriamo che piazza Alimonda non diventi un'altra piazza Fontana, bisogna fare chiarezza».
In piazza c'è anche Caparezza, che in serata al centro sociale genovese «Terra Di Nessuno», ha chiuso la kermesse che ha visto sul palco di piazza Alimonda alternarsi gruppi musicali a momenti di poesia e teatro in quella che è stata definita dagli organizzatori la festa del diritto alla vita. Il tutto a pochi metri dall'altare laico che per due anni ha fatto da cornice alla piazza e che per l'occasione è stato nuovamente allestito; bandiere, fiori, striscioni. «Per non dimentiCarlo», c'era scritto sopra tutti.
Ho conosciuto Giuliano Giuliani nei primi anni '70, quando era il segretario provinciale della CGIL ospedalieri di Milano, come persona preparata, riflessiva, con un grande talento politico e capacacità di efficaci mediazioni nell'interesse dei lavoratori e dei cittadini utenti. Perciò i dubbi e le considerazioni che fa sulla successione dei fatti che hanno portato all'uccisione del figlio, acquistano per me una valenza molto forte e particolarmente attendibile. Un dolore che diventa razionale e pacata accusa richiede urgentemente un'inchiesta parlamentare ed un largo sostegno trasversale.
enti.
Invito a evitare ogni commento che accenni alla fantasia di Carlo che attaccava il Defender con un estintore per ammazzare i carabinieri. E' un'idiozia, intrisa di malafede e/o ignoranza, che non tollero più. Chi intende spargere balle già abbondantemente smontate e provocazioni generiche, vada altrove. La documentazione disponibile è tale e tanta da fugare ogni dubbio su quello che davvero successe in quei giorni maledetti. Leggetevela se vi va, sennò fate altro, ma non provate a insudiciare questa pagina, perché non ve lo permetto.
Sul Giornale di ieri, in nome del garantismo e del senso di umanità, sono state pubblicate parti di intercettazioni risalenti al 2000 tra i Giuliani: discorsi privati che nulla hanno a che vedere con la morte del povero Carlo.
Ricordo quel venerdì, appresi della sua morte in un bar e qundo arrivai a casa, credo su rete 4 si parlava della morte di un ragazzo, di un punkabbestia che viveva coi suoi cani.
Quello che avvenne allora, non solo in piazza, fu pazzesco: solo internet e le radio private informarono di cosa stava succedendo.
Quando avete pubblicato la foto del betulla - o acero o come cazzo si faceva chiamare - che accorre con insospettabile tempismo al capezzale di un ragazzo ancora agonizzante mi è salita una rabbia feroce.
Ringrazio tutti coloro che fanno informazione.
la morte: oguno sceglie il suo destino. Non fatene un martire, state spotestanto il sacerdote.
per puro caso ho letto questa scritto non sò se e una dedica o un pensiero o una poesia.
A Carlo
...ucciso dagli sbirri di questo stato fascista..
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MORTE DEL PARTIGIANO
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Dorme nei suoi capelli, vegetali
fili che il sole e il vento sciogliranno
vivi all'alba: una buia sventagliata
di mitra lo sferzò tra capo e collo
come brusca manata di un amico:
così cadde supino, per voltarsi
a riconoscerloe a scambiare il colpo.
non sentì allontanarsi per la via
i passi dei fucilatori, dopo
che gli dietero un calcio per saluto
gridandogli:>, e dentro il fiume
scaricarono l'arma e un pò più avanti
graffiarono rabbiosemente il ponte
di bombe:troppo poco a fare, ancche se cisì complice od assente,
che la notte straripi di terrore
per un sol sparo secco.Dorme, dorme
lungo disteso, stretto il gonfio collo
nella scirpa di sangue larga e morbita
sempre più gelida;e il suo cappotto
indurito di brina è il suo sepolcro.
E sono la sua sporca patria
i pidocchi di terra e di formiche.
Controcorrente è la mia affermazione, non credo e mai penserò che la violenza, o il tentativo di farla, riesca mai a creare dei martiri