Il senso delle Sproporzioni
di Moni Ovadia
La riesplosione del conflitto in Medioriente, oltre a precipitarmi nell’angoscia, mi spinge compulsivamente alla lettura dei quotidiani. Le notizie arrivano nella loro brutale ineluttabilità e devo incassarle impotente, sono i commenti e le opinioni che mi consentono di essere attivo e io sono alla affannosa ricerca di tutti i pensieri che si contrappongono alla logica conformista e spietata della contrapposizione delle fazioni, senza per altro rinunciare a trarre qualche utile ammaestramento dalle espressioni di aperto schieramento. L’analisi più stringata ed incisiva che mi sia capitato di leggere in questi giorni è quella espressa dallo scrittore israeliano Uri Avnery sul «Manifesto» di ieri la cui conclusione condivido al cento per cento: «...Chiunque aspiri ad una soluzione deve esserne conscio: non ci sono soluzioni finché il conflitto israelo-palestinese non verrà risolto. E non c’è soluzione per la questione palestinese senza un negoziato con il governo democraticamente eletto capeggiato da Hamas. Se qualcuno vuole farla finita una volta per tutte con questa merda - come Bush ha delicatamente puntualizzato - questa è l’unica via per farlo». E mi permetto di aggiungere che di quella merda oggi Bush è il primo coartefice. Fra le cose da gettare nel deposito delle deiezioni sgradevoli c’è anche lo spirito di fazione come dice lucidamente Manuela Dviri in un’intervista rilasciata al nostro giornale in cui spiega che è pazzesco in una situazione esplosiva come questa indire inutili manifestazioni autogratificanti pro e contro questa o quella parte, mentre sarebbe giunta l’ora di essere insieme per chiedere l’immediata cessazione delle ostilità e la pace. Solo quando i pieni diritti dei palestinesi e la sicurezza degli israeliani verranno considerati come le due facce della stessa moneta si produrrà un benefico cortocircuito contro la perversa logica del “mors tua vita mea”. Non così pensa il professor Galli della Loggia nel suo fondo del Corriere della Sera, in data 19 luglio, in cui l’autorevole editorialista, ironizzando sul senso delle proporzioni sollecitato dal nostro ministro degli Esteri Massimo D’Alema e dai “bravi democratici e diplomatici europei”, sostiene il pieno diritto degli israeliani a reazioni sproporzionate e a violazioni degli statuti internazionali, con l’argomento non infondato della condizione sproporzionata in cui è sempre stato costretto a vivere lo Stato d’Israele nella sua storia. Questa condizione di “sproporzione” non è stata tuttavia solo prerogativa di Israele. Che dire per esempio del popolo palestinese che da quarant’anni subisce la “sproporzione” di un’occupazione militare e di una colonizzazione strisciante delle proprie legittime terre, legittime a giudizio dell’intera comunità internazionale? Non è da considerarsi sproporzionata la vita in una prigione a cielo aperto, dove frustrazione, disoccupazione e mancanza di futuro sono la regola per te e i tuoi figli che sono sprofondati in un tunnel senza la luce del futuro? E non sono sproporzionate le mille e mille vessazioni quotidiane, non sono tali gli omicidi mirati che fanno scempio di civili a cui sono sottoposti i palestinesi? E da ultimo non è sproprozionato il prezzo che i civili libanesi pagheranno, dopo avere patito la “sproporzione” della sciagurata guerra dell’82 che ridusse il loro dolce Paese in un cumulo di macerie? La solidarietà sacrosanta per gli israeliani aggrediti dai missili di Hezbollah non deve far dimenticare le sofferenze di altri esseri umani e non deve oscurare il sentimento di solidarietà al punto da impedire di vedere altre soluzioni. Forse, per una volta, almeno per una volta, gli israeliani avrebbero potuto essi per primi chiedere l’intervento di forze di interposizione dell’Onu, visto che la mistica della forza militare non ha mai dato la tanto agognata sicurezza, non ha sconfitto il terrorismo, ma in compenso ha disfatto la vita di folle di innocenti.
da Repubblica.it:
Usa accelerano invio di bombe ad alta precisione a Israele
Israele ha chiesto agli Stati Uniti l'invio di una partita di bombe di precisione a guida laser da utilizzare nei propri raid aerei contro le postazioni di Hezbollah in Libano, e le autorità di Washington stanno attivandosi per accelerare l'approvazione della fornitura e la relativa consegna. Lo riferisce oggi il quotidiano 'The New York Times', il quale cita fonti governative bene informate, che hanno peraltro voluto mantenere l'anonimato.
ho letto con sgomento la notizia che gli americani si apprestano ad inviare nuove armi ad israele, è indecente ed inammissibile tutto ciò. è come se vedendo due litigare io porgessi un coltello ad uno dei due invece di dividerli!
ma cosa mai c'è sotto? cos'altro cerca l'america dal medio oriente e dall'europa?
massimo dalema era riuscito ad indire un incrìontro con condoleza rice per discutere degli interventi pacificatori da proporre e utilizzare , sembrava avviata una fase costruttiva, almeno a parole, con un ponte americano-europeo, ma contemporaneamente questi mandano armi ad alta precisione?
sono allibita e senza parole, è necessario che tutte le persone che amano la pace non stiano più a dividersi tra i filoisraeliani o filopalestinese, ma manifestino compatti contro l'inasprimento della guerra al confine libanese, invocando una tregua bilaterale, sono sicura che l'indignazione può essere ancora l'ultima risorsa a questa follia.
maria